martedì 29 luglio 2014

Radio Tavor di G.Angelo Billia

A PROPOSITO DI REQUISITI PROFESSIONALI di G.Angelo Billia.

Riassunto:
“Questa notte, a Gaza, si sono succedute senza interruzione le esplosioni dei raid israeliani. Pensate, anche l’albergo dove soggiornano i giornalisti, là in fondo, ha avuto i vetri infranti. I bengala hanno illuminato a giorno per tutta la notte la striscia.” 
La giornalista fa una pausa e poi riprende:
le sirene d’allarme sono suonate per almeno tre volte a Tel Aviv. Gli obiettivi di Israele sono i tunnel dei terroristi e proprio questa notte sono morti altri soldati israeliani portando il conto complessivo a 54.”
Ieri, Rai news 24 ha trasmesso l’ennesimo servizio sugli ospedali della striscia, con la processione ininterrotta delle ambulanze cariche di corpi di civili fatti a pezzi dalle bombe di Istraele.
Evidentemente la giornalista in questione, mentre era intenta a meritarsi l’ingresso in RAI, non aveva tempo per guardare a ieri e all’altro ieri. 

Probabilmente per esercitare la “nobile” professione sono richiesti esami meno nobili. 
Non sa, la tapina, che l’avventura americana in Vietnam è costata la vita a 4 milioni di Vietnamiti e a cinquantamila soldati USA.
 Beh, è coraggiosa, avrebbe trovato certamente il modo di denunciare i terroristi vietnamiti. 
Quando si dice libertà di stampa, o, se si preferisce, il giornalista giusto, nel momento giusto. 
Per conto del governo giusto.
Allo scopo di sgomberare il campo da equivoci di genere, dichiaro che quanto sopra, a mio giudizio, è valido per il 90% ed oltre dei giornalisti di regime, a prescindere dal sesso di appartenenza.

lunedì 28 luglio 2014

T.A.M. Cagliari # Anonimo artista casteddaio.



Sapete chi è? 
Mi sono arrampicato sull'albero all'altezza della sede dell'Unione Sarda, zona terrapieno; li ho prelevati, erano pinzati su pini, sono smalti acrilici su tela, numerati e firmati con una sigla D.O,, ne ho trovato altri sulla strada ma non li ho prelevati...

sabato 26 luglio 2014

"Radio Tavor" di G Angelo Billia.

San Schettino, è questa la proposta che trapela dalla santa sede. 
Non si sa quale sarà l’iter previsto per la concretizzazione della proposta: farlo beato e poi si vedrà? Per l’intanto si sa che la RAI si è subito allineata.
 Avete notato? Non c’è più un problema dovuto alla disoccupazione, alla povertà, all’arrembaggio dei diritti di quei pochi lavoratori rimasti, ancora erroneamente considerati garantiti. 
La Concordia salva l’ennesima estate di merda per gli “organi d’informazione” del regime. 
Beviamo e solidarizziamo, per favore.
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Con l’augurio che la resistenza palestinese acceda alle armi atomiche e “cancelli” Israele. 
Come? 
E’ disumano?
 Perché, c’è qualcosa di umano nell’opera di quei delinquenti?
Avremmo problemi anche noi con il fall hout? 

Bene! 
Forse capiremo che la difesa di un popolo è qualcosa di diverso dal “mi piace” sulla foto di un cagnolino tanto bellino.
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Che pena, quel povero portavoce di Israele che dice: “non ce l’abbiamo con la popolazione di Gaza, ce l’abbiamo con i tunnel”. 
E già, sta parlando dell’eutanasia “aiutata” del popolo palestinese. 
Com’è buono!
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“Le bestie grame non muoiono mai”, com’è vero!
E’ pur vero che “morto un papa se ne fa un altro”, ma vuoi mettere! Un bel funerale con l’epigrafe “ almeno tu non farai più danni”.
Ho visto l’ennesima dichiarazione del capintesta dei demolitori della Costituzione, Napolitano.
A questo ho pensato e questo vi do.

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G.Angelo Billia




venerdì 25 luglio 2014

IDENTIFICARE IL NEMICO: AGIRE PER ABBATTERLO. di G.Angelo Billia

IDENTIFICARE IL NEMICO:
AGIRE PER ABBATTERLO.

di G.Angelo Billia  


Non sono del tutto sicuro che, sulla questione della controriforma costituzionale, i testi, anche critici, che appaiono ad opera di personalità della politica e della cultura, siano sempre digeribili a chi quotidianamente, vuoi per ragioni legate ad assilli contingenti dell’esistenza, vuoi per l’abitudine indotta dai media a ragionare per slogan, ha perso l’attitudine all’approfondimento.
E’ una questione che coinvolge sia chi ha “votato” non votando, sia chi, al contrario, ha votato conferendo una qualche rappresentatività, seppure minoritaria in rapporto alla platea degli aventi diritto, alle forze politiche presenti in parlamento.
Quando le cosiddette riforme riguardano la Costituzione, cioè l’atto fondante della Repubblica, checché ne dicano i vecchi arnesi reazionari vestiti a festa, si tratta sempre di una limatura dei diritti, acquisiti dai cittadini e sanciti nella Carta.

 Per questa ragione sostengo che chi si presta, anche da posizioni critiche a queste modifiche è comunque da condannare, altro che Aventino.
 La Costituzione cessa di essere di tutti nel momento in cui una parte qualsiasi accede alla logica del cambiamento per ragioni di bottega, il resto, cioè le contraddizioni fra chi vuol “cambiare”, sono comunque inserite in questo contesto.
Il tutto diviene evidente se si pone mente alle “ragioni” che imporrebbero questa necessità imprescindibile.

 Si dice: “per garantire la governabilità”; “per dare autorevolezza al paese”; “ per acquisire credibilità internazionale”; fino a giungere alla barzelletta del risparmio economico. 
Ciò che omettono di dire accuratamente è che la Costituzione, nelle parti scomode per la classe dominante non è mai stata applicata e che la governabilità che stanno cercando è una fotocopia del ventennio fascista.

 Infatti quale migliore garanzia di governabilità di quella del partito unico e dell’uomo solo al comando? 
Per concretizzare il progetto che prevede lo smantellamento anche formale, della Costituzione, era necessario raggiungere alcuni obiettivi intermedi.

 Uno di questi era quello di tacitare la parte della magistratura che si ostinava, sia pure con contraddizioni non da poco, a credere e a muoversi nell’ambito dell’indipendenza prevista dalla Costituzione. 
E’ così che il massimo rappresentante dell’operazione “cambiamento”, Napolitano, in merito alla vicenda Mancino sollevava conflitto di attribuzione costituzionale.
Che volete, intervenire sulle numerose missioni di guerra italiane, o in merito al finanziamento pubblico alla scuola privata, ambedue elementi espressamente vietati dalla Carta non se ne parla, ma di rispondere o no ai magistrati impegnati in un’inchiesta sì. 

Insomma, un assaggio del “magistratura stai al posto tuo” che è alla base della prossima riforma della “giustizia”.
L’altro problema preliminare era costituito dalle organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori. Con CISL e UIL non c’era questione, da tempo avevano capito qual era il posto loro assegnato, c’era, invece, qualche residuo problema con la CGIL che da Luciano Lama in poi aveva sì accettato di farsi carico delle “esigenze della produzione”, ma manteneva qualche sacca di resistenza fra chi non aveva ancora ben capito cosa questo significava.

 Ecco, quindi, l’accordo sulla rappresentanza, che ha messo la parola fine ad ogni pericolo d’opposizione reale dei lavoratori.
L’altro fronte, apparentemente di poco conto visto il lavoro svolto in questi decenni per parificare repubblichini e partigiani, era quello dell’ANPI. 

E’ pur vero che i componenti del “partito unico” denominato recentemente PD hanno lavorato alacremente per confinare l’ANPI in una dimensione di pura rappresentanza iconografica. 
Resta il fatto che, pur con pregevoli prese di posizione di alcune realtà locali e di qualche singolo esponente, l’ANPI nazionale ha abdicato senza colpo ferire al dovere di custode della Costituzione che le competerebbe.
L’ultimo punto riguardava il fronte della sinistra molto cosiddetta comunista.

 Qualche posto al sole, la copertura ideologica del “non conti se non hai qualche posto al sole” ed ecco fatto, migliaia di “resistenti” che rincorrono le fole dei loro cadregari con l’aggiunta di qualche decina in lista d’attesa mentre milioni di uomini sono pelati vivi dalla borghesia.
Questa è, per sommi capi, la situazione nell’ambito della quale procede spedito il progetto di snaturamento della repubblica sorta dalla resistenza. 

Lo scopo del tutto è quello di garantire mano libera, senza ingerenze del popolo, nell’opera di spoliazione del paese, di imbarbarimento dei rapporti di produzione, di cancellazione delle libertà democratiche, della consegna del destino di un paese e del suo popolo nelle mani di chi, per il proprio tornaconto di classe ha già dimostrato di non arretrare neppure di fronte a milioni di vittime innocenti.
E’ questa la posta in gioco e fa specie l’apparente indifferenza con la quale buona parte degli eredi della resistenza sembra rassegnata a digerire il ventennio prossimo venturo. 

Mi domando, volendo essere realistico e rifiutando per principio di sentirmi tutore di qualcuno, qual è la soglia necessaria per indurre i più ad abbandonare la politica del coniglio. 
In passato il fioretto intellettuale si è trasformato in arma solo dopo la distruzione fisica del paese, le leggi razziali e qualche milione di morti. 
Oggi la strada imboccata ci riporterà a questo, per quanto appaia inverosimile a molte anime belle e per quanto possano esserne consapevoli o meno anche certi “riformatori”. 
Allora? Tutti sul carro dei vincitori o…

giovedì 24 luglio 2014

Il Rockbus Museum? Eppur nulla si muove!



Il Rockbus Museum? Eppur nulla si muove!

Direttore caro, scrivo perché, penso spesso a come sia calato il silenzio sul destino del Rockbus Museum e come in parallelo cresca la retorica su Cagliari capitale europea della cultura "interconnessa e intefacciata" simbolicamente con il Sulcis Iglesiente.
Mi chiedo se ci sia un reale progetto o solo una visionarietà destinata a inseguire progetti lontani dalla realtà che non saranno mai realizzati.
Ho sempre pensato alla cultura e al suo movimento, come la risultante della capacità di immaginare e di pianificare; come la capacità di dare un anima e di fare dell'anima una identità territoriale.
Questo basterebbe a fare innovazione e creare un sistema dinamico e aperto, fatto di relazioni e interconnessioni, il Rockbus Museum è stato nella sua spontaneità questo.
Da qualche mese, le reali discussioni, su cosa debba o possa essere una capitale europea della cultura, sembrano essere state annientate dalla propaganda nel nome del "sostieni la candidatura della tua città", ma perché lo si dovrebbe fare?
Chi lo dovrebbe fare se non gli artisti, le storie e la memoria che animano comunità e territorio?
Nell'isola, come in Italia negli ultimi quarant'anni, gli artisti e gli intellettuali. sembra abbiano rinunciato al proprio ruolo e alla propria funzione sociale, ritirati nel proprio particolare o corrotti nel nome del bipolarismo politico.
Questo ha allontanato gli artisti, il loro lavoro e la cultura dalle comunità.
Artisti e intellettuali sembrano essere disprezzati o peggio "usati" come ornamento per qualche partito, giardino, scenografia o salotto televisivo.
Non che non esista la classica e storica figura dell'artista di movimento bastian contrario, ma oggi come non mai sembra essere omesso, marginalizzato e forse osteggiato.
Non è un peccato?
Non costituirebbe una risorsa in tempo di crisi come questo?
Con la cultura e con l'arte si può mangiare e con l'economia e con il mercato come valore assoluto che si resta a digiuno di storia, memoria e identità.
Eppure quella del Rockbus Museum è stata una storia di crisi, di lotta e di cultura, dove cultura artistica e lotta di classe si sono ingegnate per trovare una inedita soluzione a un problema economico globale che appariva insormontabile, il tutto semplicemente passando per una connessione di reti ed idee, si è, da un presidio fatto bus, progettato presente e futuro, si è prodotta nuova conoscenza, perché rifiutare tutto questo percorso di lotta di classe e di classe creativa?
Il Rockbus Museum è stato in quattro anni di lotta, un bene comune radicato in una storia e in una cultura territoriale.
Gli ex operai e gli artisti hanno creduto che attraverso quel luogo, la bellezza delle relazioni passanti per i linguaggi dell'arte, potessero contribuire a salvare l'isola dall'analfabetismo di ritorno verso le dinamiche economiche dei mercati globali e anche verso le sue produzioni artistiche contemporanee.
Gli ex operai e gli artisti, che hanno sostenuto l'idea di farsi media e propaganda di un conflitto economico in tempi di crisi, ancora ci credono.
Ma la realtà è che il Rockbus di giorno in giorno si sta degradando, forse per salvarlo come simbolo e ridargli la gioia dell'interconnessione dei linguaggi dell'arte, non resta più molto tempo.
Quella degli ex operai Rockwool è stata l'unica vertenza a risolversi positivamente in questo tempo di crisi economica e culturale nell'isola, abbandonare il Rockbus simbolo di tutto questo al degrado e all'incuria non fa onore a nessuno, specie a chi, interconnesso e interfacciato, ciarla di fare di tutti "i punti di debolezza dell'isola dei punti di forza".

Basta! di Angelo Billia

UN GIORNO QUALUNQUE
Il Re, indignato per i rigurgiti d’autonomia del Parlamento, s’appresta a volgere lo sguardo benevolo sul capo del governo, annunciato su una mietitrebbia nell’agro romano.
Gli altoparlanti, opportunamente miniaturizzati e collocati nelle abitazioni in omaggio ai tempi moderni, ingannano l’attesa trasmettendo le elaborate veline del nuovo Minculpop mentre, in sottofondo, s’avvertono le note di “Faccetta nera” e “Viva il Re” trasmesse contemporaneamente (Un consulente della RAI-Istituto luce esperto in messaggi subliminali ha consigliato questa procedura).
Finalmente, dopo tanta attesa Lui appare, ma non è sulla mietitrebbia, sta salendo la scaletta dell’aereo della presidenza del consiglio per salutare la donna che “ha” salvato dall’integralismo islamico. 

Il Re ha i lucciconi mentre guarda con espressione paterna la sua creatura, ricordando ai pochi presenti lo sguardo affettuoso del padre del trota mentre festeggia la laurea del figlio.
L’aumento della sovrapposizione delle canzoni dei bei tempi andati, fa da contrappunto ai balbettii del gerarca incaricato di dire qualcosa mentre giungono alla rinfusa le troupe dirottate dall’agro romano. Non una parola sulla mietitrebbia mancata e, ci mancherebbe, neppure un fiato sulla baruffa indecorosa fra Lui e Bergoglio.

 Il solito bene informato, dietro lauto compenso e sotto vincolo del segreto accetta di svelare l’arcano. Il gerarca al quale era stato affidato il compito di combinare con la mietitrebbia, digiuno com’è delle cose concernenti il lavoro, ha scoperto all’ultimo momento che la mietitura c’è già stata. 
Quanto alla crisi Stato-Chiesa, stando al racconto sembra sia stata scatenata dal desiderio di R d’essere ripreso accanto ad alcuni lebbrosi mentre accarezza qualche bimbo. 
“Inaccettabile ingerenza dello Stato”.
 Sembra sia il commento della santa sede.
Mentre scorrono questi avvenimenti, un nutrito gruppo di gerarchi, fra i quali spiccano molti podestà, se le danno di santa ragione per stabilire chi fra di loro ha acquisito più meriti per accedere alla promozione regionale. 

E’ pur vero che qualcuno di questi ha il pensiero altrove, tant’è che, mentre recita il mantra “lavoro ai giovani, lavoro ai… pensa con timore e rammarico ai colleghi i quali, facendo incetta dell’oro alla patria sono stati scoperti con le tasche gonfie. 
Alla fine se ne fa una ragione, sapendo che anche quel po’ di magistratura inconsapevole del ruolo assegnatole, verrà ridotta in spazzatura dalle controriforme patrocinate dal Re e attuate da Lui e dal partito unico.

BASTA!

Scuola gestita dall’ONU colpita da cannoneggiamento di carri armati israeliani nella striscia di Gaza. Decine di morti e feriti.

 Ecco, adesso essendo impossibile sostenere la balla degli scudi umani, i macellai diranno che si tratta di danni collaterali. 
Tutto “comprensibile” e tutto “scusabile”.
Mille e più sono le parole che vengono alla bocca, ma non servono a nulla contro i macellai e i governi, come quello italiano, che li coprono. 

Invito, da subito, a preparare una calda accoglienza agli espositori israeliani dell’esposizione di Milano. 
La presenza di Israele a questa manifestazione, è un insulto per un paese sorto dalla resistenza al nazifascismo.
 Il sionismo è nostro nemico, i suoi complici lo sono alla pari. 
Finiamola con la barzelletta dell’equidistanza, siano i popoli a preparare la Norimberga di questi nemici dell’umanità. 
Quando un popolo è soggetto a genocidio i popoli degni di questo nome sono in guerra al suo fianco. Questa è la lezione della storia e nessuno finga di non capire.
Quanto agli amici “ragionevolmente” filo israeliani, attenzione a non passare il segno perché è questa la situazione. 

Non nascondetevi dietro la religione, avete perso il diritto di farlo.

mercoledì 23 luglio 2014

Scudi umani di G Angelo Billia.

Scudi umani di G Angelo Billia.

 1 - 
UNO SFOGO, MA NON TROPPO.
Ho davanti agli occhi la foto di un bimbo con le gambe passate nel tritacarne delle bombe israeliane. Non mi sento di postarla e quindi vado oltre, non senza aver lasciato gran parte del cuore lì, sul povero corpicino.
Per “farmene una ragione” lascio vagare il cervello e no, non riesco a scacciare l’odio profondo, incontenibile, che fa fibrillare ogni singola parte del mio essere. Allora penso al popolo innocente, non solo a quello palestinese, è ovvio, penso invece a noi, italiani disponibili alla lacrimuccia di circostanza, valida sino all’angolo provvidenziale.

 Gente rotta a tutte le commozioni, che non esita a definire innovatore e progressista il primo mascalzone potente che grida contro la guerra “dimenticando” di puntare il dito contro i responsabili.
Come si dice il Liguria, il mugugno è libero, ma, posso dire? Fa un po’ schifo se non trova riscontro nei fatti. 

Penso a cose minute, talmente insignificanti che non varrebbe la pena di parlarne, ad esempio, a quelli che, ponendo le mani su un prodotto israeliano in un supermercato, dimentichi del pezzo di bomba fornito con l’acquisto, lo mettono nel carrello.
 Penso a quelli che pendono dalle Labbra dei “simpatici” Renzi e Napolitano, senza chiedere loro conto dell’alleanza complice col boia d’Israele e a quelli che, se interpellati, rispondono va beh, ma non si può far niente.
Penso a quelli che hanno alzato, giustamente, la loro voce contro il razzismo antisemita e poi tacciono sul genocidio del popolo palestinese. 

Rilevo a questo proposito, una miscela nauseante di sensi di colpa, opportunismi, cautele, che sconfinano spesso con la complicità. 
E’ comprensibile quella che viene dai rappresentanti politici del capitalismo e della chiesa, sono gli eredi di ciò che ha reso possibile l’olocausto, ma non lo è quando questa miscela è presente in settori consistenti delle masse lavoratrici e popolari.
Lo so, la maggior parte di noi ha le sue gatte da pelare, guai però, a permetter loro di chiudere la porta della solidarietà attiva, perché è l’unica che lascia aperta una prospettiva di riscatto realistica per tutti.
La guerra trova sempre la sua origine nella volontà di dominio dell’imperialismo e fa parte integrante della sua natura, quindi chi dichiara di essere contro la guerra senza denunciarne la causa, o partendo da presupposti di “equidistanza”, non pianga i caduti, neanche se sono bambini, perché la colpa di ciò che accade è anche sua.
p.s.
Conosco bene le cause profonde di quanto denuncio, ma non mi sento di dare alibi a nessuno, compreso me stesso.


2- Scudi umani.

Non sono amico del gruppo dirigente di Hamas, nè tantomeno lo sono di quello del FPLP, per la semplice ragione che considero comunque questi gruppi dirigenti privilegiati rispetto al popolo palestinese. 
Chiarito il punto, mi tocco per vedere se ci sono quando leggo prese di posizione e commenti che sono tratti pari, pari, dalla propaganda di guerra sionista.
I punti "omessi" in queste "verità" la dicono lunga sulla natura di "liberi pensatori" degli autori:

1) Lo Stato chiamato Israele è una creatura politico militare di chi ha trasformato la Palestina scacciandone militarmente gli abitanti, costringendoli in settori di territorio sempre più piccoli e per giunta in assenza di propria sovranità

2) Le ricchezze della Palestina continuano a passare di mano, in un crescendo canagliesco degno di un'associazione a delinquere internazionale. 

3) Attribuire ai tunnel e ai missili di Gaza la responsabilità dei bombardamenti israeliani equivale ad affermare il diritto di vita e di morte del rapinatore sulla vittima. 

4) Omettere che da generazioni centinaia di migliaia di palestinesi nascono, vivono e muoiono in campi profughi a causa dell'occupazione delle loro case da parte della "razza eletta" equivale al silenzio di tanto occidente sulla fu politica d'apartheid sudafricana.

 Potrei continuare, ma mi fermo qui perchè so che contro la propaganda gli argomenti hanno poca presa perchè vengono distorti o ignorati. 
Un unico commento: gli scudi umani di Hamas inventati da Israele per giustificare l'ennesima tappa di un genocidio, sono una bazzecola in confronto agli scudi umani piazzati da Israele in giro per il mondo per coprire il lavoro dei macellai

Restituire al turismo i centri storici italiani - Fabrizio Marcelli



Nella situazione attuale è fondamentale sviluppare il più possibile il turismo, e non mi riferisco di certo solo quello balneare.
L'Italia ha un patrimonio storico-culturale ineguagliabile; succede però sempre più spesso di trovare in zone di pregio (centri storici o zone di pregio paesaggistico) edifici storici (privati, ma spesso anche pubblici) abbandonati, in condizioni di degrado o semplicemente inutilizzati. 
La valorizzazione dei nostri "Centri storici", molti dei quali potenzialmente bellissimi ma totalmente sconosciuti o ignorati dagli operatori turistici, non può prescindere dalla sistemazione di questi manufatti che, a volte, sono delle autentiche "opere d'arte".
Poichè tali zone vanno considerate di interesse per la collettività (turismo, decoro pubblico, sicurezza), proporrei che, in tali situazioni, ai possessori di tali edifici possa essere anzitutto intimata la sistemazione degli stessi; in mancanza si possano analizzare diverse situazioni da applicare in maniera opportuna a seconda dei singoli casi. 
Si potrebbe passare da un "aiuto" nella ristrutturazione (soprattutto in caso di anziani non abbienti che certifichino un valore affettivo della proprietà) da compensare magari con una parte dello stesso valore del bene (lasciato magari comunque nella nuda proprietà), fino a poter addirittura prevedere un esproprio, assolutamente però remunerato ad un equo prezzo di mercato).
Per l'utilizzo andrebbe chiaramente ritenuto prioritario l'eventuale interesse per la collettività (alberghi diffusi, impieghi culturali o ricreativi, etc.), in mancanza del quale potrebbero essere invece messi all'asta con l'obbligo però del recupero strutturale ed estetico da parte dell'acquirente.
Un'attenzione va data inoltre, in tali zone, come avviene all'estero, anche ai giardini che "devono" essere curati e decorosi (in mancanza i comuni dovrebbero farsene carico rigirando poi ai proprietari i costi, caricandoli ad esempio nell'imposta sui rifiuti). In questo modo i centri storici potrebbero rifiorire e con essi il turismo che potrebbe così raggiungere dei centri al momento al di fuori dai percorsi più tradizionali. 
Inoltre, recuperando degli edifici inutilizzati, si potrebbe arginare uno dei cancri dei nostri giorni "la cementificazione" e far "crescere" le nostre città a "Consumo di suolo Zero"! .


Fabrizio Marcelli

giovedì 17 luglio 2014

Se l'artista non propone più linguaggi nuovi è perché non riesce a farlo – dialogo con Demetrio Paparoni



Se l'artista non propone più linguaggi nuovi è perché non riesce a farlo – dialogo con Demetrio Paparoni

"Ma attenzione nel contempo a non assumere posizioni disfattiste: il ruolo dell'arte nella società attuale rimane fondamentale. Dopo di che ci mette del suo, a volte va bene, a volte va male, ma la vera scommessa è sui tempi lunghi".Demetrio Paparoni

Abbiamo incontrato e dialogato con Demetrio Paparoni su come stia mutando il sistema dell'arte, ma sta mutando sul serio? 
Mimmo Di Caterino:
 Pensi che il sistema dell'arte stia cambiando rispetto al secolo scorso?
Demetrio Paparoni:
Personalmente ho la sensazione che non di sistema si tratti, ma di gruppi di persone che, per motivi doversi, decidono di sostenere determinati artisti. Chi conosce le regole del mercato e della propaganda le usa con grande disinvoltura. Tutto qui. Diversamente non si spiegherebbero le quotazioni d'asta che certi giovani artisti raggiungono in brevissimo tempo. L'idea che esiste un "sistema" non implica che ci troviamo dinanzi a valori condivisi.



Mimmo Di Caterino:
Qualche esempio?
Demetrio Paparoni:
Oggi tutti concordiamo nel dire che Picasso, Matisse, Pollock e Bacon – giusto per portare qualche esempio – sono dei giganti della Storia dell'Arte. 
Questo vuol dire che c'è un "sistema" che consacra la presenza di questi artisti nella Storia. 
Cioè: nel caso di questi artisti il "sistema" esiste. 
Quando però si parla di Hirst o di Koons, che sono famosi come i Rolling Stones, non tutti sono d'accordo nell'attribuire loro la palma di grandi artisti. 
Non voglio qui entrare nel merito del loro lavoro. 
Voglio arrivare altrove. 
Facciamo un passo indietro: quando negli anni Cinquanta Clement Greenberg sosteneva che Pollock ha sviluppato idee picassiane e "le ha fatte parlare con un'eloquenza e un'enfasi che Picasso stesso non si sognava neppure di poter dar loro" lasciava intendere che quella era un'opinione condivisa. 
Allora non era il sistema dell'arte a sostenere la grandezza di Pollock, quanto un gruppo di collezionisti, mercanti e finanzieri americani che potevano segretamente contare anche su una parte dei soldi del Piano Marhall per promuovere determinati artisti. Contestualmente le stesse persone che sostenevano Pollock e l'Espressionismo astratto conferivano un ruolo marginale a Edward Hopper. 
Ma se chi ha sostenuto Pollock avesse avuto ragione, oggi Hopper non dovrebbe essere riconosciuto come un grande pittore.
 Certamente dietro queste diatribe si nascondevano interessi politici ed economici, ma non è questo che voglio rimarcare. 
Sull'argomento rimando al mio ultimo libro. 
Quello che voglio rimarcare rispondendo alla sua domanda è che chi manovra le macchine propagandistiche tende a nascondere il suo volto. 
In conclusione: finiamo spesso per chiamare (ingenuamente) "sistema dell'Arte" un gruppo ristretto di persone che manovrano una strategia propagandistica. 
Che poi in tutto questo Pollock sia oggi accettato come un grande artista conta poco, come conta poco che Antoni Tapies, volutamente ignorato da Greenberg negli anni Cinquanta proprio per la sua grandezza, sia riconosciuto anch'egli come un gigante dell'arte del secondo Novecento. 
Ovviamente evito qui di cadere nella trappola di stilare una lista dei migliori.
Mimmo Di Caterino:
Il secolo scorso, è stato il secolo che dal dopoguerra in poi ha visto nel sistema dell'arte determinarsi una figura di artista professionista che necessitava forza maggiore di uno o più intermediari (gallerista, critico, curatore, mercante, politico...), questo è avvenuto e avviene nel nome di una espansione del mercato della specializzazione, tutto questo ha ancora un senso o nell'epoca del web 2.0?
 Il vero intermediario tra l'artista e il suo potenziale pubblico o consumatore, lo  possiamo considerare il media integrato?
Demetrio Paparoni:

Oggi a determinare il successo dell'arte è la nuova finanza internazionale e la sua ideologia.
Questo non vuol dire che la nuova finanza promuove cattivi artisti: la prima cosa che chi investe soldi su qualcuno verifica è se sta facendo la scelta giusta e quanto rischia.
Mimmo Di Caterino:

Questo terzo millennio, potrebbe essersi già aperto all'insegna del recupero del linguaggio dell'arte e del senso che a questo attribuivano le avanguardie storiche? Stiamo assistendo a una rinegoziazione da parte dell'arte dei confini tra processo e prodotto artistico? Se questo è vero gli "addetti ai lavori" quanto sono responsabili nel non avere colto l'incredibile cambiamento storico, sociale, politico, economico e culturale in atto?


Demetrio Paparoni:
Se l'artista non propone più linguaggi nuovi è perché non riesce a farlo. 
Se elabora il linguaggio delle avanguardie del Novecento non è per scelta, ma perché non riesce a trovare soluzioni formali capaci di generare un vera svolta.
L'idea che l'arte debba essere in grado di dar vita a una svolta appartiene alle avanguardie, oggi giusto un ingenuo può definirsi con convinzione "artista d'avanguardia". 
Personalmente non conosco un solo artista che possa oggi definirsi "d'avanguardia". Tu ne conosci qualcuno? 
Una volta l'artista anticipava le svolte della società, oggi questo non accade. 
La grande rivoluzione dei nostri tempi è stata la Rivoluzione telematica, che è estranea all'arte. 
È stata la Rivoluzione telematica che ha svecchiato il linguaggio, non è stata l'arte delle nuove generazioni. 
Sull'argomento rimando al mio libro "L'arte contemporanea e il suo metodo". 
L'arte non è più in grado di immaginare il futuro, cosa che invece riescono a fare sempre meglio la scienza e la tecnologia. 






mercoledì 16 luglio 2014

Dr Drer e Crc Posse, il 15 Luglio per il comitato Gettiamo le basi.


De su comitau GETTIAMO LE BASI:
15 luglio SIT-IN mensile Cagliari, ore 10, Piazza Carmine fronte sede Rappresentanza del Governo
Processo Quirra: un passo avanti e due indietro, valium e champagne.
Riuscirà la montagna a partorire il topo?
Venerdì 11 luglio. La stampa dà notizia del balzo di carriera del giudice udienze preliminari Nicola Clivio, dal tribunale di Lanusei passa al prestigioso CSM.
Lo stesso giorno il giudice si decide a decidere di mettere fine alla fase udienze preliminari che ha protratto per due anni, lungaggine da record.
Il neopromosso con due rapide risoluzioni compie la quadratura del cerchio, offre a tutti un contentino o contentone, valium o champagne.
1) Il non luogo a procedere per 12 indagati (un tenente, un sindaco, 3 alti gradi della commissione Difesa, 4 docenti dell'università di Siena, uno di Cagliari, 2 periti SGS, colosso dell'impero Finmeccanica Fiat) , affossa il complessivo impianto accusatorio del pm Fiordalisi, sancisce la bontà della "scienza di Stato" che dal 2002 riesce a non trovare traccia di contaminazione nel poligono della morte, a non vedere morti, malati, alterazioni genetiche.
La verità della scienza di Stato è garantita dal perito Mariani scelto dal gup Clivio per l'ennesima indagine inutile e sballata in partenza, come rimarcano i periti delle parti civili e il pm Fiordalisi.

2) Il rinvio a giudizio degli otto comandanti del poligono avvicendatisi dal 2002 al 2012 finalmente tronca la prassi dell'impunità goduta dalle Forze Armate, rompe la trincea della segretezza garante della loro irresponsabilità, concede un balenio al sogno che giustizia potrà essere fatta, seda l'indignazione dell'opinione pubblica.
L'Avvocatura di Stato preannuncia che il capo d'accusa contro i generali sarà fortemente ridimensionato, per male che vada sarà un processo per omissione di recinzione e cartelli di divieto d'accesso.
La montagna partorirà il topo?
 Il processo, conquistato con la lotta popolare senza tregua lunga 14 anni, nasce monco e sterilizzato sotto la mannaia della prescrizione.
 Il decreto 91 dello scorso 24 giugno, ribattezzato anche nella penisola "decreto salva Quirra, salva inquinatori, in discussione in questi giorni al Senato, cancella per legge la contaminazione aumentando vertiginosamente i valori soglia delle sostanze tossiche e nocive.
I 130 kmq sottoposti da oltre mezzo secolo a schiavitù militare saranno interdetti per sempre alle tradizionali attività agropastorali e turistiche.
Impedire l'avverarsi della previsione è necessario e possibile, è compito individuale e collettivo da assumere adesso e subito.
Alcune azioni hanno carattere d'urgenza: intensificare la pressione su Senato e Governo contro il decreto salva Quirra; mobilitazione per la costituzione di parte civile, non solo delle persone colpite dalla "sindrome di Quirra", ma anche di tutti i potenziali esposti ai veleni del poligono, turisti occasionali compresi, e soprattutto di tutti i sardi (persone, famiglie, istituzioni, comitati ecc ) in quanto titolari del diritto garantito dalla Costituzione di vivere in un ambiente salubre.
Un pool degli avvocati di parte civile sta preparando la modulistica necessaria da presentare entro il 23 settembre. Trascineremo l'Italia davanti ai tribunali internazionali per rispondere dei crimini contro il popolo sardo.
Comitato Gettiamo le Basi, tel 3467059885; Comitato Amparu (Teulada) 3497851259;
Famiglie militari uccisi da tumore, tel 3341421838; Comitato Su Sentidu (Decimo) 3334839824




T.A.M. Cagliari nr.23 # Massimo Pastore - "As you like it".

T.A.M. Cagliari nr.23 # Massimo Pastore - "As you like it".


lunedì 14 luglio 2014

Io, tu Mogol e la crisi dei linguaggi dell'arte nell'isola.


Il termine STORICO e il termine RICCHEZZA, possiamo ragionarci intorno per anni, ma nell'isola non possono avere lo stesso valore che hanno in continente e lo dico da emigrato (o esiliato) nell'isola.

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«Stiamo organizzando, inoltre, la promozione del brano anche sui social network. Vogliamo che i turisti portino questa canzone nel cuore e la riportino a casa, per poi tornare a visitarci», ha sottolineato l’assessore regionale al Turismo Francesco Morandi: «Per noi questo è uno straordinario spot per la promozione turistica»
Massimo Deiana, assessore regionale ai Trasporti, e Claudia Firino, assessore regionale alla Cultura della Regione Sardegna.
Sempre per ragionare sui linguaggi dell'arte nell'isola che vivo e dove risiedo, ho ascoltato oggi un brano che vi lascio presentare direttamente per voce dell'autore, Mogol:
«È la canzone dell’accoglienza. Questa canzone è nata da un dispiacere. Ero preoccupato dalle tante brutte notizie che sentivo sulla crisi dell’economia sarda. Mi ha colpito in modo particolare il gran numero di disoccupati, e mi sono chiesto cosa potessi fare per la Sardegna. Ben poco, ma io scrivo canzoni e così ho chiamato i Tazenda. Abbiamo pensato a una canzone festosa, una cartolina amorosa che deve accogliere chi arriva qui».
Al solito delle mie riflessioni sui linguaggi dell'arte dell'isola e i loro rapporti con le istituzioni; ne parlo direttamente con gli artisti che animano la terra e la comunità sarda, uno è Quilo-Su Komandanti dei Sa razza, riferimento storico e culturale imprescindibile per i sogni disobbedienti e localizzati della mia generazione, l'altro è Pietro Mereu, artista "disoccupato in affitto", coinvolto nel progetto con un documentario che vede coinvolto lo stesso Mogol.
Mimmo:
Mi sembra, che le istituzioni politiche sarde, stiano concependo l'idea di arte e cultura nell'isola come un grande villaggio turistico, con gli indigeni locali ridotti a proporre una immagine della loro cultura folklorica e incontaminata, rivolta al migliore offerente. 
Penso a passaggi testuali come: "Sardinia Sardinia più sole nel cuore....., resta così, così per noi, gente che viene e va in cerca della sua libertà",  poi ci si meraviglia che questa terra venga percepita dai coontinentali solo come un luogo per la villeggiatura.
Sinceramente non comprendo, come mai le istituzioni sarde e i mezzi di comunicazione di massa, siano li ad acclamare il regalo dell'artista extraisolano e quotidianamente ignorano e omettono il serio lavoro che gli artisti che vivono e raccontano realmente l'isola, sono corresponsabili del processo di omissione culturale degli artisti locali anche in continente, il tutto al solito, tra il silenzio critico generale.
Eppure Komandanti, qualche artista isolano, come Pietro Mereu, ha provato, relazionandosi direttamente a Mogol, a fargli comprendere la complessità della cultura con la quale andava a confrontarsi, ma mi sa che davanti al luogo comune che vuole l'isola in una certa maniera c'è poco da fare..

Quilo/Su Komandanti:
La canzone sarà diffusa nei porti e aeroporti isolani, ma anche nei ristoranti, alberghi e stabilimenti balneari.  Nello sfondo vedo questo: La Banalità dell'isola infelice che potrebbe essere felice e quindi perchè non cantarci l'inno d'autore?  Lo regala capite ? Gratis ! 
Andando oltre,  quel che dice Mogol non mi interessa, è uno che la Sardegna non la conosce affatto, non la vive se non per farsi qualche giorno di vacanza, con qualche soldino, per carità magari pure meritato  della SIAE ( società italiana privata che ha di fatto Monopolizzato i diritti degli autori). 
Quello che sconvolge è il nostro NON-POPOLO che si fa POPOLO solo quando qualcuno dice che ci "inculiamo le capre" o quando ci fanno qualche regalia ( perline ); siamo POPOLO quando 1500 persone si ritrovano a Cagliari davanti ad un mega schermo a tifare ITALIA ITALIA, ma non siamo popolo, quando in piazza ci dovremmo scendere davvero per i nostri diritti. 
Siamo POPOLO quando ci dicono " ma che bel mare che avete...e bla bla bla ".
Questa è di fatto, la canzone del NON POPOLO, anzi del POP-olo che si emoziona, si bea in quello stupido orgoglio che chiamano poi Sardità,  per poi dire che siamo i MIGLIORI ITALIANI, ancora all'infinito per fregiarci dei morti in guerra "la sardegna ha dato il suo contributo di sangue" ( ne vanno fieri );  cazzate, di non senso, di ignoranza storica, banalità da spiaggia.
Meno male che questa HIT è arrivata proprio in tempo per la Stagione Turistica, Agosto.
Perché in Sardegna il turismo si sta riducendo a 15 giorni ad Agosto, questa è la vergogna altro che isole Hawai e Polinesia! 
Non manca una canzone, manca una strategia vera che possa farci decollare e far vivere ai nostri ospiti la Sardegna che c'è e che respira tra le sue sagre, i suoi Carnevali, i suoi tesori archeologici, le sue coste bellissime, la sua Gente, il suo POPOLO. 
Direi a Mogol: grazie del tuo Regalo ma questa è Sardegna non l'isola colonica tropicale.

Pietro Mereu:
Mimmo io ho conosciuto Mogol, lui mi ha chiesto se volessi utilizzare la sua canzone come colonna sonora e io ho accettato. 
Nel bene e nel male chi sono io per rifiutare una canzone scritta da Mogol?
Sopratutto se serve a dare più spinta ad un documentario che dovrebbe raccogliere fondi per gli alluvionati, il sito è www.noinonmolliamo.com.
Mimmo:
Pietro, capisco il tuo posizionamento e il tuo atteggiamento ludico e situazionista, è encomiabile, punto il dito, con la complicità di Quilo, contro le istituzioni che sembra prendano le distanze dai propri artisti per un atteggiamento provinciale che parte dall'interno, ma forse mi sbaglio...
Pietro Mereu:
Vedi, possiamo discutere dieci ore su cosa sia la qualità, i luoghi comuni, e l'intrattenimento. 
Mogol scrive musica popolare, ama la nostra terra e se questo fa del bene all'economia bene venga. 
Credo che la gente sappia fare distinzione tra vari generi musicali e differenti livelli qualitativi.
Io se Dio vuole, distribuirò grazie a Distribuzione Indipendente il documentario in tutta Italia per raccogliere i fondi necessari. 
Se le istituzioni sarde mi aiuteranno bene, altrimenti li cercherò altrove.
Molte canzonette hanno testi imbarazzanti, ma restano in testa ed è più difficile trovare l'alchimia per un pezzo commerciale e che venda, piuttosto che un pezzo pesante e impegnato. 
Mogol nel bene e nel male ha una sua storia, e il mio documentario devo dire calza perfettamente con la canzone, ognuno poi dia la sua chiave di lettura.
Quilo/Su Komandanti:
Che Mogol abbia la sua storia nessuno lo nega; ha una certa storia anche sulle vagonate di soldi che pinnicca dalla Mamma SIAE, monopolio privato di stato atto all'estorsione; questa canzoncina che è quel che è, resta la pseudo hit del NON -popolo; una sorta di "solemarespiaggiacazzobelloquestoposto".
QUESTA è la mia chiave di lettura ovviamente, chiave di lettura di uno-io ( lo zero, il nessuno ),  che da circa 23 anni qualche rima su questa terra l'ha fatta e nella mia di lingua, e quando sento questi pezzi,  allora pecco di umiltà e millanto il mio credito.
Credo che in questo caso, sia giusto parlare di trovata commerciale che funziona pure magari ( ne dubito, è molto meno commerciale di quanto sembri ) ; i turisti anzi i nostri ospiti porteranno nel cuore le nostre sagre, la nostra gente, i nostri carnevali, la nostra lingua, i nostri Tenores, i nostri canti ed i nostri balli e porteranno anche i nostri DRAMMI che sono molti; si porteranno dentro quello che siamo noi,  e non questa che resta per me una canzone penosa, poi che dire?  Pompiamola negli steeeerei a totu bidda...
Mimmo:
La riflessione che farei, caro Pietro, io è programmatica.
Mogol sarà anche un pezzo di storia, ma a chi parla? 
A chi è rivolto un pezzo così? 
Non certamente a chi ha meno di quarant'anni, questo è il punto, inseguire il mercato, sul suo terreno, ancora oggi, non so quanto effettivamente paghi e sia redditizio, ma comprendo e apprezzo il tuo ragionamento.
Sposterei però l'analisi (concordando con Quilo) su un tavolo di ragionamento economico.
Il target di riferimento è quello di una industria culturale che ama l'isola come terra vacanziera (il testo lo dimostra in ogni suo passaggio) e si strizza l'occhio a una cultura economica borghese e arroccata nei suoi privilegi vecchia, anziana, anche anagraficamente, in altre parole si cerca un aiuto, ma non c'è nessuna idea di reale sviluppo autoctono, questo mi agita, a molti sfugge quanto indipendentismo e autonomia passi per l'industria culturale e come un prodotto locale non sia solo quello dei pastori sardi, ma anche quello degli artisti sardi, quello va esportato e veicolato "politicamente" dalle istituzioni che su delega rappresentano.
Una cultura dell'autonomia, passa anche per una autonomia culturale, che al momento non c'è, l'isola appare depredata della sua identità, incapace di raccoglierla al passo col tempo e per delega istituzionale.
Si raccolgono i doni di un anziano e stanco Mogol, e tutto questo lo si vorrebbe etichettare come speranza nel futuro; "culturalmente" tutto questo è la negazione del futuro, ma ripeto il ragionamento di Pietro lo capisco, solo che io mi fermo (per deformazione professionale) molto sui significati delle cose e delle parole.