sabato 6 aprile 2013

I 5 PUNTI DELL'ARCHITETTURA ERANO 6... ANZI NO, 5

Chi ha studiato Storia dell’Arte ricorda i cinque punti dell’architettura stilati da Le Corbusier nella Conferenza su “L’Esprit Nouveau” del 1929. Per chi, invece non li ricorda, li elenco qui appresso: 1) i pilotis 2) la pianta libera 3) la facciata libera 4) il tetto giardino 5) la finestra a nastro Le spiegazioni che Edouard fornisce per questa selezione sono prevalentemente pragmatiche, il contenuto semantico pare quasi secondario. Ve le riassumo con parole mie: 1) L’umidità saliente dal terreno rende malsane le nostre case; se noi lasciamo a piano terra solo l’ingresso e i pilastri in c.a. che sostengono l’edificio (pilotis), spostando gli ambienti d’abitazione ai piani alti, abbiamo risolto il problema; 2) Grazie ai succitati pilotis non abbiamo più bisogno dei muri portanti che condizionavano la distribuzione degli ambienti, possiamo, pertanto, progettare la pianta dei nostri immobili in tutta libertà; 3) Liberando la facciata dal compito di sostenere le strutture sovrastanti (compito assolto dai pilastri), possiamo disegnare finestrature in qualsiasi forma e dimensione; se poi arretriamo il filo dei pilastri dalla linea di facciata, questa può essere totalmente finestrata senza soluzione di continuità; 4) Le coperture in cemento armato esposte alle intemperie sono soggette a sbalzi termici che possono lesionare la struttura stessa; se copriamo la terrazza con terreno vegetale e realizziamo un giardino sul tetto, l’umidità del terreno ridurrà gli sbalzi termici, salvaguardando la soletta; 5) Sempre grazie alla struttura in cemento armato, nelle facciate possiamo realizzare le finestre a nastro, anche per tutta la lunghezza della facciata medesima con importanti vantaggi nell’illuminazione degli ambienti interni. Ma dopo 70 anni un docente della Facoltà di Architettura di Firenze, Giovanni Fanelli, pubblica la sua “Storia dell’Architettura Contemporanea”, in cui riporta un passo del discorso (per fortuna, integralmente trascritto) di Le Corbusier alla Conferenza su “L’Esprit Nouveau en Architecture”: "voglio parlare del cornicione che, in questo momento, ha sollevato un problema grave e scatenato passioni antagoniste. Così, come non ci sono più muri e tetti, si arriva quasi naturalmente a formulare questo principio eroico, carico di conseguenze: non esiste più cornicione possibile." 6) Eliminazione del cornicione. I cinque punti dunque erano sei? Penso di no. Penso che la preparazione, prevalentemente umanistica, degli storici dell’Arte li abbia tratti in inganno; infatti se ragioniamo su due punti, la “facciata libera” e la “finestra in lunghezza” ci rendiamo conto che si tratta di due punti sovrapponibili o consequenziali: la finestra a nastro è consentita dall’adozione della facciata libera, quindi il secondo è possibile funzione del primo, ma, mentre la facciata libera viene adottata costantemente nei progetti di Le Corbusier, la finestra a nastro è adottata solo sporadicamente. E il cornicione? Quello sì, viene definitivamente abolito, per cui ritengo sia questo il quinto punto che, quindi, dovrà sostituire la finestra a nastro nei libri di storia. Per cui?... tranquilli ragazzi i cinque punti erano cinque e non sei, ma non erano quelli che conoscevamo.

12 commenti:

  1. 13 visualizzazioni in poche ore; beh cominciamo bene.
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    1. Un commento lo faccio io Giorgio, è di ammirazione per come rendi masticabile artisticamente il fare, progettare e pensare architettura, non è da tutti:)

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    2. l'arte richiede, da parte dei fruitori, un notevole sforzo interpretativo. Poi ci si mettono i critici d'arte a complicare le cose affermando e poi negando le suggestioni più strampalate, pronti ad emulare Silvio quando, colto in fallo, afferma <>.Un discorso semplificato ed univoco, non dà scampo, dopo non si può rinnegarlo.

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  2. Ma sull'ipocrisia del paradigma funzionalista nulla? So che è banale ma sono abbastanza convinto che LC fosse intriso di retorica, e i famosi 5 punti fossero pura semantica, condita con un po' di marketing funzionalista nelle famose giustificazioni. Imho il suo approccio ha guastato quello molto più radicale di autori come Gropius che cercavano di spogliare l'architettura dalla retorica (passando ahimè per la retorica stessa, da Rietveld a Loos, ad esclusione (forse) del Wittgenstein della casa per la sorella che rifiuta qualsiasi tipo di manierismo). La prova è che sia passato dalla machine a habiter all'objet a reaction poetique praticamente senza soluzione di continuità.
    Ho adorato la critica di Sottsass a LeC. proprio perché rifiuta tutti i paradigmi del modernismo (ci mette in mezzo anche l'architettura organica) perché privi di fondamento logico ma puri slogan.

    DP

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    2. Il razionalismo non è funzionalista, anche se dei 5 punti de L'Esprit Nuoveau, due o tre sono ripresi dalla scuola di Chicago; quella sì funzionalista, talmente funzionalista che, gli architetti che vi parteciparono, i più grandi ell'America di fine '800, non si resero neppure conto della grande rivoluzione che avevano innescato, convinti di aver eseguito i desiderata dei committenti, rinunciando al linguaggio. Il razionalismo, sì è vero, ha forti contenuti semantici, ma i 5 punti sono solo pragmatica, infatti, quando LC vuole progettare poesia (il padiglione Philips) li abbandona tutti e cinque (li aveva già abbandonati a Ronchamp, anche se gli edifici di pertinenza della cappella mostrano il tetto giardino). Quanto alla retorica, se escludi la restaurazione della romanità, non vedo cosa ci trovi di male; senza retorica non c'è semantica, senza semantica non c'è poesia. Sottsas, come tutti gli artisti innovatori, critica aspramente tutto ciò che lo ha preceduto, ma non è che dobbiamo cancellare la storia dell'Arte tutte le volte che si affaccia all'orizzonte un nuovo stile. Lo stesso Sotsass non è più avanguardia.

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    3. Concordo sul fatto che Sotsass è diventato un baronetto retorico, volente o nolente...

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    4. negli anni '60 l'aggettivo retorico è stato assimilato al politichese, in realtà la retorica è un metalinguaggio, senza il quale la comunicazione diventa semplice utilitarismo -mi prepari un caffè?- volto ad ottenere un risultato pragmatico. Nel linguaggio artistico tutto è retorica: ossimori, metafore, allegorie e quant'altro

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  3. Non ho detto che il razionalismo fosse funzionalista tout court, però lo stesso LC parla di "machine a habiter". Vero che lo fa per ingraziarsi la citroen, però il suo primo periodo è intriso di riferimenti all'estetica della funzione, più che a quella della ragione. Mi sembra molto più pragmatico il Perret di rue franklin che non rivede minimamente il linguaggio pur riuscendo a progettare un edificio terribilmente moderno.

    Sulla retorica sono d'accordo, però fino a quando non diviene preponderante rispetto al contenuto, che è esattamente quello che rinfaccio a LC(sic!). Poca innovazione, molto marketing.

    Vero che ES arrivato ad un certo punto si sia lasciato andare alla grande, però c'è un edificio in particolare (se lo trovo ve lo posto) in cui si diverte a sconfessare tutti i 5 punti e l'edificio che ne risulta è di una modernità abbacinante.

    Mi rendo conto che le questioni aperte sono enormi, se volete smetto di annoiarvi :)

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  4. tutti i grandi architetti mostrano anche lati deboli, ma in LC, che considero il mio faro di orientamento, riesco atrovare pochi difetti; contrariamente a Wright che, pur avendo creato capolavori come la casa Kaufman, è scaduto spesso in decorativismi assai riprovevoli. Questi ultimi non vengono mai evidenziati dai critici che tendono sempre a mascherare gli aspetti che differiscono dalla loro teoria. Visitando dal vero opere di LC l'emozione è sempre alle stelle, lo stesso avviene davanti al "Guggenheim" di Bilbao, ma quante altre oper di Gehry lasciano a desiderare. Quando poi si entra nella sfera del gusto personale, non c'è critica che ci possa dissuadere; oltretutto nessuno è mai riuscito a dare una definizione univoca di "estetica".
    Non aver paura di annoiare

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  5. Allora siamo in due posizioni abbastanza contrastanti. Per quanto mi riguarda, e soprattutto per quanto riguarda la professione, la definizione di estetica che trovo più costruttiva è quella data da Enzo Mari: "l'unica possibile materializzazione dell'etica". Visto che siamo in tema di chiacchere (costruttive, ça va sans dir), che ne pensa di Paolo Soleri?

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    1. Enzo Mari è un grande affabulatore, io stesso son rimasto affascinato da una sua lectio magistralis per l'ultimo Festarch svoltosi a Cagliari, tuttavia continuo a rimanere scettico e disincantato davanti a qualunque tentativo di codificazione, ancor più quando facendo leva sulla filosofia si cerca di dimostrare l'indimostrabile (l'arte può anche essere scorretta, almeno nel senso che non esiste un'etica comune a tutti i pensatori).E, in ogni caso, le emozioni provate durante la visita al weissenhof, mai si sarebbero potute concretizzare con la lettura di un trattato di filosofia estetica. Trovo affascinanti le utopie proprio in quanto utopiche, ma rimango scettico davanti ad ogni tentativo di prelevarle dal loro meta-ambiente trasportandole nello spazio reale: è proprio quello il momento in cui svanisce la poesia e si materializzano le contraddizioni. Trovo in gran parte falsa la critica d'arte, in quanto funzionale a se stessa e lontana dai reali contenuti dell'opera esaminata. Pur avendo adottato alcuni agnosticismi "zeviani" credo sia evidente la mia appartenenza ad un mondo poetico-razionalista, lontano dalle certezze della ratio organicista. Mi scuso se i concetti espressi risulteranno fumosi, ma ognuno di essi richiederebbe spazi e tempi molto più dilatati.

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