"Tanto per farmi qualche nemico" di G Angelo Billia.
Tanto per farmi qualche nemico:
Sono cresciuto con l’idea che la linea di demarcazione fra uomini e “caporali”, cioè fra intellettualmente onesti e disonesti fosse costituita dalla capacità di rimettersi in discussione.
Non parlo della cenere cosparsa sul capo di penitenti contriti, quanto piuttosto del buon uso che può essere fatto dei propri stessi errori, per migliorarsi.
Noto, ad esempio, un relativamente recente silenzio tombale dei sostenitori della marcia “liberatrice” delle bande contrapposte al regime di Assad, in Siria, e quello di chi, al contrario, identificava in Assad il paladino della “libertà” siriana.
Allora, per queste due categorie di “pensatori”, i ribelli, non ancora denominati ISIS, ma già caratterizzati come il prodotto di un’operazione imperialista per la ridefinizione degli equilibri strategici nell’area, erano “rivoluzionari”, così com’era considerato Assad, per chi immaginava “progressista”, se non altro, la convergenza d’interessi Russia-Siria.
Se si guarda agli avvenimenti politici interni ed internazionali e poi si osserva la platea degli schierati, se ne trae la visione di mani plaudenti che improvvisamente spariscono, salvo riapparire per applaudire una nuova cantonata, con un movimento avanti indietro senza soluzione di continuità.
Si definiscono marxisti, comunisti, libertari, ecc. e hanno come collante comune un adesivo che li porta ad incollarsi ogni qual volta gli sembra di vedere soggettivamente l’”alba”, in veste di persone o movimenti.
Ogni volta che la venerazione dovrebbe lasciare il posto ad una riflessione, cioè nel momento in cui ciò che applaudivano trionfa alla luce essenziale dei fatti, non un ripensamento, un’analisi critica autocritica utile almeno per il futuro, no, semplicemente il silenzio.
Ingenuità, opportunismo, sindrome del bimbo colto in fallo?
Non si sa, ma certo c’è di che pensare.
Tanto per farmi qualche nemico:
Sono cresciuto con l’idea che la linea di demarcazione fra uomini e “caporali”, cioè fra intellettualmente onesti e disonesti fosse costituita dalla capacità di rimettersi in discussione.
Non parlo della cenere cosparsa sul capo di penitenti contriti, quanto piuttosto del buon uso che può essere fatto dei propri stessi errori, per migliorarsi.
Noto, ad esempio, un relativamente recente silenzio tombale dei sostenitori della marcia “liberatrice” delle bande contrapposte al regime di Assad, in Siria, e quello di chi, al contrario, identificava in Assad il paladino della “libertà” siriana.
Allora, per queste due categorie di “pensatori”, i ribelli, non ancora denominati ISIS, ma già caratterizzati come il prodotto di un’operazione imperialista per la ridefinizione degli equilibri strategici nell’area, erano “rivoluzionari”, così com’era considerato Assad, per chi immaginava “progressista”, se non altro, la convergenza d’interessi Russia-Siria.
Se si guarda agli avvenimenti politici interni ed internazionali e poi si osserva la platea degli schierati, se ne trae la visione di mani plaudenti che improvvisamente spariscono, salvo riapparire per applaudire una nuova cantonata, con un movimento avanti indietro senza soluzione di continuità.
Si definiscono marxisti, comunisti, libertari, ecc. e hanno come collante comune un adesivo che li porta ad incollarsi ogni qual volta gli sembra di vedere soggettivamente l’”alba”, in veste di persone o movimenti.
Ogni volta che la venerazione dovrebbe lasciare il posto ad una riflessione, cioè nel momento in cui ciò che applaudivano trionfa alla luce essenziale dei fatti, non un ripensamento, un’analisi critica autocritica utile almeno per il futuro, no, semplicemente il silenzio.
Ingenuità, opportunismo, sindrome del bimbo colto in fallo?
Non si sa, ma certo c’è di che pensare.
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