domenica 29 novembre 2015

T.A.M. CAGLIARI NR.74 # IGNAZIO CAPPAI “CUCCUMEU


Direttamente da “Isola Plastica” per T.A.M. CAGLIARI, lo scultore di Capoterra Luigi Ignazio Cappai con il suo Cuccumeu pronto per essere scagliato contro le maligne ed occulte energie maligne.
Soundtrack Underground Solution, “Fake artist”.

#isolaplastica, #ignaziocappai, #cuccumeu, #undergroundsolution, #fakeartist, #t.a.m.cagliari, #cagliariartmagazine


mercoledì 25 novembre 2015

"Zedda e Civati" di Antonio Musa Bottero

"Zedda e Civati" di Antonio Musa Bottero



Scusate, ditemi se ho capito bene.
I civatiani pretenderebbero che Zedda si presentasse alle elezioni per sindaco di Cagliari senza l'appoggio del Pd.
Sino a ieri tutto il clan Castangia si è trovato d'accordo sul fatto che Zedda abbia amministrato splendidamente la città, difendendo tutte le sue scelte a spada tratta, e ora, solo perché lo dice quel pupazzo di Civati, solo per soddisfare le sue isterie da amante tradito, Zedda dovrebbe mollare il Pd e perdere elezioni che si accinge a stravincere a man bassa.
Come se Zedda poi avesse tutti i meriti e il maligno e fedifrago Pd non avesse contribuito a questa sedicente "eccellente amministrazione".
Io in cinquant'anni non ho mai assistito a tanta idiozia e stupidità politica.
Credo che nella notte Zedda, per non morire dalle risate, abbia fatto ricorso a una robusta dose di spasmex.



Sapete che sono lombrosiano, o meglio Loweniano, e ho notato che Massimo Zedda è un politico anomalo. 
Avete notato che ha le spalle più larghe del culo, come gli atleti, come gli uomini normali, insomma, come direbbe un medico, ha uno sviluppo armonico, rientra nei canoni estetici codificati nel "De Divina Proportione" da Luca Pacioli e Leonardo da Vinci nel 1498.
Un'autentica anomalia nel mondo politico.
Forse è per questo che i civatiani lo attaccano, loro con il torace piccolino e il respiro compresso dentro più o meno tutte le armature psichiche codificate da Alexander Lowen e con il culo che cresce ipertrofico, invadente, unica parte del sé a cui è permesso di espandersi e comunicare verso l'esterno.
Scusate ma, dato il livello e gli argomenti del contendere politico, credo che a volte le chiavi di lettura degli accadimenti politici offerte da Luca Pacioli e Alexander Lowen siano clamorosamente più efficaci di quelle offerte da Carlo Marx.



martedì 24 novembre 2015

"Abbattuto cacciabombardiere russo in Turchia" di G Angelo Billia



Cacciabombardiere russo abbattuto dalla Turchia. 
Sembra che un pilota sia stato fatto prigioniero dai Turchi. 
L’alleato dell’ISIS, Merdogan, ha colpito.
Ops! Merdogan è “nostro” alleato nella NATO. 

Quando finirà questa commedia delle parti?
Soprattutto, quando finiremo di farci prendere per i fondelli dal nostro Governo?




G Angelo Billia

lunedì 23 novembre 2015

ALL’OMBRA DEI POTENTI di G Angelo Billia

ALL’OMBRA DEI POTENTI di G Angelo Billia



“Condanni i terroristi?” 

“Sì li condanno e faccio qualcosa di più, scendo in piazza contro di essi.” “
Sì, ma non mi hai risposto: condanni i terroristi?” 
“L’ho già detto, noi crediamo che non basti la condanna e per questo scendiamo in piazza.” 
“E dài, ma condanni i terroristi?...”
Questo è il succo di un confronto televisivo di qualche giorno fa fra Zaia e il rappresentante di una delle comunità islamiche in Italia.


Lo confesso, l’indignazione mia era tale da sognare bombe, kalasnikov e pugnali, che facevano giustizia sommaria del leghista e del suo codazzo di scimmie ammaestrate.
Ho passato la vita a giustificare le condizioni obiettive della parte dell’umanità sempre disposta ad abbracciare le sozzure della borghesia.
Conosco la situazione del sottoproletariato anche dal punto di vista culturale e so, con la certezza delle cose verificate, che sconfina ampiamente in settori della società i quali, dal punto di vista economico, con le condizioni del sottoproletariato non hanno nulla da spartire.

 Eppure eccoli lì, e non sono solo fascio leghisti, molti sono insospettabili, qualcuno si considera persona di cultura, qualcun altro addirittura di “sinistra”, finanche “comunista”.
Il loro approccio varia dal “tornatene a casa” punto, di coloro che nella scala evolutiva si sono fermati al Neanderthal, fino alla ridicola rivendicazione della “superiorità” della cultura europea, dei meno cerebrolesi, muniti, però, di famelici portafogli.
Quest’ultima categoria è in crescita, mano a mano che si dispiega, in tutta la sua virulenza, il progetto che vuole il volgo robot acefalo, pronto alla bisogna, qualsiasi siano le necessità dei padroni del mondo.
Se c’è una cosa che trova riscontro fra questa gente e la cultura europea, è il servilismo istintivo che storicamente li ha intruppati, come falangi pronte a tutto, dietro alle necessità del potente di turno, megafoni a volte inconsapevoli, prima, strumenti consapevoli, poi, delle atrocità partorite dal potere. 

Gli stessi, a cose fatte, raccattano la prima bandiera vincitrice che gli passa a fianco e a domanda rispondono: “io? Io no, mai stato con quegli assassini!”
Sono la parte delle masse, benedette da aspersori grondanti sangue, genuflesse di fronte al più forte, complici culturali, prima ancora che pratici, della peggior feccia in abiti di comando che l’umanità nei secoli abbia dovuto subire. 

Il ventennio con i suoi squadristi, ma anche con i suoi borghesucci “ragionevoli”, è quanto di più esemplificativo per tracciare un parallelo nel quale rispecchiare il lavorio di questi uomini perduti.
Oggi gongolano cercando di umiliare quella parte d’umanità che, anche a causa della loro perenne complicità, è in cerca di qualche forma di sopravvivenza.

 Pensano che saranno comunque e sempre impuniti. 

Non sanno che, come ricordava la saggezza di mia moglie, un cerino lo bruci una volta sola.

giovedì 19 novembre 2015

QUELLO CHE CI FOTTE SONO LE BANDIERE di Antonio Musa Bottero

QUELLO CHE CI FOTTE SONO LE BANDIERE.

Quello che ci fotte sono le bandiere. 
Quello che ci fotte è credere che dietro quegli stracci colorati e dietro le entità storiche che chiamiamo nazioni ci sia la nostra salvezza.
Quello che ci fotte è pensare che i diritti umani, la dignità, il rispetto per gli esseri umani, per la natura e per i viventi tutti, sia salvaguardato da entità chiamate nazioni e sventolanti stracci colorati.
Quello che ci fotte è credere che queste nazioni facciano il nostro interesse solo perché ci fanno parlare tutti uguale e ci fanno sventolare bandierine del cazzo, e ci dicono chi sono gli amici e chi sono i nemici, chi sono i buoni e chi sono i cattivi, e siccome noi siamo i buoni possiamo senz'altro applaudire, o almeno tapparci gli occhi, ad ogni nefandezza e atrocità inflitta all'altro, al nemico, al diverso, allo straniero, al cattivo.
Quello che fa stridere i denti dalla rabbia è mischiare la bramosia di petrolio con i valori dell'Occidente, mischiare Hollande con Montesquieu e Voltaire, mischiare gli interessi delle nazioni con i diritti e le felicità dei viventi. 
Le nazioni, con i loro stracci colorati, i loro ributtanti concetti di "identità nazionale", di superamento delle differenze di classe attraverso la "solidarietà nazionale"

Puah!
Non dimentichiamo come nascono le nazioni, il "nazionalismo" e le finalità storicamente perseguite.
Torniamo all'inizio del XX° sec. e pensiamo ai grandi movimenti nazionalisti: l'Action Française, la Lega Pangermanica, l'Associazione Nazionalista Italiana. 

Tutti movimenti volti a contrastare i regimi democratici e a disinnescare i conflitti sociali.
Quel nazionalismo sudicio che tra la fine del XIX° e la metà del XX° sec. ha costituito l'anima pulsante delle guerre tra le nazioni europee e dello scontro imperialistico tra le grandi potenze.
Uno dei più raccapriccianti bagni di sangue che l'umanità abbia conosciuto.
Dietro le nazioni c'erano i grandi potentati industriali, la volontà di conquista, la presunzione di popolo eletto che ad armi in pugno può arraffare forza lavoro per quattro soldi in patria e ricchezza e materie prime in Africa. 

Il tutto accompagnato da consistenti quantità di sangue versato e di infelicità inflitta.
Il demonio da abbattere era l' "idea nuova", il socialismo, quell'internazionalismo morto sotto le insegne di un altro straccio colorato di falce e martello, sotto un altro nazionalismo, un altro imperialismo, un altro modo di sfruttare forza lavoro e soffocare felicità, il modo sovietico.
Contrastare la democrazia, negare e soffocare il conflitto sociale, predare le nazioni e i continenti più deboli. 

Con qualsiasi mezzo a disposizione e con l'adesione appassionata del popolino sventolante bandiere.
Mi sembra che da allora non sia cambiato niente.


Antonio Musa Bottero

lunedì 16 novembre 2015

IL COLORE DEL SANGUE (Allora non è vero che sei daltonico!) di G Angelo Billia

IL COLORE DEL SANGUE
(Allora non è vero che sei daltonico!)






Fiumi d’inchiostro e ugole in fiamme, l’”informazione” mobilitata a dire che sì, puoi morire anche tu. 
Che la situazione mediorientale e non solo, potesse rappresentare un pericolo reale per la vita dei “civili” occidentali era fuor di dubbio, ma i sacerdoti dell’informazione tacevano, ben sapendo che i “civili” si sarebbero opposti.
E’ così che, in questi anni abbiamo assistito alla mattanza senza scomporci più di tanto; in fondo il sangue versato distante dalle telecamere e da noi, ha un colore diverso. 
Un obolo pro migranti, una lacrimuccia sul bimbo maciullato che ha il pregio di nasconderne decine di migliaia, un po’ di retorica patriottarda quando cade qualche “eroe” nostro, addetto al macello e il gioco è fatto.
Oggi, dopo la mattanza di Parigi, tutti sappiamo che possiamo morire per mano dei terroristi.

 Il sangue francese è come il nostro e lo riconosciamo. 
Un po’ la paura, un po’ l’informazione che non si risparmia e il mondo occidentale è percorso dall’esercito della gente per bene, unita sotto una sola bandiera, con su scritto: dalli al terrorista islamico! 
Che questa situazione sia il risultato del lavoro dei “nostri” terroristi e che la nostra paura sia propedeutica a liberar loro le mani dal dovere, in qualche misura, rendere conto di ciò che fanno, aprendo la strada a ben altre nefandezze, sembra non sfiorare la consapevolezza dei più.
Non uccidere in nome di Dio! 

Esortazione che tutti sembrano capire, soprattutto i cattolici infatuati da Francesco, il quale omette opportunamente di rendere pubblico il suo operato in tal senso nell’Argentina dei colonnelli.
A nessuno sfugga, però, che pochi, veramente pochi hanno avuto il coraggio di dire: 

Non uccidere in nome della democrazia. 
Eh sì, perché sono centinaia di migliaia i caduti civili causati dai “liberatori” occidentali.
La “democrazia”, già… 

Questa coperta che ricopre di bellezza teorica la sostanziale dittatura dei pochi.
Tutta la miseria culturale del mondo occidentale è compresa nel daltonismo a comando di cui soffrono le masse. 

Purtroppo, sospetto fortemente che la guarigione avverrà solo, quando anche le vittime occidentali si conteranno in decine di migliaia.
 In teoria non sarebbe necessario, ma la storia dimostra che i boia si fermano solo a stragi avvenute.

G Angelo Billia

domenica 15 novembre 2015

Silenzio!

In queste ore, dopo i fatti di Parigi,  mi sembra di individuare 3 tipi di silenzio:
1)
il silenzio di quelli che intervengono su Facebook per dire "Silenzio!". 
E questo non è evidentemente silenzio.
Se uno sente il bisogno di stare in silenzio, sta in silenzio e non dice agli altri "silenzio!".
2)
il silenzio che alcuni vorrebbero imporre in virtù del fatto che qualunque cosa si dica è inutile o, nella migliore delle ipotesi, marginale, inadeguata e, a prescindere dai contenuti, manchevole di competenze. In genere è l'atteggiamento tipico degli intellettuali di sinistra, dei fascisti e dei preti. 
Il meccanismo è quello di delegittimare i luoghi di discussione e le persone in quanto non competenti. 
Tutte e tre le categorie (intellettuali, preti e fascisti) non accettano che il popolino possa avere idee e luoghi di confronto diversi dai loro. 
Per loro non esiste l'agorà, solo la sagrestia, l'aula magna dell'università e l'olio di ricino.
3)
il silenzio di quelli che stanno in silenzio
(Io in silenzio non riesco a starci ma tra i "silenziosi" preferisco gli appartenenti alla terza categoria).

Antonio Musa Bottero

sabato 14 novembre 2015

"Il pianeta del futuro sarà pace o non sarà" di Antonio Musa Bottero

Leggo da più parti: "Il pianeta del futuro sarà pace o non sarà". 
Una bugia bellissima che ancora mi esalta e mi commuove, ma in ogni caso una bugia.
Non prendiamoci per il culo. 

Il pianeta del futuro sarà per sempre guerra, la pace non arriva da sola, non nasce spontanea, non è un futuro ineluttabile e splendente.
La pace è lotta, la pace è tensione continua, è ideale irrazionale continuamente sopraffatto, continuamente perdente. 

L'idea stessa di pace si tiene in piedi non per le sue vittorie ma per la folle utopia di una parte totalmente irrazionale dell'umanità.
Però c'è da dire che il rimanere aggrappati con tutte le forze a questo ideale irrazionale, a questa minchiata per sognatori, ha avuto a volte dei risultati notevoli, assolutamente vaghi e caduchi, ma notevoli.
Questa pazza e sconclusionata idea, per esempio, è riuscita per 70 anni a evitare guerre tra i popoli più sanguinari e violenti della storia dell'umanità, quei popoli che ora chiamiamo Europa.




 Antonio Musa Bottero

"Bisogna stare calmi" di Antonio Musa Bottero



Bisogna stare calmi. 
Non c'è niente di cui aver paura. 
La probabilità di rimanere uccisi in un incidente stradale mentre andiamo al lavoro o accompagniamo nostro figlio a scuola rimane infinitamente più alta del passeggiare tra le vie di Kabul, Beirut o Damasco.
Bisogna stare calmi semplicemente perché non siamo tutti in procinto di morire.

 Stare calmi è di sicuro l'atteggiamento politico più valido in questa circostanza poiché creare il panico costituisce il principale obiettivo di chi compie e pianifica queste operazioni.
Siamo in guerra, questo è vero, ma non dimentichiamo che gli incidenti stradali fanno spesso più vittime delle guerre. 

Se quindi non ci spaventa andare in automobile, allora possiamo continuare nella nostra normalità quotidiana anche in guerra.
Siamo in guerra ma possiamo continuare a stare calmi e analizzare gli eventi con la solidità e la lucidità degli uomini veri e non con l'isteria di mezze seghe molli molli come Salvini e Gasparri. 
Non dovremmo assolutamente nemmeno perdere tempo a controbattere e attaccare questi sgorbi della natura, e sopratutto bisogna diffidare da chi lo fa, poiché altre merde come renzifonzi cercheranno di concentrare l'attenzione dell'opinione pubblica sullo scontro interno con Salvini e altra feccia varia.
Siamo in guerra e ci sono delle cose da fare assolutamente: per prima cosa iniziamo a capire contro di chi siamo in guerra. 
Partirei da due punti fermi: 

1) di sicuro non siamo in guerra contro l'Islam 
2) di sicuro questa non è una guerra per scimuniti e creduloni. 
Smettiamo innanzitutto di correre a cercare le armi in cantina e andiamo a tirar fuori quel poco di intelligenza e spirito critico per capire, analizzare, e sopratutto, individuare il nemico.
Nessuna guerra può essere vinta senza sapere chi sia il nemico.
Quindi tutti al lavoro!
Di sicuro una certezza l'abbiamo: questa è una guerra per uomini e donne vere, e non per scimuniti che corrono dietro mezze seghe molli molli come Gasparri, Salvini.





giovedì 12 novembre 2015

"Accorpare, uniformare e togliere autonomie." di Antonio Musa Bottero



Circa due mesi fa, un caro amico improvvisamente si è trovato nella condizione di non poter più mantenere la famiglia, quando dico mantenere intendo nemmeno i soldi per mangiare.
È un eccellente artigiano, è cagliaritano ma da qualche anno vive in un paesino del campidano di qualche migliaio di abitanti.
Ormai sessantenne, e senza nessuna possibilità di trovare lavoro, si è recato al comune dicendo loro che non avrebbe voluto nessuna assistenza, nessun elemosina, nessuna mensa caritas, ma che, se fosse stato possibile, avrebbe voluto lavorare.
Lì al comune c'erano quattro gatti ma non si sono mica spaventati, non l'hanno mandato da un ufficio all'altro, non l'hanno riempito di moduli da compilare, si sono mostrati interessati e sensibili e gli hanno parlato come uomini che parlano ad altri uomini. 

Gli hanno chiesto cosa fosse successo di preciso, come mai da Cagliari si fosse trasferito lì, ma sopratutto gli hanno chiesto minuziosamente cosa sapesse fare.
Nel giro di pochi giorni il mio amico ha iniziato a lavorare con piccoli contratti temporanei e con mansioni diverse.
Un sindaco di cui non conosco nemmeno il nome, non so chi sia, non so se sia di sinistra o di destra, un sindaco di un paesino di poche migliaia di abitanti è stato in grado di ascoltare, capire e agire tempestivamente, è stato in grado in tempi ridottissimi di rendere la dignità a un uomo che non l'aveva più.
Ecco, senza nessuna polemica con la città metropolitana (che non costituisce certo il nocciolo del discorso) appare chiaro quanto il Pd, Sel, Don Abbondio, Felicetto il giovane e tutto il variopinto e saltellante "gruppo vacanze università" in prestito alla politica, non capiscano l'inestimabile valore umano dei piccoli comuni, l'insostituibile ruolo di legante tra cittadini e amministrazione pubblica.
Accorpare, uniformare, togliere autonomie, questo è il mantra dei professoroni del "gruppo vacanze università".




Antonio Musa Bottero

mercoledì 4 novembre 2015

COME IL CACIO SUI MACCHERONI di G Angelo Billia

4 novembre
COME IL CACIO SUI MACCHERONI di G Angelo Billia




Si, proprio così, dopo il bombardamento inarrestabile di “buone notizie”, su quest’Italia che si libra spavalda, vento in poppa, verso i suoi destini luminosi e sui colli fatali di Roma si erge granitico il muro dei prefetti designati dal regime, nelle piazze d’Italia si scatena il baccanale del 4 novembre.
Si tratta ancora dell’orgia farsesca, attraverso la quale la classe dirigente glorifica sé stessa, annettendo strumentalmente nobiltà a milioni di caduti, immolati sull’altare delle sue contraddizioni.
E’ così che, mentre il becchino contemporaneo, nella cecità generale, gratifica dell’ultima palata di terra l’ultimo suicidato trasparente, le “autorità”, coprendosi dei brandelli dei loro agnelli sacrificali, intendono accreditare come normalmente doverosi i presenti e futuri bagni di sangue.
Il popolo, quello stesso considerato come un vivaio di bestiame pronto all’uso, in assenza di riferimenti alternativi di qualsiasi tipo, beve, sino ad ubriacarsi. 

Solo così è possibile spiegare l’uso spregiudicato delle scolaresche le quali, mentre scrivono pace, grazie al silenzio indotto dall’ignoranza, fanno da corollario festante all’indegna commemorazione guerresca.
I “cronisti”, fra una recita preelettorale e l’altra, gonfiano le gote d’orgoglio mentre spiegano, che le manovre militari interforze in atto sono comandate da un generale italiano. 

Dimenticano, perché gli appunti li hanno sotto il sedere, di nominare i macellai come Cadorna, oppure come Graziani. 
Si tratta di un eccesso di zelo, perché tanto, gli italiani, si sa, non hanno memoria.
Mentre i nuovi Cadorna sono in rodaggio, Renduce prepara il suo plebiscito affondando le mani nel forziere, tanto, gli interessi li ha già presi, ma pochi se ne sono accorti.
Buon baccanale.



lunedì 2 novembre 2015

"Expò a debito" di Luciano Perrotta

Sono stato duramente redarguito, per aver espresso i miei dubbi su Expo ancora prima che questa manifestazione iniziasse. 
Mi hanno detto che parlo con frasi copia-incolla, che sono un guastafeste, che non capisco niente. 

Forse perché penso per idee semplici, forse perché capisco qualcosa di economia, dovendo farla ogni giorno per pareggiare le entrate con le uscite e non ridurmi sul lastrico. 
Al netto degli incassi per i biglietti venduti, restano i debiti. 
Voi mi direte: "Si, ma in questo modo si è creata occupazione."
Bene, so per certo che l'impresa è stata resa possibile grazie ai volontari e ai contratti a progetto, come tutti sappiamo non retribuiti o mal-retribuiti. 
Sono stati favoriti, ancora una volta, i grandi brand con soldi pubblici, e i picccoli produttori sono stati accontentati, come sempre, con gli avanzi del grande banchetto. 
Posso sbagliarmi, e vi prego di correggermi se sbaglio, adducendo valide argomentazioni, ma la conferma alla mia posizione è stata confortata dal patetico, disarmante discorso di chiusura di Mattarella.




Luciano Perrotta

Alfonso Siracusa T.A.M. Cagliari nr. 48 # Alfonso Siracusa “John Titor Revolution 2036” a cura di Mimmo Di Caterino e Barbara Ardau dal 13 Giugno al 07 Dicembre 2015 “Saluti. Sono un viaggiatore temporale proveniente dall’anno 2036. Sto tornando a casa dopo aver recuperato un computer IBM 5100 dal 1975.” Con queste parole, un uomo di nome John Titor si presentò in un forum Internet giorno 2 novembre 2000, usando come nickname “TimeTravel_0″. Ovviamente, nessuno, immediatamente volle credergli, ritenendo le sue parole semplicemente i deliri di un pazzo. Il progetto nella Tavor Art Mobil (2015), nasce da questo curioso Forum apparso in rete. L’idea del “viaggio estetico” nell’isola sarda, con la T.A.M. (2015), si rafforza con un nuovo progetto, John Titor Revolution 2036, il quale si addentra nei meandri del “viaggio temporale” già intrapreso nelle due personali: Centro Angelo Savelli – Viaggiatori del Tempo (1994) con un testo in catalogo Raffaele Gavarro. Mission to Mars (2014), al LAB4, basata interamente sulla controversa storia di Andrew Basiago, il “Crononauta” più famoso al mondo, precisamente nell’installazione Jump room (2014), meglio conosciuta come “stanza del salto”!!! Nella T.A.M. (2015) saranno installate delle opere site-specific, all’interno delle quali, degli specchi bi-facciali da barba e stampe digitali (Stargate), simuleranno dei portali dimensionali mobili. Sulla portiera laterale, lato guida, una grande scritta adesiva RaiUfo (2004), con il logo della rete televisiva manipolato e simbolo della programmazione “Monarch”, realizzato con due volti speculari (profilo di Marcel Duchamp). Il tutto diventa motivo di gustose elaborazioni, in un processo dinamico in cui sperimentare nuove soluzioni. Inoltre, una brochure esplicativa potrà essere consultata dal pubblico “Mobil” per un’eventuale “macchina del tempo”!!! Un non luogo, dove il pubblico sarà invitato a spostarsi nello spazio e forse “nel tempo”!