sabato 31 agosto 2013

Ai Weiwei? Preferiamo l'enfasi del contrario.

Ai Weiwei? Preferiamo l'enfasi del contrario.

La vera questione dei linguaggi dell'arte contemporanea è sull'uso sociale che se ne fa, il welfare dei linguaggi dell'arte contemporanea sembra una questione non interessante per gli "addetti ai lavori", pagherebbero oro per un "fuck you" mediatico di Ai Weiwei o Maurizio Cattelan per presentare la "trasgressione" del gesto artistico come un comunicato visivo dell'artista sulla società, questa dinamica scavalca il linguaggio dell'arte contemporanea, omette appunti, bozze e processi dell'artista stesso e ne cancella la mappa cognitiva, la sua immagine diventa più importante del suo linguaggio.
 In realtà, gli artisti impegnati nella costruzione di un linguaggio sociale dell'arte dovrebbero avere un nemico comune, quel fluttuante e indebitato capitale globale che detta il nuovo ordine linguistico del fare artistico contemporaneo, nelle Accademie come nelle gallerie d'arte; gli artisti dovrebbero con il loro lavoro e la loro ricerca proclamare che l'omologazione del gusto e dello stile non è funzionale all'interesse culturale di una comunità.
 L'interrogatorio comune da porsi sarebbe: "come fare mutare il sistema?"
Bisogna superare il limite dell'artista "militante", non c'è soldato e non c'è esercito, non si muta un ordine con la pretesa di fare il poliziotto della cultura e della ricerca, il termine "militante" antepone il vertice alla causa della ricerca artistica, militante di chi? Militante di cosa?
Achille Bonito Oliva si definisce "critico militante" e questo basta a determinare che non è il concetto di militanza che puoi aiutarci nel rappresentare un altro sistema dell'arte, forse lo è la sua negazione, ossia l'azione, il recupero del gesto nel processo artistico, nessuna militanza di sistema o contro il sistema, ma reazione.
 Militante è un termine figlio della spinta della sinistra politica (che non è quella sociale e di movimento che si è manifestata a Genova all'inizio del secolo per intenderci) verso il potere, risale a logiche tardo ottocentesche per le quali i partiti basarono il proprio successo sulle organizzazioni sindacali, questo ha prodotto una miriade di associazioni, funzionari, uffici, sedi, circoletti, amministratori, ministri e ministeri di ogni livello, ordine e grado, il risultato pratico nel terzo millennio è che l'artista alla base del movimento, in nome della sua stessa militanza è finito per contare sempre meno, insomma la militanza d'artista è terminata col fatto che dei linguaggi dell'arte non freghi niente a nessuno, a destra come a sinistra, e l'orientamento è in base alla stella cometa del mercato indotto.
 Quanto marketing culturale artistico passa per la possibilità di "dire la verità in faccia al potere" al fine di attirare l'attenzione su tematiche e problematiche che appaiono omesse ma in realtà sono abbondantemente diffuse?
Questo marketing del comodo "militante" non distingue e eleva l'artista professionista a portavoce della gente e anche degli artisti comuni che si schierano al suo fianco?
Il "militante" professionista non rivendica il suo ruolo proprio in relazione alla rete di contatti fatta da chi si nasconde tra le stanze del potere?
Il pubblico e le comunità non sono reali interlocutori di Ai Weiwei, sono semplici destinatari di un suo messaggio unidirezionato.
 Blog e media integrati in teoria contrasterebbero questa tendenza, ma nella realtà i blog più visitati sono proprio quelli di artisti vicini al potere (Ai Weiwei, il bluff di Luca Rossi costruito a tavolino o Beppe Grillo con il suo M5S in Italia a esempio), tutto questo per dire che gli artisti che il sistema eleva a leader della militanza non hanno contatto con le reali problematiche dell'arte contemporanea e il loro stile comunicativo nasce condiscendente verso gli "addetti ai lavori"; schierati dalla parte degli oppressi non sono interessati per nulla alla reali problematiche linguistiche del fare arte contemporanea che tolgono il sonno all'artista comune.
 Un linguaggio dell'arte "militante" gestito dall'alto nega l'uguaglianza e rende astrazione la solidarietà tra ricerche artistiche, questo è il motivo per cui l'enfasi del contrario è necessaria, fatta di scambi e collaborazioni dal basso tra artisti con la finalità di rimediare al difetto virale di un linguaggio imposto dall'alto per coalizioni di vertici.



venerdì 30 agosto 2013

VIRAL ART Manuale per distruggere il futuro.

VIRAL ART
Manuale per distruggere il futuro. 

di Alessandro De Vita


www.alessandrodevita.com


Cominciamo da una cosa molto semplice. L’intelligenza non è virale. La bellezza superiore a cui aspira il vero artista, ammesso che questo “vero artista” esista ancora, non è una cosa comprensibile in modo così immediato. Non può essere cliccata milioni di volte al giorno come il culo della nuova vedette di turno, intenta a farsi ginecologizzare dagli spettatori/guardoni del nuovo millennio. Non può essere scaricata centinaia di volte al secondo come un app di uccelli che vanno contro i muri. È il frutto amaro e doloroso di una grande disastrosa passione, di una inimmaginabile attesa, l’opera d’arte. Non è una cosa che mette a proprio agio, mentre sul divano di casa nostra, siamo comodamente intontiti dalle nuove imbarazzanti proposte del sistema internazionale dell’idiozia pianificata. Immaginate un attimo la prima volta che Picasso dipinse una donna con gli occhi fuori posto, la bocca di sbieco e dei colori improbabili come sfondo. Pensate se l’avesse mostrata al primo passante sotto casa. Cosa sarebbe accaduto? Un grande gigantesco punto interrogativo si sarebbe disegnato sulla faccia del povero malcapitato. Successivamente avrebbe fatto notare al grande genio, che una donna ha gli occhi messi in un altro modo e la bocca anche. E poi che colori usa? No, quella roba non sarebbe stata affatto VIRALE. Ora invece immaginate i quadri di Modigliani, senz’occhi. Con quelle due ferite nel viso chi volete che lo avrebbe mai voluto appendere in casa propria? Troppa paura, troppa angoscia, troppo disagio, troppa POESIA. Sforzatevi ora di pensare ad una notte stellata di Van Gogh. Tutti quegli astri impazziti e pulsanti che gridano. Tutto quel colore steso in modo così violento e disperato. Poteva essere certamente barattato per un piatto di lenticchie, quello sì, ma non di più. Non era di certo VIRALE. Prendiamo qualcosa di più vicino a noi, ad esempio, Derek Jarman. Chi??? Derek Jarman, regista e video artista inglese, morto di AIDS il 19 febbraio del 1994. In un suo libro “The Last of England” spiega come per produrre 8 dei suoi film si siano spesi i soldi necessari per produrre un solo film del “Main Stream” inglese. Film spesso non necessari che non lasciavano nemmeno un vago ricordo di sé, eppure estremamente VIRALI. Per quei film si instillava un bisogno artificiale, indotto dal marketing e da strategie di comunicazione di massa oramai note a tutti e che tutt’ora fanno il loro bel lavoro. Per i lavori di Derek Jarman, ad oggi terribilmente misconosciuti, ma molto apprezzati dalla critica e dai cineasti di tutto il mondo, non c’è stata alcuna viralizzazione. Non ancora. L’arte, quella che strappa via di dosso tutto, che ti getta in un abisso di bellezza e disperazione, è concepita solo per essere goduta nel futuro remoto. Nel presente è spesso presa per altro o messa da parte. Avreste mai immaginato che un orinatoio messo al contrario avrebbe fatto il giro del mondo? Eppure è accaduto. Ma c’è voluto il suo tempo. Purtroppo oggi, si sta delineando un fenomeno estremamente preoccupante. L’arte deve essere VIRALE e per farlo si stanno applicando principi, prima utilizzati per altri tipi di prodotti, attuando una traslazione, dagli effetti disastrosi. Si abbassa continuamente il livello del lavoro per poterlo piazzare su mercati sempre più ampi, come se si trattasse semplicemente di un altro “prodotto” da vendere dimenticando che l’Arte non è fatta per questo tipo di operazioni. Non a caso si assiste a fenomeni virali senza né capo né coda, con i quali furbi affaristi del settore fanno soldi a palate, fottendosene altamente del grave stato in cui gettano il livello generale del lavoro. In questo contesto non mi dilungherò molto a delineare l’idea che i “producers” hanno dei loro fruitori. Spesso la loro visione si può sintetizzare in poche semplici parole. SIETE DEGLI IDIOTI. È incredibilmente facile e dagli ovvi esiti tappezzare Milano di finti bambini impiccati agli alberi per ottenere un risultato ad effetto domino sull’opinione pubblica. Maurizio Cattelan in USA è stato definito “uno degli artisti contemporanei più influenti”. Infatti è così. Ma sapete il signor Cattelan cosa faceva prima? Lavorava in pubblicità. È evidente che il suo successo è dovuto innegabilmente al suo grande talento ma anche ad una grande strategia di comunicazione. Questo di Cattelan è uno dei pochi casi in cui Arte e Virale si incontrano in un felice accoppiamento. Su un muro da qualche parte ho letto questa frase “STOP MAKING STUPID PEOPLE FAMOUS”. Sarebbe davvero magnifico che accadesse.


alessandro de vita 2013 © all rights reserved
Ingegnere informatico? Nemico dell'artista.

I linguaggi dell'arte sono fatti di attività pratica fondata su capacità e spirito di collaborazione, quella tra l'osservato e l'osservatore (osservatore è anche lo stesso artista nei confronti del suo fatto linguaggio pratico), la collaborazione di sguardi e visioni è in grado di sopperire anche alle eventuali carenze strutturali tecniche  e pratiche di un artista, collaborare significa comprendere e rispondere.
 L'artista contemporaneo 2.0 ha molteplici canali di comunicazione, ma quanta reale capacità di comunicare? Il contesto operativo è di globo interconnesso ma fortemente tribale, i social network incentivano la presa di distanza dalla differenza e la vicinanza per identificazione, questo può portare alla degenerazione ideologica del linguaggio, all'ideologia come limite per la ricerca artistica; di fatto un linguaggio artistico è un mosaico che certe volte non s'incastra perfettamente, ideologie e tribalizzazioni del gusto rischiano d'impoverirlo.
 Il web schiavo dell'immagine è fondato sulla mentalità tribale e ci induce a credere verità su un linguaggio di un artista a volte senza che l'artista si esprima direttamente, ci si muove schiavi di fantasie indotte che generano la paura dell'esclusione dalla comprensione, per poi ritrovarsi schiavi di un pensiero unico globale comandato a bacchetta.
 L'unica cosa che in questo contesto può tutelare i linguaggi dell'arte e lo scambio dialettico  tra gli artisti delle loro ricerche, solo questo può consentire oltre le logiche omologanti del pensiero unico di rappresentarli nell'insieme.
L'artista chiuso in se stesso, che rifiuta il confronto tenderà naturalmente a un linguaggio del gusto omologato, insomma artisti uguali e neutri impossibilitati a relazionarsi tra loro, questo succede oggi a gran parte degli artisti visivi.
Il mercato dell'arte tende a neutralizzare le differenze e le traiettorie di ricerca linguistica dell'artista, questo dall'età moderna e la rivoluzione industriale, dove l'angoscia del linguaggio dell'artista si è intrecciata con la cultura del consumo globale che l'elevava a consuetudine, depredando lentamente gli artisti dalla volontà di libero scambio e confronto; risultato la possibile perdita dei linguaggi dell'arte nella loro moltitudine naturale.
Serve in questo momento storico che gli artisti sappiano rappresentare momenti di ritualità collettiva e di collaborazione dinamica sui quali lavorare; non è semplice, migliaia di artisti approdano e si formano nel cyberspazio pieni di sé e la loro produzione mira esclusivamente alla volontà di farsi osservare consensualmente, bisogna invece incidere su schemi imposti dalla blogosfera, evitare di cedere alla logica di una forzatura di una opinione su un altra (l'atto del bannare quante esclusioni e possibilità di libera circolazione del linguaggio preclude?) e concedersi a un reale scambio che rappresenti un arcipelago che rappresenti sul serio la realtà della moltitudine connivente dei linguaggi dell'arte contemporanea.
Il web è per sua struttura asimmetrico e tende a eliminare reazioni dialogiche e critiche, confina in riserve e sacche di sistema il divergente, tende a piegare il linguaggio dell'arte e non a piegarsi ai suoi umani e strutturali bisogni, bisogna che gli artisti sappiano rifiutare o modificare progetti e contesti sociali imposti loro da ingegneri informatici.


Purgatorio Home Gallery a Somano (CN)


Galleria d'arte contemporanea senza filtri e manipolazioni
Descrizione
IL PURGATORIO Home Gallery
Somano (CN) – Comunità Montana Alta Langa

Di fronte all’evoluzione del mondo dell’arte, innanzi alla morte della formula galleria/negozio fredda-asettica-selettiva e soprattutto esausto del carrozzone mediatico fieristico dell’arte una casa di tre piani verrà destinata a spazio espositivo.

Più di 50 mt lineari pronti ad accogliere arte contemporanea senza filtri e/o manipolazioni.

Il Purgatorio (è il nome del terreno dove sorge il casolare) vuole essere un nuovo concetto di spazio espositivo nel quale il "gallerista", l'artista ed il pubblico si relazioneranno in un'atmosfera conviviale e che renderà il rapporto con le opere d'arte più accessibile e diretto, avvicinando sempre più persone all'arte contemporanea.

Il Purgatorio sarà un luogo dove le opere d'arte troveranno una naturale e coerente collocazione, favorita dal rapporto dialettico con lo spazio abitato, con gli oggetti della quotidianità e dall'informalità con cui verranno esposte.

info@museoacieloapertodicamo.it

------------------------------------------------------------------------------------------------

IL PURGATORIO Home Gallery
Somano (CN) – Comunità Montana Alta Langa
 
Di fronte all’evoluzione del mondo dell’arte, innanzi alla morte della formula galleria/negozio fredda-asettica-selettiva e soprattutto esausto del carrozzone mediatico fieristico dell’arte ho deciso che l’abitazione dei miei nonni verrà destinata a spazio espositivo.

In collaborazione con il MCA di Camo e il Tavor Art Mobil del due DiCaterino/Ardau da ottobre aprirà Il Purgatorio Home Gallery. Quasi 80mt lineari di muro pronto ad accogliere arte contemporanea senza filtri e/o manipolazioni.

Il progetto è il punto di partenza di un’idea a più ampio respiro che dovrebbe avere il suo punto di arrivo nel febbraio 2014 con la creazione di una residenza creativa//R&B//ostello secondo il concetto dell'Ospitalita' diffusa.

Il Purgatorio (prende il nome da un appezzamento di famiglia e non poteva essere più azzeccato di cosi) vuole essere un nuovo concetto di spazio espositivo nel quale il "gallerista" (passatemi il termine), l'artista ed il pubblico si relazioneranno in un'atmosfera conviviale e che renderà il rapporto con le opere d'arte più accessibile e diretto, avvicinando sempre più persone all'arte contemporanea.

Il Purgatorio sarà un luogo dove le opere d'arte troveranno una naturale e coerente collocazione, favorita dal rapporto dialettico con lo spazio abitato, con gli oggetti della quotidianità e dall'informalità con cui verranno esposte.

Inaugurazione la prima settimana di ottobre in occasione della festa paesana. Seguiranno la festa del dolcetto di Dogliani e la fiera del tartufo di Alba.

Somano si trova a 5km da Dogliani, 15km da Barolo e 20km da Alba.
 
Cosa gradita, se altrettanto lo sara' per voi, sara' avervi in Purgatorio. 

Il passaparola e' ben accetto.
Nell'attesa di un vostro pensiero.
Saluti a tutti.

Claudio Lorenzoni


martedì 27 agosto 2013

Questo è il tempo della trasformazione del linguaggio dell'arte.


Questo è il tempo della trasformazione del linguaggio dell'arte.

L'attività di un artista è sempre finzionale, c'è sempre un diaframma tra il linguaggio di un artista e ciò che rappresenta e tra ciò che rappresenta e il rappresentato; non esiste linguaggio dell'arte che non sia intenzione finzionale, anche quando si dichiara la finzione rappresentata, finzione intenzionale è anche il tentativo etico di tradurre in estetica una rappresentazione condivisa di una realtà osservata.
 Il linguaggio di un artista è sempre, oltre che finzionale, di parte, parziale e p-artigiano, questi è il motivo per cui necessitano aree di libero scambio del linguaggio artistico fuori e dentro il web, arena nella quale può nascere una struttura semantica, consapevole e contemporanea del linguaggio di un artista, con la relativa costruzione di modelli simbolici interpretativi che indaghino e stimolino funzioni e rappresentazioni sulla condizione umana; padroni del gesto e del segno artistico si è quando si hanno gli strumenti cognitivi per leggere la distanza con l'osservatore, simile o diverso che sia, questo solo crea reale dialettica tra l'artista osservato e l'altro che osserva e che può esprimersi anche esso dialetticamente con linguaggi specifici dell'arte.
 Alla base di tutto c'è comunque l'artista, che con il suo linguaggio dichiara e ammette la sua soggettività e anche la sua non universalità, questa è la base dalla quale sonda e riflette; la sua passione per la propria ricerca non dovrebbe mai sostituirsi all'etica personale, quell'etica che porta a decidere come e per chi schierare il proprio linguaggio.
Il concetto di linguaggio condiviso dell'arte contemporanea è ancora lontano dall'essere sostenuto con cognizione di causa dalla gran parte degli stessi artisti, tant'è vero che linguaggi e stili dominanti dei processi di trasmissione dell'arte contemporanea restano unidirezionati e imposti a catena dai mercati, tramite i soliti noti intermediari "addetti ai lavori"che osservano i processi dell'arte contemporanea pure essendone estranei per formazione e esercizio professionale del fare.
Il sapere globale dell'arte contemporanea cominciato con la rivoluzione industriale, è ancora oggi tristemente trasmesso in maniera asimmetrica, trasmesso e imposto da centri di mercato e case d'aste alle periferie (da Parigi a New York, da Londra a Tokyo, da Basel a Venezia, gusti e linguaggi arrivano in periferie, talvolta con gli stessi eroici artisti locali a fare da media del linguaggio che muta), ma siamo in un tempo che pone gli artisti davanti la possibilità di autodeterminazione di una vocazione di costruzione linguistica connettiva e cooperata, la frontiera del possibile è quella di una conquista di un linguaggio dell'arte altro al servizio del comune e basato sul condiviso e la conoscenza reciproca tra gli artisti, senza filtri e intermediari.
Questo è il tempo dell'andirivieni continuo dei linguaggi dell'arte, di un flusso di movimenti interconnessi che non si può interrompere, a nulla servono scuole critiche di matrice Accademica, possono solo tracciare visioni parziali fondate su idee di recuperi ideali di questo o quello stile, legati a questa o quella scuola, legata a questo o a quel maestro, in pratica inutili dispersioni del tempo funzionali solo alla sua frammentazione; questo è il tempo del linguaggio transidentitario che trasforma sincronicamente gli artisti e anche gli osservatori.
Questo non è il tempo di un linguaggio dell'arte ma di linguaggi in movimento che risuonano in altri linguaggi e stili, questo è il tempo della trasformazione del linguaggio dell'arte.
Davanti agli artisti oggi c'è una reale e possibile universalità dialettica e interconnessa dei linguaggi dell'arte, che non è immutabile e imposta, ma è in divenire e non è conseguita, è da costruire in maniera dinamica e permanente da parte degli artisti che lo vorranno, gli altri faranno i conti davanti al giudizio della storia.
 Questo è il tempo, come l'inizio del secolo scorso sulla scia della rivoluzione industriale per le avanguardie artistiche storiche, del linguaggio artistico realmente creativo e culturale, si può inventare, costruire e formare una nuova identità sociale dell'artista, dove il ruolo attivo sul suo linguaggio è costruito da territori locali attraversati da venti diversi interconnessi dal mercato globale.
Questo è il tempo di un linguaggio dell'arte indigeno, articolato, riscritto nella semantica, domestico, connivente, improvvisato e inventato in un contesto spaziale etereo realmente culturale.
La vitalità dei linguaggi dell'arte oggi è nell'immaginario collettivo, nella rapidità della comunicazione che fa circolare immagini, ricerche, oggetti e artisti, artisti che in prima persona diventano ancore culturali di una diffusione fatta di prestiti e scambi, questa è la diversificazione senza precedenti dei linguaggi dell'arte.
La sfida da porsi è politica, l'artista deve muoversi e orientarsi all'interno di questo flusso connettivo non ancora distribuito e compreso e saperlo essenzializzare nelle forme e espressioni culturali, sapere sintetizzare l'insieme di processi anche conflittuali di adozione, ridefinizione, costruzione e semantizzazione di simboli, pratiche performatiche e prodotti che non possono più essere conducibili a un unica cultura, ma che si muovono e spostano di continuo tra una pratica e un linguaggio dell'arte all'altro.
Questo processo di sintesi da rimandare all'artista e al suo linguaggio ci consegna una equazione per la quale l'etica estetica del suo linguaggio dovrebbe stare alla sua morale (pubblica e pubblicata) quanto e come la sua ricerca sta al suo sapere.
L'arte deve aprire nuove traiettorie di conoscenza a partire dal conosciuto, rendersi irriducibile liberando prospettive, questa è l'etica a cui tendere, discutere regole cui si è assuefatti perché imposte e interiorizzate accademicamente senza consapevolezza, una estetica etica del linguaggio in grado di partire dal dire e non dal detto o ha detto.


Angelo Barile per la Tavor Art Mobil


Tavor Art Mobil n.14

Gennaio – Giugno 15

“Flash art is on fire”

Performance di apertura a cura di Marco Lavagetto, simbolicamente verranno bruciate delle copie di Flash Art prima di cominciare il giro.

“Lo smalto urlante” di Carlo Sain, Angelo Barile e Jimmy Rivoltella

Pasquale Di Caterino , Fathi Hassan, Sandro Chia, Domenico Cantatore, Lucio Fontana e Pino Pinellii.



The Heap - 2

lunedì 26 agosto 2013

The Heap - 1

CHI HA IL MONOPOLIO DEL PENSIERO CRITICO?

CHI HA IL MONOPOLIO DEL PENSIERO CRITICO? 

L'arte non può ignorare le condizioni politiche del mondo in cui si genera, non può ignorare domande sociali e azioni egemoniche, è costretta a incrociare il mondo contemporaneo e i suoi linguaggi strutturali.
 L'arte e i suoi linguaggi sondano la conoscenza del mondo che la circoscrive e questo la rende sempre e comunque sociale.
 L'artista è impegnato (anche nel senso professionale del termine) quando con il suo linguaggio sa di dovere dare di conto di un dialogo che ha il dovere d'instaurare sul campo, con chi l'osserva; deve sapere sfuggire al "non dialogo" che attraversa il sistema dell'arte per mezzo l'intermediazione degli "addetti ai lavori", un dialogo artistico è liberale quando l'osservatore gode degli stessi diritti di chi gli somministra una immagine, questo solo costringe all'accordo e alla comunanza simbolica.
 Un altro sistema dell'arte presuppone  la condivisione etica di segni e simboli, ma come in tutte le lingue il linguaggio del gesto artistico ha degli spazi d'intraducibilità ed è proprio quello lo spazio dello scambio sul campo e sul territorio, il motore che trasmette il linguaggio dell'arte.
Occorre che gli artisti dell'altro sistema che verrà si pongano domande come:

CHI HA IL MONOPOLIO DEL PENSIERO CRITICO? L'artista, gli "addetti ai lavori" o gli altri, i subalterni che di arte parlano e che lavorano per comprenderla?

I "subalterni" di sistema, siano artisti o osservatori parlano e trasmettano informazioni sulle pratiche artistiche, s'interessano di pratiche connettive che in quest'altro sistema dell'arte ci si sforza di praticare, tutto questo non vuole dire ragionare su dei linguaggi dell'arte "locali", ma pensare al locale come luogo di elaborazione di linguaggi simbolici singoli, identitari ma anche universali, in quanto frutto di una mutazione e interazione continua verso la globalizzazione.
La vera questione contemporanea è quella di evitare la ghettizzazione dell'arte o dell'artista locale e considerare il linguaggio dell'arte relazionale e universale in qualsiasi spazio e contesto avvenga, questo passaggio serve a rappresentare il linguaggio dell'arte non come un sapere detenuto ma situato e condiviso, serve cominciare a leggere l'arte come una tensione affettiva e relazionale che muove strutture, solo con questo passaggio è possibile riconsegnare l'arte alla vita.
Veicolo di trasmissione di questo non può che essere il web, con le sue autoproduzioni, social network e blog, che trasformano le immagini in modalità didattiche di nuovi processi operativi e linguistici.
I nuovi media integrati aiutano l'artista a dare di contro tra ciò che avviene tra lui e il mondo, dei soggetti che incontra, degli scambi e dei risultati di questa sua interconnessione permanente, scambia dati, visioni, prospetti, mediazioni e moduli strutturali e cognitivi e tutto questo diventa auto-produzione; questo non porterà mai a un linguaggio neutro ma interattivo se sa trasformarsi e trasformare nell'incontro, l'artista rinuncia in questo processo alla pretesa visionaria di essere l'unico osservatore del reale ma diventa reale in quanto osservato, non prende romanticamente il posto e la parola dei subalterni, non parla a loro nome e non abusa del loro nome, è un professionista del suo linguaggio che esiste perché osservato.




domenica 25 agosto 2013

L'espressionismo contemporaneo? Dello spettatore

L'espressionismo contemporaneo? Dello spettatore


La cultura dell'arte da galleria (un tempo scrivevo da galleria-galera) è una sovrastruttura che naviga contro sviluppi processuali e assimilazioni condivise di un linguaggio artistico; la galleria è un limite, un argine che normalizza e canalizza l'anomalia della ricerca linguistica di un artista, lo reprime, con la galleria ci hanno convinto che l'arte sia comunicazione, non è vero, l'arte è partecipazione.
La distorsione è avvenuta per mezzo degli intermediari che storicamente si sono interposti tra il mutato ruolo sociale dell'artista e del suo linguaggio e chi a esso si relaziona, praticamente infiltrando il potere nella cultura di ricerca artistica contemporanea, effetto collaterale presumibilmente imprevisto dalle avanguardie storiche (anche se Modigliani e Duchamp avevano messo in guardia tutti).
 Almeno fino alla fine del secolo passato, la cultura di certi artisti imposti dal sistema è stata dissolta in strategia di sistema e di potere che marcava e rimarcava differenze linguistiche fino a renderle diseguaglianze, impedendo all'arte e agli artisti di trovare un ambito comune nel quale confrontarsi.
L'invito che questo scorcio di secolo ci pone è quello di comprendere il processo elaborativo e cognitivo di un linguaggio artistico e sperimentarne la possibile e reale condivisione  al fine di sviluppare sapere; considerando che il potere non è solo omissivo o repressivo ma è anche normativo, il linguaggio artistico può partire dal presupposto di potere creare una norma anche privo d'intermediari; la norma può passare per traiettorie e limiti non necessariamente imposti dall'alto.
 Tutto questo non vuole dire rinnegare luoghi come le Accademie e i Licei, vuole dire tenere presente che nella loro istituzionalità didattica non possono essere spazi privati, sbagliano i Maestri artisti che l'intendono così.
Il linguaggio dell'arte è una questione complessa, che include da un lato l'adattamento normalizzante o contestuale, dall'altro la costruzione di spazi condivisi e liberi che portino alla manifestazione di altri universi e sistemi dell'arte.
Il sistema dell'arte "Accademico" di mercato è nato alla fine dell'ottocento, in un contesto di colonialismo liberista industriale verso altri mondi, il tempo è cambiato, forse si è allargato e sono mutati gli equilibri tra l'osservatore e l'osservato, sembra essersi bilanciato attraverso la riproduzione digitale il rapporto tra chi si esprime e chi riceve o subisce l'espressione artistica, esprimendosi su di essa, il nuovo linguaggio dell'arte nell'altro sistema che verrà sembra potere vivere dell'espressionismo dello spettatore.

sabato 24 agosto 2013

L'ESTETICA NELL'ARTE? NON è MAI CONTEMPLAZIONE

L'ESTETICA NELL'ARTE? NON è MAI CONTEMPLAZIONE

Nell'Occidente tutto, ci sono grandi difficoltà da parte degli artisti visivi a confrontarsi con la parte irrazionale dell'uomo (il surrealismo è stata una moda che non ha smosso le coscienze collettive).
Nella realtà l'evento artistico esiste quando produce effetti sul pubblico che ne è partecipe, la comunicazione tra mondi e contesti altri dell'arte passa per rappresentazioni che avvicinano lo spettatore partecipe al rito dell'arte, il rito dell'arte ha una sua efficacia che non è detto debba passare per spazi preposti e "addetti ai lavori".
L'estetica nell'arte non deve avere fini contemplativi, nel suo rituale discute gli aspetti più profondi della coscienza umana; l'adepto, lo spettatore, davanti all'arte non dovrebbe fare mai una esperienza solo visiva, deve sentirsi coinvolto e interagire con l'artista, fra gli artisti, deve essere in grado di chiedere direttamente all'artista e l'artista deve sapere rispondere direttamente, senza filtri di protezione, devono sapere e potere parlare un linguaggio comune.
 Cosa è la "performance"? Non è un linguaggio specifico di una branca dell'arte contemporanea, è qualcosa di trasversale a tutti i linguaggi dell'arte.
Durante la performance oggetto e processo si confondono, si creano e producono in simultanea, quando un artista è vero, vive a tempo pieno la sua performance di ricerca di senso e di vita con il suo pubblico, anche negli affetti e negli effetti privati.
 Questo è il tempo dove l'artista "indigeno" che una volta ambiva all'attenzione mediatica e ad essere oggetto d'attenzione mediatica, può finalmente produrre le proprie immagini e documentare la propria vita sociale e culturale, servono artisti preparati che sappiano inviare in autonomia a comunità diffuse i messaggi che desiderano.
 Questo è il tempo, dove l'artista come media performatico con tutte le sue protesi, può e deve recuperare l'idea dell'immagine come lingua (o se preferite antilingua che si ribella alla lingua scritta), ponendosi in conflitto con sistemi d'istruzione diffusi basati esclusivamente sulla scrittura; è la scrittura e non l'immagine che controlla amministrativamente comunità e popolazioni.
  I nuovi media riconsegnano rito e oralità per accompagnare le immagini e i linguaggi che possono tornare alle comunità e agli artisti.
 La sfida dell'artista contemporaneo è complessa, si muove come una babele di linguaggi dell'arte vivente con i quali deve viaggiare nel terzo millennio, deve sapere fare filtrare il suo linguaggio attraverso la sua ricerca e la sua cultura artistica, deve saperlo fare senza il filtro degli "addetti ai lavori", come ogni altro professionista che sia un serio ricercatore, deve sapersi radicare nella cultura che vive e che lo determina, ma anche impegnarsi in un dialogo linguistico con altri artisti, di altre epoche e luoghi, insomma come al tempo delle avanguardie del secolo passato dovrebbe indossare gli abiti del proprio spazio tempo e sapersi denudare collocandosi fuori da esso, importante è smetterla davanti al lavoro di un artista di liquidarlo con frasi fatte come "è fatto bene" o "è fatto male", "mi piace" o "non mi piace", "è bello" o "è brutto", "lo sto capendo" o "per me è incomprensibile"; bisogna capire la struttura di un linguaggio, l'argomento che tratta e poi interpretarne i contenuti, solo allora lo si potrà criticare, ma mai distruggere, a questo provvederà lo stesso artista se è persona seria e competente verso di sé.
 Il processo artistico non va giudicato mai, va criticato sempre nell'interesse dell'artista stesso, ma dopo averlo capito.


Tavor Art Mobil per i 25 dell'Accademia "Mario Sironi" di Sassari

     "Nexus" Barbara Ardau
                       Domenico "Mimmo" Di Caterino

     Domenico "Mimmo" Di Caterino, Chimi-cha non applicata

giovedì 22 agosto 2013

La lingua locale dell'arte? Non esiste

La lingua locale dell'arte? Non esiste

Il vero artista è un ricercatore di senso del proprio linguaggio, in grado di sapere mettere in discussione tutti i suoi "a priori" e porsi nella posizione di chi osserva o apprende il suo linguaggio e il suo processo linguistico; se la sua etica è estetica è costretto a fare questo a due metri da casa, in qualsiasi ambiente poco familiare si trovino i suoi pezzi o frammenti.
 In questo tempo della velocità dell'elettronica integrata che sposta in diretta messaggi e capitali da un lato all'altro del globo, l'esotismo del linguaggio d'artista, lo si voglia o no, è prodotto di consumo o capitale politico, fatalmente non esiste oggi linguaggio artistico che non parli il linguaggio dell'immagine nel mondo.
 Le comunità dipendono da decisioni determinate in luoghi lontani e subiscono danni economici esercitati da forze esterne mentre i nuovi linguaggi dell'arte sono dovunque di natura storica e mutano sotto gli occhi di chi li osserva in una unica direzione, dovunque si trovi l'osservatore e qualsiasi artista osservi.
 L'artista in tutto questo altro e nuovo sistema dell'arte cosa fa? Cosa dovrebbe fare?

- Costruisce il proprio oggetto di ricerca semantico,
- si muove su tematiche legate a problematiche collettive,
- sperimenta i suoi risultati sul campo,
- si aggiorna su studi e ricerche artistiche a lui contemporanee e affini e ai suoi metalinguaggi.

Insomma deve sapere storicamente chi è e che cosa ha determinato il suo stile.
Infine se è un professionista privo d'intermediari, comunica la sua ricerca, legge e scrive la sua arte delimitando autonomamente il suo campo di guerriglia e comunicazione semantica.

Chi non riesce a muoversi così non è un artista, non è un professionista e neanche un ricercatore di senso del contemporaneo, è un artigiano, un decoratore, uno specializzato dipendente al servizio di qualcosa o qualcuno, un artista privo di identità e linguaggio.

Considerando che il linguaggio di un artista oggi è "locale" solo in funzione di una rappresentazione e una configurazione storica, per il resto non esiste linguaggio dell'arte che non sia globale.

Necessita che l'arte riesca ad abbandonare le etichette e le sigle del mercato e della critica, e si cominci a parlare di un arte cognitiva, che sappia recuperare localmente come naturalmente nasce un linguaggio e una identità artistica, questa è la maniera didattica, con l'uso spettacolare dei media integrati, con il quale riavvicinare i linguaggi dell'arte al sociale e all'umanistico.

Paolo Cervino per la Tavor Art Mobil

Giugno 15 – Gennaio 16 

“Existential Travels” di Lucilla Esce e Paolo Cervino

Wifredo Lam, Rufino Tamayo, Ennio Calabria, Iti, Giancarlo Cazzaniga, 





martedì 20 agosto 2013

Gli artisti ignoranti sono in aumento esponenziale

Gli artisti ignoranti sono in aumento esponenziale

L'altro sistema dell'arte che verrà, con le sue connettività senza frontiere, continuerà a produrre omogenizzazione e esclusione.
La connessione globale estende il libero mercato e invade tutta la superficie terrestre, ma il mondo della rete resta un sistema definito da parametri e vincoli di spazio, di tecnologie e di politica.
Idealmente siamo davanti all'abbattimento di limiti e di spirito critico e in tensione verso la comunicazione istantanea e permanente, ma il paradosso è che non esiste uno spazio realmente pubblico dove questa tensione possa prendere forma e anima.
Il web è potenzialmente un canale di scambio, ma non è pubblico e neanche accessibile a tutti, le amicizie sono limitate e controllate e i profili pubblici necessitano della risonanza dei media classici per fare confluire utenze, tutto è potenzialmente confiscabile e manipolabile, tutti siamo potenzialmente "bannabili".
 I new media si sono insinuati nel nostro corpo, siamo interdipendenti fisicamente dal nostro cellulare multitasking, dal web, dai social network, dalla musica, dagli artisti che localmente ascoltiamo e condividiamo e che con noi condividono cause e interessi comuni ma mai pubblici (se non in senso mediatico), non esistiamo come evento fuori dai media.
 Le relazioni di sistema passano attraverso i media e diventano codici effimeri che una volta consumato l'evento riconsegnano alla solitudine l'utilizzatore, sia un personaggio pubblico o privato.
Il media è diventato dogma del tempo, il multitasking ha sostituito il crocifisso, non esiste più forma artistica priva dei media e la loro capacità d'imporre immagini.
 Stante tutto questo, i linguaggi dell'arte devono porsi seriamente il  problema della loro contemporaneità.
L'artista deve lavorare per conservare il ruolo che la storia gli aveva consegnato, testimone del tempo e del rapporto mediatico tra passato e futuro, deve farlo (cosa difficoltosa e ostica in quanto inedito storico) fuori dal mercato, rendendosi esploratore; per innovare bisogna che riesca a sorprendere e sviare ma nel contempo appartenga a questo tempo.
 I linguaggi dell'arte hanno una unità di misura dalla quale non devono però prescindere, la relazionalità, senza pubblico è autismo e solitudine, l'artista deve essere sociale; i linguaggi dell'arte si affermano simbolicamente se sanno presenziare il tempo e nel contempo sanno astrarsi da mode e leggi di mercato (quanti artisti oggi lo fanno?).
Nel linguaggio dell'arte la legge di mercato della domanda e dell'offerta non esiste, l'artista stesso è la domanda e la domanda del pubblico è la formulazione della risposta che diventa offerta (pur se sofferta).

Un linguaggio artistico per essere efficace necessita di tre parametri:

- specificità storica,
-adeguatezza al tempo, anche a distanza di tempo,
- capacità simbolica.

La capacità simbolica è quella cosa in grado di creare il legame con lo scopritore, l'osservatore, il pubblico; attestando la presenza materiale e materica dell'opera e dell'opera-azione dell'artista.

Il sistema dell'arte che sta arrivando può diventare potenzialmente pericoloso, potrebbe fare da schermo al reale, attraverso i media può sostituirsi alla realtà, lo stesso media può occupare e invadere la realtà e la ricerca dell'artista, questo rischia di portare l'artista stesso allo smarrimento totale del suo ruolo, che non può essere solo di pertinenza al tempo ma deve resistere nel domandare, deve dire qualche cosa sul tempo e sui media che usa, i linguaggi dell'arte devono resistere alla logo-citazione del contesto in cui operano, altrimenti è la fine dell'arte come linguaggio.

Questo inizio di secolo vede l'artista con il suo linguaggio confrontarsi con un nuovo nemico, l'ignoranza diffusa strategicamente per aumentare lo scarto tra un pubblico privo di basi e conoscenze e fare si che chi dispone di conoscenze le elevi a sistema chiuso, autoreferenziale che mira a escludere le ignoranze.

Il rischio concreto è quello di un arte sociale sterile per esclusi dalla sua conoscenza che rischiano di essere solo semplici consumatotori se non esclusi prima dal sapere e poi dal suo stesso consumo, l'aristocrazia del sapere fatto linguaggio e quella del denaro potrebbero svilupparsi senza scelta in parallelo, materializzando arte e linguaggi dell'arte (e non solo) imposti e non democratici.
Serve utopia nel linguaggio artistico, serve l'utopia di un linguaggio artistico per tutti e accessibile a tutti, una visione dell'arte priva dell'illusione ideologica del consenso globale.
L'ignoranza è in aumento esponenziale, gli artisti ignoranti sono in aumento esponenziale e si mascherano da professionisti di un linguaggio di mercato di cui sono servi, serve che l'artista che conosce i linguaggi dell'arte sappia sacrificare la sua esistenza ad essi, nel nome di una cultura pubblica e diffusa che rischia altrimenti di essere assorbita dal nulla.



lunedì 19 agosto 2013

Arte forma o lingua?


Arte forma o lingua?

Il sistema dell'arte è fatto d'informazione specializzata e immagini che invadono globalmente i media, ovviamente da questo sistema di diffusione capillare sono eliminati gli scarti della regola.
 Esiste una opposizione, fatta di resistenza diffusa, di artisti media-attivisti che in modalità eterogenee, manifestano sintomi virali di presa di coscienza planetaria di problematiche legate ai diversi linguaggi dell'arte; ma questo universo sistemico del possibile è ancora frammentario e privato, non esistono di fatto spazi planetari e pubblici contemporanei per queste pratiche, esiste solo un cambiamento di scenario di cui ancora non si comprendono cause e effetti (se non nella ricchezza della media depredata dai gruppi della classe dirigente globalmente diffusa).
 Lo si voglia o meno la storia dell'arte non può esistere priva di un contesto generale (particolare per quanto riguarda la disciplina), la questione è evolutiva, le conoscenze degli artisti di stili e linguaggi aumentano nella loro accessibilità consumistica di generazione in generazione; nei linguaggi di mercato dell'arte purtroppo la forma diventa sempre più oggetto e prodotto di comunicazione e non mezzo linguistico volto a creare la ricerca artistica, questo è il dramma dei linguaggi dell'arte e dell'arte contemporanea.

sabato 17 agosto 2013

Artisti? Basta con le sciocchezze di autopropaganda

Artisti? Basta con le sciocchezze di autopropaganda

La necessità dell'artista contemporaneo è quella di lavorare per fare riscoprire il valore del segno, in assenza del quale l'uomo animale biologico rischia di scadere in un suicidio di senso.
Il segno artistico è uno strumento relazionale nei confronti dell'altro, è un ricordo, memoria, promessa o progetto, questo approccio può rianimare la figura sociale dell'artista nel quotidiano.
Lo si voglia o no, lo scorso secolo è stato il secolo non delle avanguardie, ma del consumo e del prodotto artistico e culturale, dove si è diluito l'individuo nei media e si è consegnata la comunicazione artistica, tecnica e specialistica alla solitudine e l'indifferenza, tutto si è fatto ruotare intorno alla storia e all'informazione, rendendoci stereotipi, immagini diffuse e controllate a livello planetario nel secolo dei nativi digitali e palmari, sottoposti dal primo vagito comunicativo al batterio del codice e della  convenzione.
 Il passaggio dall'economia industriale a quella virtuale ha consentito al capitale di creare sulle nostre vite e nella nostra produzione un controllo planetario; l'artista, il suo prodotto e i suoi linguaggi hanno finito per non corrispondere più a un interesse culturale e simbolico di un territorio, il prodotto di mercato indotto e imposto ha finito per imporre all'artista indigeno e radicato territorialmente le sue regole per farsi comprendere dalla sua stessa comunità, questo oggi è evidente e sembra non avere responsabilità storiche tra gli addetti ai lavori, come è possibile?
Le stesse voci critiche degli artisti, quando sfondano il muro dei media, sembrano vittime della loro immagine, espansa a dismisura mediante viralità elettronica.
Il nuovo ordine globale del mercato dell'arte contemporanea usa rappresentanze territoriali e politiche per appropriarsi di forme di indipendenza e originalità artistica, gli "altri sistemi linguistici dell'arte" una volta accettati dai media specializzati escono banalizzati.
Insomma, i linguaggi dell'arte contemporanea hanno un gigantesco problema, dovrebbero esprimere intenzionalmente una loro idea sulla società ma finiscono per apparire una sterile espressione passiva di una condizione di fatto, il linguaggio dell'arte contemporanea nel sociale appare un semplice aspetto della situazione.
 L'arte contemporanea sembra incapace di mostrarci qualcosa di diverso da ciò che nel quotidiano abbiamo sotto i nostri occhi ovunque, l'artista ha perso per la strada del mercato l'uso dell'espressione e della riflessione.
Tutto questo fa scaturire nell'artista contemporaneo e nel suo territorio di residenza una emergenza, quella di recuperare un reale sguardo critico in quel territorio, chi è lui? Perché è parte costituente di quel territorio?
Bisogna che con il proprio linguaggio l'artista faccia discutere l'indiscutibile o l'indiscusso, solo così si può fare progredire la ricerca dei linguaggi dell'arte e sollevare la problematica del fine.
Tutto questo passando anche per i social network, usandoli come strumenti per una "utopia didattica dell'arte", eludendo chiacchiere, pettegolezzi, affermazioni perentorie e verità assolute, propaganda e statistiche di mercato, con il proprio linguaggio serve che gli artisti sappiano dire stop alle stupidaggini.
 La conoscenza dei linguaggi dell'arte quando non è mercato, non è un sapere assoluto, non è totalitaria e non è neanche un punto di partenza o di arrivo, è un nodo di rete, una governance in vista del sapere come fine individuale e collettivo.


venerdì 16 agosto 2013

I media digitali integrati stanno distruggendo i linguaggi dell'arte


I media digitali integrati stanno distruggendo i linguaggi dell'arte

Bisognerebbe ripartire dal medioevo, fare in modo che l'artista contemporaneo, in quanto professionista, sia in grado di orientare e auto-orientare il percorso dei suoi sogni, che all'interno del suo bipolarismo sappia distinguere tra il sogno naturalmente vero e il sogno falso e indotto dai media, uno è utopia divina endogena, l'altro è diabolicamente esogeno e tentatore.
Il sogno diabolico conduce sia il consumatore che il produttore di un contenuto artistico verso la perdizione del sé.
 Gli artisti visivi del terno millennio, globalizzati, in nome della loro competenza e professionalità, sappiano dire fine alla "guerra delle immagini" imposta da poteri politici e economici sotto forma di committenza (quale strumento economico migliore per ordinare i sogni e le visioni?) e che sappiano in nome di una grammatica del linguaggio artistico comune in comune con il loro territorio farsi comprendere, provocando rappresentazioni e identificazioni collettive, che sappiano riconsegnare il linguaggio artistico all'antico ruolo di strumento di relazione simbolica, riconoscendo nella comunità lo strumento che ne attesta il valore.
Questo "altro artista" in mutazione genetica contemporanea deve avere bene presente cosa sia l'attuale sistema dell'arte contemporanea con i suoi "addetti ai lavori" e deve avere sviluppato coscienza, consapevolezza e autodeterminazione del proprio ruolo sociale e culturale, questa è la traccia di partenza sulla quale fare comparire il proprio mito personale da installare sul proprio territorio, questa è la genesi dei differenti nodi di rete di un "Altro sistema dell'arte".
La creazione artistica e lo sviluppo di un proprio linguaggio dell'arte sono la risposta naturale di un artista ancora indigeno alle immagini che il sistema mercantile dell'arte contemporanea somministra con forza in nome di una erronea e presunta idea di professionalità.
 Questa lunga premessa per arrivare a dire che solo l'artista indigeno ha gli strumenti per difendere immaginario e capacità d'immaginazione davanti alle strategie del mercato globalizzato e del pensiero unico dell'arte, che dalla rivoluzione industriale a oggi, in maniera diffusa, lo depredano del proprio linguaggio.
 Il linguaggio di un artista è il frutto di una relazione tra l'immaginario e la memoria dell'artista, tra la memoria dell'artista e l'immaginario collettivo che vive nel quotidiano, questo è l'asse sul quale deve e può operare per resistere alla colonizzazione dell'immagine e del suo immaginario, da anteporre a quello del finto artista immaginato dall'alto.
Ovviamente ogni opera in quanto linguaggio ha tatuata su di sé il marchio dell'autore, che la rende riconoscibile e simpatica, questo passando per immagini e mappe concettuali di chi a essa si rapporta e da essa viene sollecitato e stimolato, questo è il ruolo dell'arte e dell'artista oggi, quello di liberare l'immaginario.
Il pericolo è proprio incredibilmente nei nuovi media integrati, nella loro produzione per finalità economiche e politiche, la loro diffusione immaginata e imposta di artisti finti e fuorvianti che avallano una idea di linguaggio artistico non reale, finto, plastificato e inquinante che arriva a debellare nel concreto quotidiano l'arte e gli artisti, un attacco batteriologo, chimico e nucleare al più antico dei nostri linguaggi, la morte dell'io funzionale e la sua sostituzione con l'io finzionale, la progressiva perdita del proprio immaginario e della propria memoria.
In fondo come si può fingere di considerare come la finzione e le nuove tecnologie interagiscano?
Sarà sempre più complicato per l'artista vero fronteggiare le innovazioni tecnologiche mosse dal capitale finanziario, attraverso di esse si è sdoganata la felicità per tutti in nome del tempo e del tempio presente e si è fermato il futuro e la libera ricerca artistica.

mercoledì 14 agosto 2013

Altro sistema anarchico dell'arte


ALTRO SISTEMA ANARCHICO DELL'ARTE

Un "Altro sistema dell'arte" gli artisti non possono pensare di costruirlo per decreto legge, bisogna farlo gradualmente dal basso, partendo dal ruolo dell'artista stesso nell'attuale sistema dell'arte, bisogna costruirlo dentro il guscio del vecchio e dell'Accademico, basandosi sull'interconnessione e l'autogestione tra gli artisti che sappiano partire e intercettare le pratiche popolari e i luoghi comuni delle loro esistenze.
Attraverso l'interconnessione tra gli artisti è possibile recuperare una "economia del dono del segno artistico" non basata sul calcolo dell'artista, ma sul suo rifiuto di calcolare, aprendo così la possibilità di rappresentare un sistema etico, prima che estetico, dell'estetica del rifiuto e del rifiutato.
Gli artisti, con i loro linguaggi, codici o stili, possono attraverso le pratiche connettive, autorappresentarsi come un popolo privo di uno stato che ne limiti contenuti e operazioni, in grado d'intendersi su pratiche, linguaggi e rituali comuni del fare arte contemporanea, creando in questa maniera un sistema anarchico dell'arte, che sappia fare a meno della logica del mercato, dello stato e della rappresentanza di una fede o ideologia politica.
In quanto rappresentazione immaginaria, questo "Altro sistema dell'arte" è istituzionalmente responsabile della sua esistenza e forma e anche della rivalutazione del classico e Accademico sistema dell'arte figlio diretto della rivoluzione industriale e del lavoro dell'artista intermediato da un "addetto ai lavori".
In questo tempo di trasformazione radicale è possibile inventare nuove forme sociali, politiche ed economiche,inedite nella loro gestazione connettiva e collettiva, anche per l'artista che le pratica e sperimenta.
Questo "Altro sistema dell'arte" sarà una connessione tra miriadi di comunità, reti e progetti sovrapposti e intrecciati, non sarà una conquista e neanche un cataclisma rivoluzionario, sarà un semplice processo di sviluppo attraverso la lenta creazione di nuove forme di comunicazione e organizzazione.
Tratto connettivo e comunante sarà il movimento, il corso conseguente del tempo, muoversi trasformerà un progetto di altro sistema in identità di un nuovo sistema, il movimento ossificato diverrà attraverso la memoria dei social network proprietà collettiva autoevidente.
La matrice di tutto questo? La generazione italiana dei centri sociali, quella che ha rifiutato il lavoro industriale pur difendendone i diritti, una generazione che negli anni anni novanta ha saputo anticipare tendenze che ora sono planetarie, diffuse e generalizzate, sapendo contrapporre alla finta globalizzazione delle multinazionali una reale globalizzazione dei movimenti, in grado di sfondare muri, limiti e frontiere.
Per questo possiamo definire questo secolo, il secolo dell'artista anarchico in grado di mettere sotto assedio summit Accademici e di mercato dell'arte, in grado di potere fare fronte e causa comune per il sistema dell'arte che verrà assumendosene la responsabilità.


Dal sud dell'isola, Domenico "Mimmo" Di Caterino o se preferite "Mario pisci a forasa".

martedì 13 agosto 2013

Gesto artistico, cosa è?

Cosa è il gesto artistico?

L'artista che sa donare il suo gesto ha compreso che donare equivale a mostrare realmente il proprio valore superiore rispetto un Jeff Koons qualunque, di essere un poco più in alto rispetto la scala di valore del mercato, di essere un magister, ha compreso che accettare il proprio valore di mercato fa di lui, degli artisti come lui e dei suoi gesti dei subordinati, è una rinuncia al proprio ruolo sociale di artista e un attestarsi sulla frequenza del cliente o peggio ancora del servo, il suo prezzo vuole dire essere caduto in basso (un minister).
 Il gesto, il fatto artistico, anche quando è proposto come nuovo e rivoluzionario è sempre condizionato dal passato, è frutto di circostanze e trasmissioni  lontane nel tempo e di connessioni complesse.
Il segno artistico non può essere staccato nel suo processo d'astrazione dal suo colore locale.
Il potere del gesto e del segno artistico è riuscire a entrare in comunione con simboli e segni mai individuali, di fondo l'umanità tutta comunica con simboli e gesti artistici perché gli istinti che vive sono comuni.
L'errore comune dell'artista contemporaneo (come fosse un politico) è quello di credere a una uniformità di una rappresentazione immaginata che parta dalla propria mentalità accademica, questo è un metodo figlio di una specializzazione professionale errato e da correggere, il gesto artistico è semplicemente un sistema di attese deluse o soddisfatte.

lunedì 12 agosto 2013

Il dono del gesto artistico


Il dono del gesto artistico

Il  gesto artistico  si da e si riceve, ma non si pretende e non lo si può prendere.
Lo scambio del linguaggio artistico crea vincoli bilaterali irrevocabili, trattasi di un contratto del gesto magico.
Il destinatario quando non s'intende il gesto o il segno artistico ricevuto è soggetto alla collera del donatore, destinatario e donatore sono interdipendenti, per questo non bisognerebbe mai mangiare o ricevere doni dal proprio nemico.
Il dono è quella cosa che etichetta, non è il mercato, non si riceve semplicemente un oggetto in cambio di un prezzo, non puoi essere indifferente al dono e al suo valore simbolico, è un contratto, una alleanza, un trasferimento di un bene e di un sapere, è un vincolo creato dallo stesso trasferimento simbolico del gesto; la stessa natura e l'intenzione dei contraenti del linguaggio simbolico è invisibile.
Questo per dire che la "proprietà" artistica non esiste, come può una comunità sociale riconoscere qualcosa agli eredi di un artista se questi non ne possiedono il linguaggio?
Il lavoro di un artista è il prodotto di uno spirito collettivo e non individuale, il linguaggio artistico deve essere di dominio pubblico per entrare nel circolo generale della ricchezza di una terra.
Questo è il motivo per il quale bisogna gridare allo scandalo davanti al plusvalore dell'arte contemporanea, come fanno a non vergognarsi gli artisti celebrati in vita? Come fanno a non vergognarsi i loro eredi?
La verità è nell'arcaicità del gesto artistico, nella gioia di saperlo donare in pubblico, nel piacere dell'ospitalità e della festa pubblica e privata, è il momento di tornare a immaginare un sistema sociale del linguaggio dell'arte che fondi sull'estetica e l'etica reale del dono.

Movimento Oscurantista: chi vuoi eliminare?

Invitiamo tutti a votare questo nuovo sondaggio che, in modo scherzoso ma con intenti serissimi, intende appellarsi al popolo dell'internet sovrano grazie all'infallibile e oracolare logica del sondaggio online.



Movimento Oscurantista: chi vuoi eliminare?
Diego Dall'Ara
Matteo Campulla
Davide Ligas




per maggiori informazioni o per lasciare un commento
www.oscurantista.com

sabato 10 agosto 2013

Rockbus Museum: rotte di movimento.

ROCKBUS MUSEUM: Eccoci, stamattina mi ha chiamato Tore Corriga, per dirmi che oggi, dopo più di quattro anni di lotta, gli ex operai Rockwool sono in ferie, mi ha detto di avere chiesto al sindaco di Carbonia la disponibilità della miniera di Serbariu per collocare il Rockbus Museum in maniera definitiva (con tutte le opere degli artisti visivi che hanno sostenuto la loro lotta (incredibilmente finita bene, nonostante i tempi), si è anche ragionato sulla possibilità di tenerlo in vita, nella nuova collocazione quando sarà, con gli stessi artisti che hanno sostenuto e hanno partecipato attivamente a questa guerriglia semantica e informativa attraverso la viralità della loro opera, pensavamo di organizzare un appuntamento fisso all'anno (una volta messo in posa il Museo), giusto per non fare dimenticare a una terra e un territorio che con modalità e strategie differenti, le lotte si possono ancora sostenere e vincere, ci aggiorniamo presto, buon e meritato ferragosto agli ex lavoratori Rockwool tornati lavoratori e a tutti gli artisti, prima di tutto amici, che hanno reso questa storia possibile.



Artisti visivi per il Rockbus Museum:

Bob Marongiu - Mauro Rizzo - Alberto Balletti - Alberto Spada - Simone Lecca - Federico Carta - Stefano Melis - Valeria Tola - Peppe Esposito - Donato Arcella - Michele Mereu - Chiara Schirru - Stay on fango - Francesco Cogoni-  Alessio Zara - Davide Carcanella - Barbara D'Annunzio - Movimento Oscurantista - Roberto Follesa - Roberto Serra - Nama- Antonio Enas - Robberto - Matteo Sanna - Alessandra Cherchi - Bravopie - Barbara Ardau e Mimmo Di Caterino - Fema - Lineadarte officina creativa - Antonello Roggio.

Pino Pinelli-Marco Tirelli-Agostino Bonalumi





Primo viaggio ad Iglesias per incontrare gli ex operai Rockwool in presidio permanente: http://youtu.be/7mqF2XXpE74
Festival Rock-Wool: http://youtu.be/3_E-BLud6G4 
Rockwool e la Galleria Giuseppe Frau: http://youtu.be/tVTYshXjqYg
Ex operai Rockwool e la riforma Gelmini: http://youtu.be/KKlg71HkSCc
Tore Corriga illustra il progetto Rockbus; http://youtu.be/ovg59QvbRHg
Joe Perrino al Rockbus Museum http://youtu.be/HUBz0ry4y0s
Alberto Balletti al Rockbus Museum: http://youtu.be/tmiwmVms0t8
Alberto Sanna al Rockbus Museum: http://youtu.be/5sFH4AlEMuE
Quilo al Rockbus Museum: http://youtu.be/FDAanp5w2d4
I Balentia al Rockbus Museum: http://youtu.be/tgOlfpAFsoY
Giuliana Sgrena al Rockbus Museum: http://youtu.be/-ICA-pPXVAI
Marco Fadda al Rockbus: http://youtu.be/WqKGBot5Mu8
Flavio Soriga ed i Ratapignata al Rockbus http://youtu.be/_bCQyJOeuq0
Dr.Drer e Crc posse al Rockbus Museum: http://youtu.be/1-qV6DFWnug
Il Rockbus a Marina café noir: http://youtu.be/xtifdRfOwqI
Gli ex operai Rockwool alla festa dell'Unità: http://youtu.be/Iii1cfyTiA0
Dr.Drer e Crc Posse con gli ex operai Rockwool alla festa dell'Unità di Cagliari http://youtu.be/9ze7eanSPdk
Ex operai Rockwool: nulla si muove: http://youtu.be/h7PJXTd-02I
Ex operai Rockwool occupano la miniera http://youtu.be/iewNCGVnPws
Marcia a sostegno degli ex lavoratori Rockwool nella miniera occupata: http://youtu.be/Chn_dyiQpfQ


Sulcis Iglesiente in rivolta a Cagliari:
http://www.youtube.com/watch?v=fo6SKfaHiAg

Sulcis: Rabbia e rivolta. Miniera occupata un anno dopo
http://youtu.be/M5l7FsNxR8Y

Ferrero incontra gli ex operai Rockwool:
http://youtu.be/szqhKGIUjHY

Quilo Sa Razza, Sbarre:
http://youtu.be/CN1NAAy2td8

Claudia Aru - Il blues della Rockwool
http://youtu.be/0rM6fvrlWaQ

Concerto di Natale a Villa Marina occupata:
http://youtu.be/6Bvoxci2170

A.Sanna, F.Bachis e Dr.Drer- "La luce delle sei":
http://youtu.be/i3l8qtoWdmA



giovedì 8 agosto 2013

Arte è magia?

 ARTE è MAGIA?

Quello sull'arte è un giudizio magico, un pregiudizio, una preiscrizione, questa è la forma sotto la quale la si incontra nella mente degli individui.
 Il giudizio magico sull'arte è sempre frutto di una affermazione collettiva, costituito sempre da almeno due individui; il mago artista che compie il rito e l'interessato che crede a esso e al suo valore simbolico; nel caso della trasmissione dei linguaggi artistici il mago (l'artista o il Maestro) insegna la ricetta a colui che la mette in pratica; questi pochi elementi bastano a definire un piccolo sistema rituale e linguistico, definisce una società ( a questo punto a cosa servono critici, curatori e galleristi?).
Il giudizio magico sull'arte può teoricamente ricevere l'adesione di gruppi estesi di società e di civiltà, è una quasi convenzione per il quale il segno crea la cosa, la parte del tutto dalla quale scaturisce la parola che definisce il fatto; si tratta di associazioni che si riproducono nella mente degli individui, contrassegni anche generalisti d'origine collettiva.
La materializzazione del gesto magico dell'arte muove dall'artista, lo stregone del villaggio, e l'ansietà del villaggio in cerca di sorgenti e soluzioni; di fatto è sempre presente la società intorno al mago artista, anche quando sembra venire meno e l'artista si ritira isolato nel suo recinto; l'artista è spinto nell'isolamento proprio dalla società tutta, lì sì raccoglie e agisce; il mago artista suggerisce mezzi, amplifica virtù di cose, applica effetti e soddisfa desideri e attese nutrite in comune da intere generazioni, rende rituali ed efficaci i bisogni dell'individuo già diffusi.

martedì 6 agosto 2013

Tavor Art Mobil al Camo, 4 Agosto 2013


"Padri nefasti e distruttivi sono i padri portati in mostra da Barbara Ardau e Mimmo di Caterino con l’installazione Tutta la verità sui nostri padri, che lungi dall’aver donato alcunché alla Patria, sembrano, invece, aver attinto a piene mani da essa, defraudandola, truffandola e imbruttendola, lasciando alle generazioni future, un’ignobile eredità ambientale, politica e sociale. Ma sulla faccia di questi potenti, Barbara e Mimmo sbadigliano, ridono delle banche che saltano in aria (Elogio dell'utopia_ Pino Bertelli) e mettendo in mostra, a disposizione dei visitatori, loro creazioni take away, pisciano sulle statue e sui musei dando vita a un’azione terroristica di ultima generazione, che appoggia la nascita di collezioni private clandestine d’arte contemporanea a costo zero."

Alice Rivagli, dal catalogo “Fathers”, Isole mutanti 2013




































Per fare si che l'arte sia un fatto totale è necessario che lo spettatore sia parte della sua osservazione (anche lo stesso artista), serve sentirsi e ritrovarsi nella rappresentazione; nei linguaggi non solo dell'arte, sono le idee incoscienti che agiscono e accomunano.
L'inconscio simbolico è il mediatore tra l'artista e la sua opera e tra la sua opera e lo spettatore, gli "addetti ai lavori" sono superflui e non necessari.
Il linguaggio, il fattore sociale di un artista è una realtà autonoma che si muove da sola.
In origine il linguaggio dell'arte era magia, l'insieme di mistico e scientifico del primitivo.
L'artista come un mago compie atti magici anche quando non è un professionista; le rappresentazioni magiche sono le idee e le credenze che corrispondono all'atto magico; l'atto è il rito magico legato alla tradizione, gli atti rituali sono quelli in grado di produrre qualcosa di diverso dal convenzionale, sono efficaci e totali perché creano e fanno, nessun scopo dell'arte è irraggiungibile o distante dall'atto rituale magico.
L'isolamento come il segreto è un segno perfetto della natura intima del rito magico; l'isolamento è un segno quasi perfetto della natura intima del rito magico, il quale è sempre il fatto di un individuo o individui che agiscono a titolo privato; l'atto e l'autore sono avvolti dal mistero, ma attraverso il web diventano condivisione.
Il rito magico e artistico è irregolare, anormale e poco degno di stima.
Il rito artistico deve tornare ad essere magico, non un culto organizzato, per questo privato, sognato, misterioso e tendere verso il proibito.