lunedì 26 novembre 2012

I LINGUAGGI DELL'ARTE: Formalizzazione di una etica del bisogno

I LINGUAGGI DELL'ARTE: Formalizzazione di una etica del bisogno

Evitiamo un poco di luoghi comuni, l'arte non è democratica mai dal punto di vista dell'artista, non esistono idee espositive libere e democratiche, si può però cominciare a ragionare in termini di reti affettivo simboliche e partecipate, eludendo così i meccanismi clientelari e di rappresentanza fatti di critici, curatori, direttori, mercanti e collezionisti, eludendo quei pochi intimi che seduti a tavolino ragionano per te su cosa è e cosa non è arte.
Superiamo l'idea del valore assoluto di Damien Hirst e Maurizio Cattelan, superiamo il mito di Vincent Van Gogh figlio di un corto circuito finanziario e simbolico, distinguiamo tra valore commerciale e valore artistico affettivo, simbolico e comunitario.
Non tutti lo sanno ma negli Stati Uniti di Obama, artisti senza mediazione alcuna, hanno sottoscritto un appello al Congresso per rivendicare il diritto di essere riconosciuti come parte attiva e integrante del sistema sociosanitario.
 L'arte difatti è ricerca di un linguaggio e un linguaggio è utile a scopo terapeutico, educativo e espressivo.
La ricerca e la formalizzazione di un linguaggio consente di elaborare e produrre una estetica del bisogno.
 Nuove generazioni di artisti e specialisti di ricerca didattica dell'arte dovranno cominciare a produrre laboratori in grado di formalizzare cognitivamente non solo estetica, ma un etica del bisogno.
Quanto in laboratori artistici e accademici si riflette in Italia sulla capacità delle immagini di creare un dialogo socratico con lo studente e i suoi bisogni o con il malato e la sua malattia?
In un laboratorio di ricerca artistica di un linguaggio non deve esistere gerarchia tra i suoi attori sociali, ma partecipazione e condivisione; il ricercatore didattico dell'arte o l'artista si deve autodeterminare e riconfigurare in un nuovo modello laboratoriale che gli consenta di camminare con il sociale sciogliendo nodi.
Il sistema di un laboratorio di formazione e in-formazione necessita di professionisti in grado di dialogare con testimonianze e speranze, l'artista è quel curatore del laboratorio che entra in dialogo comunitario attraverso il linguaggio dell'arte, forte del fatto che non esistono realtà indipendenti da interpretazioni diverse, niente è vero e oggettivo nei linguaggi dell'arte, questo consente ai linguaggi dell'arte di costituire una fonte di emancipazione, certo è difficile fare comprendere che attraverso l'idea del vero assoluto si determinano possibili dominii e violenze, ma questa è la verità da conquistare e accettare.
Oggettivo è che le immagini attivino sensazioni, emozioni, sentimenti, associazioni mentali, immaginazioni, fantasie, attribuzioni di senso, elaborazioni di senso, interpretazioni e sollecitazioni della creatività, espressioni di sé, apprendimento e orientamento attitudinale, problem solving, riduzione della sofferenza psichica e fisica e regolano anche il tono dell'umore, quello per immagini laboratoriali è un nuovo apprendimento, immediato e imporovviso, il processo diventa prodotto e il prodotto diventa processo simbolico di ricerca di conoscenza.
Per inciso in Finlandia è stata già prevista una formazione specifica per creare un linguaggio comune tra arte e sanità che prevede l'utilizzo dell'arte per risvegliare capacità cognitive e di benessere, l'assunto è che attivare la ricerca di un linguaggio artistico vuole dire incentivare voracità, famelicità e irrazionalità.

domenica 25 novembre 2012

L'arte sonda e non sondaggia

L'arte cerca di sondare quali sono le leggi che ci regolano, lo fa mediante appunti, osservazioni, esperimenti e comportamenti.
La conoscenza di un artista e del suo linguaggio ci rende sempre un poco più liberi, ci sottrae da paure irrazionali, dal terrore che i nostri antenati provavano davanti l'inusuale che raffiguravano e configuravano.
La curiosità e la ricerca del segno ci ha portato a deci
frare i linguaggi dell'arte trasversali a tutto. La conoscenza diretta degli artisti e dei loro linguaggi permette di tendere alla libertà, non conoscere la struttura e l'identità di un linguaggio artistico e l'incapacità d'individuare il proprio vuole dire impedirne la comprensione e la diffusione, vuole dire indurre ignoranza per manovrare e assoggettare meglio.
Questo sentimento anti diffusivo della grammatica dei linguaggi artistici è presente negli stessi artisti professionisti, si sentono Dio come si sentiva e dichiarava di sentirsi Picasso, ma un Dio padre dovrebbe fare scuola e legittimare i figli che fanno meglio di lui, dovrebbe fare riflettere sulla struttura del suo linguaggio prima che sulla forma legittimata dal mercato.
Ciascuno di noi, è in sostanza, suo malgrado, un prodotto dell'evoluzione di un linguaggio artistico, un prodotto che ha sviluppato capacità di percepirlo e osservarlo. Le leggi ottiche sono in realtà le stesse in tutto il globo e anche le emotivo-simboliche.
L'ignoranza sulla struttura di un processo artistico fa sì che molti si facciano guidare dal mercato o credano a farneticanti galleristi e c
uratori nel determinare il loro investimento. L'ignoranza è il vero tsunami artistico di questo secolo che incide sicuramente non sui grandi patrimoni.
Gran parte dell'ignoranza artistica diffusa anche tra le persone colte è dovuta indubbiamente alla scuola e alle Accademie, raramente i laboratori sono attrezzati e consentono agli studenti di sperimentare realmente i propri linguaggi con le proprie mani.
L'arte non si capisce bene se sia per gli "intelletti piccoli" o per gli "intelletti elevati".
Nei nostri programmi l'arte nell'attività di laboratorio ha contenuti come:

- possedere un’adeguata padronanza tecnica - operativa, di metodi e contenuti relativamente ai settori di ricerca negli ambiti propri delle arti, delle tecniche e delle tecnologie della scultura;

- possedere strumenti metodologici e critici adeguati all'acquisizione di competenze dei linguaggi espressivi, delle tecniche e delle tecnologie più avanzate relative;

Quando la si insegna si pensa al docente come pittore, scultore, grafico, scenografo, architetto e non come un ricercatore o un elaboratore trasversale di linguaggi, oggi non può esistere un artista limitato a un solo linguaggio e se e quando esiste è un artigiano a cui non è richiesto di concettualizzare un processo cognitivo con il suo linguaggio artistico.
In altre parole, la ricerca di un linguaggio artistico deve essere libero di autodeterminarsi attraverso sperimentazioni linguistiche, "la libertà è una forma di disciplina" canta Lindo Ferretti, le sue applicazioni concettuali devono potere contribuire a elaborare e determinare linguaggi comuni in un territorio e non essere imposte irresponsabilmente e sadicamente dall'alto del valore di mercato.

venerdì 23 novembre 2012

Il bamboccio è il padre non il figlio


Pieter van Laer era il Bamboccio (Haarlem, c. 1599 – 30 giugno 1642), un pittore olandese, attivo a Roma tra il 1625 e il 1638.
Le sue opere, caratterizzate da piccole dimensioni e spirito aneddotico, erano le bambocciate. L'autore, partendo da modelli caravaggeschi, creò opere caratterizzate da un realismo narrativo e bozzettistico.
I temi erano tratti dalla vita quotidiana romana, come feste popolari, litigi per strada, etc.
I bamboccioni oggi? La nostra storia dimostra ch
e i veri bamboccioni sono i nostri padri generazionali? Coloro che proiettano e scaricano sui loro figli le loro frustrazioni personali, ambizioni, carenze affettive e comunicative, tutto scaricato sui figli, impossibilitati dalla nascita alla morte a avere la possibilità di autodeterminarsi e autorappresentarsi, la crisi? Non c'entra nulla nella ricampionatura semantica che vuole convincervi che i bamboccianti siano i figli, i bamboccianti sono i padri, coloro che rappresentano la violenza psicologica e debellano la creatività che non hanno, che prendono possesso di una vita non loro e ne disegnano scelte e traiettorie, sono criminali.
Non commettiamo l'errore di schierarci dalla parte dei padri, i figli impossibilitati a essere per colpa dei padri sono le reali vittime del sistema.
 

mercoledì 21 novembre 2012

Alfonso Siracusa


L'artista Alfonso Siracusa legge "Altro sistema dell'arte", tu cosa aspetti a rappresentarlo?



http://www.booksprintedizioni.it/libro/arte/altro-sistema-dell-arte

Antonio Guerra


Luglio – Settembre, Estate 2013

L'arabo Hamid Piccardo, autore ad Algeri di "Les enfants de Osama"  (Marco Lavagetto) feat Sara Bernardi, Vito Triolo, Antonio Guerra, Pasquale Coppola e Luigi Ruggiero Malagnini.

Per non dimenticare: Emilio Isgrò, Andy Warhol, Joseph Beuys, Capogrossi, Valerio Adami, Toti Scialoja, Giuseppe Chiari e Ernesto Treccani.

In automobile Davide Pisu, Giorgio Pellegrini e Matteo Campulla (Mov.oscurantista)

Oltre il sistema.....

Altro sistema oltre il sistema vuole dire riaffermare il valore del collettivo sul limite dell'appartenenza territoriale, questo perché gli artisti non vivono territori e neanche necessariamente dimensioni pubbliche, vivono prima di tutto uno spazio simbolico, quello sui cui lavorano gli altri artisti quelli che non tutti conoscete perché lavorano oltre il sistema è il limite culturale che non è necessariamente un limite spaziale. Un altro sistema, oltre il sistema, fatto da una rete di artisti attraverso i social media è in quanto sistema fatto di riferimenti e linguaggi simbolici, qualcosa in grado di oltrepassare limiti fisici, la simbolicità di una azione artistica trascende e travalica i limiti fisici e culturali, evitiamo l'errore indotto dai sistemi economici e di mercato di confondere attraverso l'azione artistica il limite culturale con i limiti di una mala politica o con il mercato stesso.
Questo è per gli artisti il tempo della scomparsa della distanza, che certi addetti ai lavori neoconservatori con la complicità di scarsi artisti dilettanti venduti come professionisti continuano a conservare, viviamo in una televisione mondiale tutti, anche quelli che usano esclusivamente il web convinti così di negare i mezzi di comunicazione di messa classici, non esiste più una reale dimensione di rappresentanza politica delle arti, esiste solo in quanto fagocitata completamente dal sistema economico.
I nostri sindaci, i nostri governatori, i nostri tecnici, il nostro parlamento sono destinati a essere amministrati nell'applicazione puntigliosa dei regolamenti, sono esecutori e dipendendenti di un potere economico gerarchico che crea una permanente guerra di tutti contro tutti, questa è la globalizzazione, dall'arte bisogna ricostruire i rapporti orizzontali oltre il mercato per disegnare diversi rapporti verticali in grado di raccogliere e imporre le culture al mercato globale.

martedì 20 novembre 2012

Arte non pubblica ma comune

La traiettoria sulla quale muoversi è una traiettoria astratta ma che dovrebbe essere una tensione fondamentale in una ricerca artistica, renderne comune il diritto critico, creare un processo dialettico linguistico comune sul senso reale del fare. 
Fare del comune il nodo di un altro sistema dell'arte oltre il sistema, significa riconsegnare l'arte alla volontà generale della sua comunità, volont
à degli artisti che vivono la propria comunità e confrontano i loro linguaggi e stili semantici, volontà immanente alla comunità e non desiderio indotto che arriva da altrove, quell'altrove chiamato mercato. L'idea dell'arte come bene e ricerca comune deve è qualcosa che nella costruzione, nella possessione e nella distribuzione deve essere gestito da tutti.
Le comunità non sono obbligate a subire una idea generalista dell'arte imposta dal mercato dell'impero, possono autogenerarla attraverso un processo che intrecci la volontà di tutti. Non arte pubblica, non più, si è capito che il pubblico può essere una imposizione speculativa, ma comune, il comune è oltre l'autorità di ciò che si impone come pubblico e trascende spesso il sociale, traducendosi in irrazionale, miope e opprimente.


L'istruzione artistica cosa è se non una istituzione e una risorsa comune?
Noi la concepiamo come uno schema di autogestione per processi partecipati e democratici, orientarsi è conoscere linguaggi artistici è un patrimonio comune ed il linguaggio artistico è una chiave di accesso della conoscenza, per questo ragioniamo su uno schema di libero accesso, l'accesso è la risposta al decesso, l'accesso
 rende l'istruzione una istituzione del comune.
Istruzione artistica non è solo conoscenza e competenza, limitarsi a questo vuole dire limitarne l'accesso, è nutrimento e addestramento del pensiero, auto istruzione guidata, nessuno studia e pensa per noi e per voi, il buon docente d'arte non pensa per lo studente, lo guida nella definizione nel pensiero e crea linguaggi dopo avere formalizzato un linguaggio, lo studio non si può esercitare per rappresentanza, per fare questo l'ambiente istituzionale va mutato, va mutato per svoltare in una direzione che trasmetta il senso dei segni, quando lo studente pensa e distingue il senso dei segni l'insegnamento cessa di essere autoritario e pubblico e diventa autorevole luogo comune.
L'auto-istruzione come studio dell'essenza dell'istruzione è qualcosa di ancora molto e troppo rara nelle attuali forme di rappresentazione didattica dell'istruzione artistica, servirebbe infatti organizzare e concertare istanze mutate e diverse per il libero accesso al comune, i social network e i social media sono un forte strumento di libero accesso al comune se ben veicolati nella determinazione e l'interazione di un linguaggio artistico, idealmente sono privi di ostacoli finanziari, di dogma e di censura, ovviamente se si lavora per l'autoistruzione e non per il geniale isolamento individuale trascendente e mistico.
Autoistruzione artistica vuole dire lavorare sul simbolico, l'affettivo, il sociale e lo scientifico, non c'è spazio per l'individualità ma per la singolarità del comune.
Non una istruzione aziendale mirata al prodotto, le necessità aziendali oggi sono maggiori in aree linguistiche, comunicative, intellettuali artistico umanistiche, proprio in un momento dove il finanziamento a queste aree si è drammaticamente ridotto, questo spread cognitivo espressivo lo si supera solo con una idea dell'istruzione come istituzione rivolta al comune, guidata da interessi sociali e non aziendali e sindacali, studio, espressione artistica e cultura non necessitano di rappresentanza, questo è il motore costituente della cultura comune.

lunedì 19 novembre 2012

De-mediatizzare l'arte con i media

Il ricercatore artistico prima di comunicare in modo attivo in network deve avere una precisa coscienza della propria singolarità, essere se stessi, raccontare la propria totalità in termini individuali, il linguaggio artistico è dell'individuo e non del gene assoluto, il genio individuale non è assoluto ma è autodeterminato. La singolarità di un linguaggio artistico esiste quando c'è dietro una i
dentità multipla in grado di trovare completamente se stessa in relazione con gli altri.
L'espressione di una ricerca artistica in un network di artisti non è mai individuale ma sempre corale e operativa, sono la costruzione della propria ricerca in un quadro d'insieme.
Si tratta di de-mediatizzare da una erronea e presunta specializzazione la propria professione senza cessare di interagire con i media, questo ci permette di usare i social media e non ci pone nella condizione di farsi usare da questi.
Ci muoviamo come tanti sciami, insetti che si ritrovano con le loro ricerche in comune in posti inusuali (come una automobile carica di ricerche artistiche specifiche ma frutto di una nuova logica strategica comune).
I media determinano la nostra nuova produzione collettiva, creiamo nuove verità fondate su una idea dell'arte come linguaggio comune per intendersi tra artisti, la verità nella rappresentazione di un altro sistema dell'arte è nell'atto linguistico collettivo creativo, relazionando autoapprendiamo e ci autoformiamo e specializziamo permanentemente, in più produciamo e distribuiamo conoscenza a km.zero.

domenica 18 novembre 2012

Artisti mediatizzati?

L'importanza dell'informazione e della comunicazione negli apparati e nei sistemi chiusi come in quelli aperti, è accentuata dal fatto che le pratiche del lavoro artistico e della sua produzione economica sono sempre più mediatizzate. Media e tecnologie della comunicazione sono sempre più centrali nelle pratiche della produzione artistica specchio dell'attuale produzione biopolitica.
I social media contemporaneamente liberano e incatenano gli artisti al proprio lavoro, dovunque andiamo con il nostro smartphone siamo al lavoro.
Non siamo più artisti alienati come i nostri predecessori, noi siamo mutati, siamo i mediatizzati, siamo interamente classificati e assorbiti dal web, non siamo scissi, ma frammentati, dispersi, non siamo più passivi, ci impongono una costante partecipazione, costretti a scegliere quello che preferiamo, costretti a esprimere opinioni e a narrare le nostre vite. Un distinguo c'è, l'artista lavoratore produce informazione viva, la tristezza è che l'artista prodotto dal mercato e dagli investimenti statici di capitali che si autoalimentano la cristallizza e la trasforma in lingua morta nell'interno dell'apparato burocratico del sistema mercantile dell'arte.
Serve evitare che la vita, i bisogni, i desideri degli artisti e la loro ricerca si riducano alle tipiche domande da social media: Dove sei? Cosa fai? Cosa pensi? Che libri leggi?

sabato 17 novembre 2012

Tavor Art Mobil, oltre il sistema

La spinta del lavoro concreto del fare arte in maniera concreta è verso il fare bene una attività, fare bene una attività è una spinta verso l'autodeterminazione, fare bene qualcosa è una sonda del giudizio dello stesso artista per capire se una cosa è fatta bene o fatta male.
Attraverso l'esercizio del fare si riconosce nella propria attività una attività sociale, il fare spinge l'arte verso l'autodeterminazione sociale.
Il sistema dell'arte è invece fondato su una idea astratta dell'arte, la spinta verso la determinazione dell'attività dell'artista è nel denaro, il lavoro astratto prodotto dal mercato è il lavoro artistico prodotto nel minore tempo possibile.
Un altro sistema dell'arte vuole dire lavorare contro l'idea del lavoro astratto dell'artista per svincolare il fare e i processi artistici dalla loro alienazione e distanza dal sociale.
La ribellione contro l'idea astratta del fare artistico del sistema mercantile dell'arte è: Noi non faremo arte in questo modo, faremo arte nel modo che crediamo migliore, faremo quello che vogliamo fare che consideriamo necessario e desiderabile.
Quello che dovrebbe fare l'artista di questo terzo millennio è rappresentare i processi del suo fare e non consegnare passivamente la sua capacità d'elaborazione del prodotto, un conto è criticare il sistema dell'arte sottobanco, altra cosa è evidenziare che non esiste una reale differenza di mercato tra insider e outsider.
Il mercato imposto dell'arte è più vorace (e verace) di quanto si possa pensare, invade aspetti e modi in cui pensiamo e agiamo come artisti e deforma i nostri processi, gli spazi di alterità sono minacciati e rischiano sempre di essere eliminati dal mercato finanziario globale.
Certi artisti possono non esserne coscienti, e per questo si consegnano direttamente al nemico, ma il loro fare altra arte esiste come sfida permanente alle esigenze di monetizzare del sistema dell'arte, la loro è resistenza attiva alla richiesta del sistema di trasformare ogni attività artistica umana in lavoro astratto.
Gli spazi dell'altra arte sono insubordinazioni, sfide; la relazione tra il sistema mercantile dell'arte e il sistema processuale del fare arte è una relazione estatica oltre che estetica, contro e oltre.
Il fare arte concretamente utile è lotta per sfuggire a una astrazione del prodotto artistica distante e incomprensibile dalla vita, un modo per sfuggire a una idea astratta dell'arte, è la libertà, il non ancora, il potrebbe essere, è i popoli del Chiapas che creano i loro municipi autonomi, potreste trovare eccessiva l'idea che io e mia moglie Santa Barbara Ardau da artisti gestiamo una automobile in rete con altri artisti a costo zero creando una terra di frontiera e di nessuno tra il sistema, l'altro sistema e l'oltre il sistema, potrebbe sembrarvi evanescente, ma è quello che viviamo, è il nostro punto di partenza, il luogo e non luogo dove possiamo pensare alla possibilità di elaborare la diversità.
A qualcuno può sembrare patetico? Ma la crisi del capitale non può costituire l'inizio di un altro sistema oltre il sistema?



In fondo questa idea di rivoluzione e di diffusione non dell'arte in quanto prodotto ma del suo linguaggio nasce dall'assunto indiscutibile che altri artisti oltre il sistema dal sistema sono repressi.
Il potenziale che manifestiamo è il potenziare del potere fare riflettere sui processi artistici e sui metalinguaggi dell'arte, noi siamo il poter fare che determina socialmente il nostro fare, siamo la potenza e la capacità. Dire che esistiamo come negazioni vuole dire che esistiamo come negazione delle negazioni di sistema, questa doppia negazione ci porta a essere non positivi ma rivoltosi.
La nostra rivoluzione è il ritorno del represso, anche del represso interiore, quello che esiste contro e spinge oltre, è il fare creativo che spinge oltre la determinazione estranea e porta all'autodeterminazione sociale, l'auto-creazione e auto-rappresentazione del nostro sentire, pensare e agire.
Noi siamo il movimento artistico indistinto contro il finto genio prodotto e concepito a tavolino, nessun curatore, nessuno psicanalista dell'artista, non è arte terapia ma auto analisi collettiva, auto-terapia.
Gli artisti non parlano ma si pongono in ascolto, cerchiamo solo quello che già c'è.

lunedì 12 novembre 2012

Paladino a Cagliari? Una cazzata monumentale!

From:
Subject: Re: Ex collaboratore
Date: Sun, 11 Nov 2012 20:52:42 +0100
To: mariopesceafore@hotmail.it

Caro Mimmo,






prendo atto delle mie inesattezze.
Del resto io mi sono basato su considerazioni piuttosto banali, non conosco i retroscena.

A mia discolpa vorrei dirti che, pur essendo consapevole della natura dell'editore da tempo, non ho mai pensato di utilizzare le mie considerazioni personali, giuste o sbagliate, per farti fare 'brutta figura' nel forum. Certo, avresti potuto ribattere, ma mi sembrava un colpo basso, e preferivo lasciar correre.
Se l'ho fatto è perché ero stufo di venir preso in giro. E come ho scritto nel post, ci ho pensato due volte prima di pubblicarlo. Il resto lo sai, le mie idee le ho espresse molto chiaramente.

Confesso che mi dispiace che questa storia abbia preso questa piega 'miserabile', ma non mi sento colpevole. Ho cercato fin dall'inizio di mantenere un tono tranquillo.
Se a un certo punto ho cominciato a manifestare insofferenza ciò è dovuto ai molti e ripetuti attacchi personali, che vanno dalla critica all'offesa fino alla beffa.
Eric, Elvis, Nico, in misura minore Markello, e te mi avete rotto le palle.
C'è un limite a tutto.

Mi dispiace perché tu sei uno dei pochi che avesse qualcosa da dire, e la nostra possibile discussione/confronto è stata rovinata dal continuo perpetrarsi di linciaggio nei miei confronti.
Volete sapere che ho scritto, cosa penso, che lavoro faccio...poi magari per chi voto, se sono gay, dove vado in vacanza, quali sono i miei hobby?

Certo, che cavolo avrei mai potuto dire più di quello che ho detto sul mio lavoro a Flash Art?
Non so dove siano le copie della rivista dove ho scritto.
Cosa vuoi che avessi mai scritto?
Quello che scrivono più o meno tutti quelli che ci hanno collaborato.

Avrei potuto manifestare le mie opinioni, se non fossero continuamente usate per prendermi per il culo.
L'idea della artmobil mi sembrava fresca, simpatica, e in qualche modo geniale, credo di avertelo anche scritto, prima che la discussione deragliasse nel delirio.

Vuoi che ti dica cosa penso dell'installazione di Paladino acquistata in Sardegna (non ricordo la città): una cazzata, una cazzata monumentale.
ma non volevo darti questa soddisfazione.

http://youtu.be/A0plxK6ROg4

Mi dispiace che tu non sia riuscito a smarcarti dai cafoni che hai scelto come compari.
Il risultato deve farci vergognare tutti, me compreso.
Ci comportiamo come poveri disgraziati, cani che si azzuffano per un'osso puzzolente.
Vergogna.

E abbozzala di seminare sermoni sui tuoi blog, tanto non li legge nessuno, perlomeno a vedere dai commenti, inesistenti.

PS
Riguardo il tuo libro, non mi ha mai disturbato, che tu lo venda o meno non mi cambia nulla, non ho nessun problema di rivalità, anzi ti auguro di venderlo.


La mia risposta:

Prendo atto delle tue considerazioni ed anche io lavoro per un confronto sano e collaborativo, ma un confronto sano e collaborativo passa anche per l'esposizione delle proprie idee in contesti di confronto collaborativo e professionale, quando ho lavorato per Flash Art ho cercato di non scrivere quello che scrivono tutti proprio perché mi pareva disonesto, non ti ho mai preso in giro ma ho solo preso atto che impedivi un confronto di senso sul senso del diverso approccio all'arte e alla ricerca artistica che abbiamo, ti ho rotto le palle? Mi dispiace, ma un forum virtuale ha come conseguenza questa, quando si considera che il dialogo è pubblico e il commento non è più di nicchia e l'ambiente non è quello protetto degli addetti ai lavori, non ho compari, la moltitudine non la si sceglie, quando la si considera come parte integrante del tutto semplicemente esiste, detto questo, anche in questo caso posterò questa doppia riflessione sul mio blog, che tanto non leggerà nessuno e ti chiedo, a dimostrazione del fatto che non ho nessuna pregiudiziale verso te e il tuo approccio all'arte, uno scritto di presentazione sulla Tavor Art Mobil per le rassegne stampa del 2013 da inserire nel libro che ho intenzione di definire nella prossima estate che titolerò "Pro-dotti? Noi preferiamo i pro-cessi", aspetto notizie, con stima, Mimmo










domenica 11 novembre 2012

Ancora l'ex collaboratore di Flash Art:)


From:
Subject: Ex collaboratore
Date: Sun, 11 Nov 2012 13:47:45 +0100
To:

Ciao Mimmo,
ho visto che hai cancellato i post sulla tua pagina di FB.
Questo significa che li hai letti. Bene.

Volevo solo dirti che ero tornato su quella pagina per cancellarli io stesso, mi ero pentito di aver usato la pagina che viene letta dai tuoi studenti.
Non sono così stronzo, pensavo che avesse più senso scriverti privatamente.

Come la penso su di te lo sai bene, sono stato fin troppo chiaro.
Disprezzo il fatto che usi di tutto pur di far parlare di te, possibilmente parlando male alle spalle di chiunque critichi il tuo modus operandi.
Disprezzo il fatto che usi ripetutamente affermazioni mendaci, tipo il fatto che io sconsigli di acquistare il tuo libro

Alessandro Querci vi sconsiglia di acquistare altro sistema....

COSA SI DICE di “Altro sistema” pur di non farvelo acquistare

Sai benissimo che io non ho mai scritto niente del genere, che vuoi che m'importi se qualcuno lo acquista.
Ma a te serve per far credere di aver fatto qualcosa d'importante che possa disturbare 'qualcuno del sistema'.
In verità tu non hai fatto niente d'importante, io non sono disturbato dal fatto che tu abbia scritto un libro, io non faccio parte del sistema, nè di un bel niente.
Tutto qui,
Alessandro                                                                                                      

Risposta:

Il punto è che hai scritto tu delle inesattezze, quella casa editrice è reale ed è vero che vive della determinazione di autori che acquistano un tot delle loro copie, ma non è il mio caso, nel mio caso dopo una lunghissima contrattazione si è deciso di stamparne in numero limitato diffuse attraverso delle librerie fiduciarie, e di renderlo disponibile attraverso la rete e stamparne qualche copia in più qualora il mercato lo richiedesse, dal mio punto di vista è una posizione coerente perché non si mettono le mani in tasca a nessuno, un libro dovrebbe esistere solo quando qualcuno ha l'esigenza di leggerlo e qualcuno ha l'esistenza di scriverlo, ma sappiamo entrambi come il mercato dell'editoria sia malato, tu mi disprezzi? Io disprezzo le tue posizioni da conservatore così come i tuoi tentativi di contraffare la realtà e confondere un idea di mercato lobbystica e dominante con una idea di altro mercato possibile ad uso e consumo del consumatore, mi hai scritto in privato? Ovviamente dato che questo nostro oggetto del contendere è pubblico che pubblicherò la tua rimostranza e la mia risposta nel mio blog e nei miei profili facebook dove ragiono con amici su una altra idea di sistema dell'arte possibile e non sulla piattaforma scolastica, li mi occupo del mio lavoro da docente pubblico che poco ha a che vedere con la mia ricerca di senso sull'arte se non per quell'asse dei linguaggi espressivi artistici trasversale che poco interessano al sistema dell'arte con cordialità, Mimmo.

I dormienti? Al Comune di Cagliari

I dormienti? Al Comune di Cagliari

Stimato Direttore,
le scrivo in relazione alla notizia dell'acquisizione da parte della galleria comunale di Cagliari delle sculture "Dormienti" di Mimmo Paladino, approdate a Cagliari per la modica cifra di cinquantamila euro.
Si tratta di un pessimo investimento, poco ragionevole pagare una idea ed un pezzo multiplo d'autore più di 15000 euro, considerando anche il noto fatto che Paladino non realizza direttamente i propri lavori ma si affida a maestranze artigianali,  dove è l'artisticità dell'opera? Nell'idea? Ma è un multiplo anche l'idea progettuale, quindi siamo davanti ad una operazione di artigianato artistico falsificata dalle quotazioni di mercato.
Quello che le e mi domando è: ma in tempi di crisi economica globale perché non si è investito sulla cultura e la ricerca artistica? questa giunta comunale non si è schierata dalla parte dei tagli nel pubblico? Non si poteva creare un confronto dialettico tra l'arte prodotta in questo territorio con le sue specificità ed altre ricerche artistiche? Non si poteva bandire una borsa di studio internazionale per giovani artisti (reale investimento) e farli confrontare con gli studenti delle scuole d'arte sarde? Si poteva così realizzare opere sul posto dove averlo vissuto e compreso.
Ribadisco si tratta di una installazione vecchia, pensata per specchi d'acqua inesistenti, collocata in una apposita e inutile vaschetta con tutta l'acqua che circonda l'isola, siamo davanti all'idiozia progettuale subita con passività e senza partecipazione.
Trovo da ricercatore di senso della didattica dell'arte in Sardegna la situazione disperata se il dialogo sul senso dell'arte contemporanea nel sud dell'isola si traduce in questo, bisognerebbe comprendere che la cultura va prodotta e poi esportata, non subita in nome dello svecchiamento, per svecchiare poi cosa? La tradizione Accademica?
A Cagliari una Accademia non c'è mai stata, da questo punto di vista il sud dell'isola è già avanguardia.
Con infinita stima,
Mimmo Di Caterino, Capoterra

sabato 10 novembre 2012

Alessandro Querci vi sconsiglia di acquistare altro sistema....


COSA SI DICE di “Altro sistema” pur di non farvelo acquistare:

Avevo appena finito di scrivere questo post, ieri, quando ho scoperto che Pesceafore (Domenico Di Caterino) si è disattivato. Evidentemente controbattere le critiche e rispondere alle domande che gli vengono poste (e vorrei sottolineare non solo le mie), o anche soltanto sopportare di essere preso un po' in giro, gli riesce troppo più difficile - addirittura insopportabile - che lanciare anatemi, diffamazioni e sberleffi contro chiunque. A parte questo, ho pensato se fosse il caso di pubblicare il mio post, visto che Mimmo-Pesceafore non può replicare. Ma ho messo in conto tutte le menzogne e le offese che lui è andato impunemente a pubblicare a destra e manca sul sottoscritto, e non dubito che continui a farlo su uno degli innumerevoli siti dove continua a diffondere le sue litanie persecutorie e solipsistiche. Quindi lo pubblico. Altro Sistema: quale? Pesceafore afferma di aver pubblicato il suo libro grazie alla fiducia (e all'investimento) che gli ha dato l'editore, parole sue testuali. (Oltretutto facendosi ripetutamente beffe del sottoscritto perché 'nessuno avrebbe mai pubblicato il mio libro', condendo la sua affermazione con osservazioni assai poco eleganti) Ora vorrei far notare a tutti che l'affermazione di Pesceafore contiene due falsificazioni colossali: - la prima è che non ha pubblicato il suo libro. 



Booksprint è quello che in gergo viene definito editore 'on demand'. Il che significa che il libro non viene stampato, a meno che qualcuno non ne faccia espressa richiesta pagandolo anticipatamente. Prendo nota anche il sito di Booksprint non si riguarda dal fornire informazioni mendaci: "Da oggi i tuoi libri saranno disponibili fisicamente nelle migliori librerie che hanno aderito al nostro progetto, nella tua Regione." Quindi i libri si dovrebbero trovare (non: 'si trovano') nelle librerie convenzionate. Spulciando nel sito si evince che in tutta Italia le librerie siano circa una decina ('azz...), tutte situate al sud Italia. Praticamente l'autore deve acquistare i propri libri andare a fare il rappresentante di sé stesso, andando a bussare all'uscio di qualche amico libraio che gli tenga in conto vendita i suoi gioielli. - La seconda falsificazione riguarda l'investimento e la fiducia che gli ha dato l'editore. Non c'è alcuna forma di investimento, giacché il libro non viene né stampato, né pubblicizzato, né tantomeno distribuito (non esistendo fisicamente). Quindi è chiaro perché "Tra le novità 'Art Edition', una ulteriore fiera dell’editoria di settore dove non troverete il mio libro “Altro Sistema”. Perché il libro, di fatto, non è mai stato pubblicato. Ma Pesceafore preferisce lasciar intendere, secondo la sua logorrea persecutoria, che le ragioni stiano nella 'scomodità anti-sistemica' del suo testo. Solitamente gli unici acquirenti di questo genere di libri sono gli stessi scrittori. Il business si basa su quello. L'autore percepisce il 15% sul prezzo di vendita, il che significa che se il suo libro costa 10 euro l'autore percepirà un euro e mezzo per copia. Gli altri otto e mezzo rappresentano il guadagno dell'editore. Immagino ci siano anche da affrontare spese di revisione di bozze, che vengono menzionate ma il cui costo non viene reso pubblico. Poi vengono offerti altri servizi, sempre a pagamento, dalla stampa di locandine a segnalibri, uffici di promozione, fino a graziosi video di presentazione e siti web. Questo significa che se ci sono 1000 titoli (ma l'editore afferma che ce ne siano molti di più), e ogni autore acquista, diciamo a 12 euro, 10 libri, la Booksprint ricava un lordo superiore ai 100mila euro. E parliamo di una stima molto al ribasso, senza contare che un autore può acquistare molte più copie, che può richiedere più servizi, che può aver pubblicato più di un libro, che il libro può avere un prezzo più elevato. E' ovvio che l'editore non ha alcun interesse ad operare una selezione qualitativa: più libri si hanno in catalogo più aumentano le possibilità di continue entrate. Pesceafore lo chiama 'altro sistema'. Io lo chiamo business acchiappa citrulli. Concludendo, trovo che Pesceafore - Domenico Di Caterino racconti un po' troppe balle per i miei gusti, e che dovrebbe iniziare a volare un tantino più basso. Mi dispiace non possa replicare, ma neanche tanto..
Alessandro Querci, ex – collaboratore di Flash Art

giovedì 8 novembre 2012

It's not the end of the world"


“It’s not the end of the world”

Bisogna proprio vivere un forte distacco dalla propria realtà territoriale per fare partire una fiera mercato come Artissima e titolarla “It’s not the end of the world”.
Parlo dei tre giorni di fiera dal 9 al 11 Novembre dove la curatrice Sarah Cosulich Cana-rutto gioca ed ironizza sulla profezia Maya per rispondere con ottimismo alla crisi che stiamo vivendo, ma serviva una mostra fiera d’arte contemporanea? Non bastava Caparezza quando canta “La fine di Gaia non arriverà….., 2012, neanche un temporale”?
172 gallerie di cui solo 53 Italiche e 119 straniere (il mercato interno è al collasso ma rivolgersi all’estero non è la soluzione del problema, anzi è una alimentazione del problema), 120000 euro di fondi pubblici a carico del contribuente per organizzare mostre in spazi che pubblici non sono per favorire investimenti privati; gli artisti pubblici sono Paola Pivi al Castello di Rivoli; Valery Koshlyakov alla Gam; Zena El Khalil alla Fondazione Merz; Ragnar Kjartansson alla Sandretto Re Rebaudengo e come dessert lo street artista rumeno Dan Perjovschi presso Palazzo Madama (ma non si poteva lavorare con Gec, a Torino non ci sono street artisti?), non manca il solito concorso privato di ordinanza illycaffè con il suo bel premio privato che costituirà un investimento privato dettato dal mercato selezionato da un team di giovani curatori.
Tra le novità “Art Edition”, una ulteriore fiera dell’editoria di settore dove non troverete il mio libro “Altro Sistema”, dalle mie parti l’arte si rivolge ai non addetti ai lavori, logiche di altro sistema.

martedì 6 novembre 2012

Altra scuola:)

Non si può più tacere di fronte alla martellante campagna di svalutazione della professionalità docente e ai tentativi di limitazione della libertà di insegnamento in atto da diversi anni. 

Non si può più restare impassibili in relazione al progetto sbandierato come “riforma” degli OOCC (Ddl 953 ex Aprea) che, aprendo la strada all’autonomia statutaria di ogni singola scuola, restringe gli spazi 
di democrazia e mette in discussione l’intero sistema nazionale pubblico dell’istruzione. Il progetto in questione, infatti, determinerà all’interno degli OOCC l’ingresso di soggetti privati al fine di ottenere risorse aggiuntive al magro bilancio scolastico; il Collegio denuncia l’evidente rischio che i privati, in ragione del loro finanziamento, possano influenzare pesantemente il POF fino ad vanificare la libertà d’insegnamento sancita dalla nostra Costituzione.

Infine non si può tollerare che un Governo, invece di porre fine allo sfruttamento sottopagato del personale docente, si autorizzi ad agire in spregio a tutte le norme che regolano la vita della Repubblica Italiana, proponendo come forma di risanamento economico l’aumento dell’orario di insegnamento da 18 a 24 ore, per giunta senza prevedere alcun aumento retributivo.
La modalità decisionale e la misura eccezionalmente elevata dell’aggravio di lavoro - pari ad un terzo in più di quello attualmente in vigore - suonano come un sopruso ai danni della categoria dei docenti, il cui lavoro viene implicitamente considerato di così scarso valore da poterne variare l’entità in qualunque misura e in qualunque occasione, senza alcuna condivisione con gli interessati e senza corrispettivi sostanziali. E quanto premesso appare ancor più intollerabile alla luce degli ultimi stanziamenti per il comparto della scuola privata.
La proposta governativa sembra scaturire da un’autorità del tutto ignara di come si configura l’impegno lavorativo docente. Il lavoro di chi insegna non si limita a diciotto ore settimanali, ma è solo la parte delle lezioni frontali ad essere distribuita appunto su diciotto ore. Tutto quello che il rapporto con le classi richiede a monte appartiene al “sommerso”: occorre adeguare quotidianamente la preparazione delle lezioni, aggiornarsi dal punto di vista culturale e pedagogico, predisporre attività individualizzate e modalità capaci di stare a confronto con l’evoluzione tecnologica circostante; né possono essere dimenticati gli incontri e le comunicazioni con le famiglie, la preparazione di visite guidate e attività integrative, la progettazione e lo svolgimento degli interventi di recupero, la correzione dei compiti. Molte attività si svolgono a spese del singolo insegnante, perché ormai sempre più di frequente la scuola pubblica non è in grado di stare al passo con i tempi per quanto riguarda gli aggiornamenti, le attrezzature, i supporti e i materiali. Ma il lavoro viene svolto con serietà, come dimostrano i risultati lusinghieri che gli studenti italiani ottengono quando si recano a studiare all’estero; l’impegno dell’insegnante è sottoposto prima di tutto al giudizio di alunni e famiglie, che interagiscono ampiamente nell’interesse di un servizio veramente formativo.
L’orientamento dell’attuale Governo è inaccettabile, perché fomenta la campagna denigratoria nei confronti della scuola; invece di valorizzare l’impegno quotidiano di chi opera a scuola, l’attacco ai presunti privilegi degli insegnanti svilisce la rilevanza del sistema formativo agli occhi della pubblica opinione. Se dovesse essere approvato, il provvedimento avrà forti incidenze negative sulla didattica e sull’apprendimento, ma soprattutto precluderà, al pari del concorso a cattedre appena bandito dal Ministero, la possibilità di insegnare a migliaia di docenti precari (alcuni giovani, altri già inseriti da decenni nel mondo della scuola); i docenti del Liceo Artistico, in particolare, denunciano il rischio che in questa stasi venga cancellata definitivamente la salutare “osmosi” che finora si creava grazie alla convivenza e alla collaborazione tra professionisti di diverse generazioni.

Si invitano tutti gli organi di informazione a documentare in modo obiettivo la realtà scolastica attuale, evitando di diffondere notizie fuorvianti e riconoscendo piuttosto la funzione di traino culturale e civile che la scuola finora è riuscita a svolgere.

domenica 4 novembre 2012

Mimmo Di Caterino vs Bonito Oliva

Anno 2005, GAP, Rai Educational,

Mimmo Di Caterino vs Bonito Oliva




La centralità dell’arte e l’interesse fondante per il progetto inteso come possibilità accomunano, si licet parva componere cum magnis, l’esperienza intellettuale di Heidegger e quella pluridimensionale, se non metadimensionale di “Pesce a Fore”. Quest’ultimo è un progetto oltrepassante la medesima categoria heideggeriana, da intendersi come mera deiezione. Ciò accade perché si attua il rovesciamento del decadimento ontico del Da-sein a nihil, proprio per il tramite dell’esperienza artistica, che già in Heidegger era un centro per l’aletheia dell’essere. Il superamento del nichilismo progettuale da parte dell’Io, in conflitto con una realtà altra e apparentemente onnipotente, si attua nella sfera sociale dell’oltrepassamento della riduzione delle oggettivazioni umane a mera res. E come nel Lavoro di Dioniso di Negri e Hardt, la liberazione avviene andando oltre, o forse obliterando, la koinè tra potere economico-politico ed autoritarismo dell’industria culturale, che decreta, pre-giudicando, cos’è arte e cosa non lo è in base alla sfera quantitativa della produzione editoriale degli esperti di turno.

La pregnanza semantica del messaggio di “Pesce a Fora”, affiora già nella scelta del logo artistico e si presenta nelle vesti di una duplicità interpretativa, lasciata alla sfera dell’aisthesis dello spettatore, talvolta-dentr’egli-stesso-l’opera-d’arte. Da un lato Fora può essere una località immaginifica, un costrutto intellettuale proiettato fisicamente verso una realtà altra, configuratesi sotto la categoria adorniana della promessa di felicità. Infatti, “Pesce a Fore” è la ricerca di un altrove sociale liberato, inattuabile nella sua interezza nel presente storico, ma contemporaneamente da considerare sia come un messaggio nella bottiglia, sia come una denuncia contro l’inadeguatezza del nostro quotidiano co-esistere. È un progetto serio un’utopia che si contrappone al significato comune del vocabolo, i.e. vano inutile irrealizzabile, per rilanciare quello proprio della secolare tradizione della letteratura utopica, che si estrinseca nella sua duplice accezione semantica di u-topos e eu-topos.

La ricerca dello straniamento, attuata attraverso l’accostamento della lucidità del dialogo razionale al disorientamento visivo dell’indecifrabilità dell’immagine, lungi dall’essere una prosecuzione di quello indotto dalla benettoniana fagocitazione del messaggio critico all’interno del messaggio commerciale, rivela una parentela con l’effetto surreale magrittiano e con la concezione dell’arte negativa adorniana. Con Magritte si condivide l’anelito verso una ragione altra che si contrappone alla ragione iniqua che genera guerre, con Adorno il ruolo dell’arte che rifiutandosi al piacere estetico, ha il ruolo di svelare le contraddizioni di una realtà falsamente conciliata all’insegna della ratio strumentale.

Con Pesce a Fore il prodotto artistico coniuga teoria e prassi, pensiero e azione e le azioni artistiche colgono nel segno come una profezia che si auto-avvera. In tal senso, l’opinione pubblica ufficiale reagisce attraverso la stampa confermando antiteticamente la weltanshaung di Pesce a Fora, per cui la sua violenta negazione si ribalta in una limpida consacrazione autodenigrante per chi, per il tramite dell’esperienza dell’arte pensata, scorge una possibilità al di la delle fauci del mondo amministrato.



Achille Bonito Oliva, da "Artrades" 2004


Tra pre, iper e altro in relazione alla modernità:

La crisi dell'artista è alterità rispetto al sé creativo o è un suo modo
essenziale primario d'espressione?
Il pesce è fuori e non parla.
Manca la materia?
Manca la forma?
La flash art è un feticcio ingenuo dove vengono spenti gli orgasmi
rivoluzionari dell'artista, Oliva non scrive più? Quale phard usa?
Soprattuto Sgarbi si sta masturbando in questo momento?
Il fuoriuscito pesce che prassi rivoluzionaria deve adottare?
Sarebbe meglio un messaggio nella bottiglia utopico per le generazioni a
venire, sottolineando così il desiderio altro rispetto al regno della
tecnica sulle sovrastrutture?
Oppure prendere le distanze dalla presa di distanza e mantenere una
coerenza ovviamente mutabile?

Maurizio Cattelan sul Pesce a Fore, da Equilibriarte, anno 2006.

venerdì 2 novembre 2012

Artista liquido


L’Artista liquido è un tuo nemico

Ci sono degli artisti liquidi che trovi dovunque che assediano artisti e comunità sedentarie facendoli apparire ritardati culturali o arretrati, gli artisti liquidi sono mossi da eserciti, poteri economici e bancari e mala politica, lavorano per conquistare il territorio comunitario degli artisti barbari a km.zero per civilizzarne la memoria, gli usi e i costumi, lavorano per debellare il concetto di sovranità culturale e comunitaria ed in questo l'élite di artisti liquidi e nomadi hanno anche il sostegno pop nel senso di popolare che passa per i mezzi di comunicazione di massa e di messa dei territori e le loro specificità.

Questi artisti al servizio della liquidità bancaria del capitale vivono di comunità di guardaroba che si vestono per lo spettacolo e l'occasione, finito il vernissage inaugurazione si torna torna a dissolversi nello spazio ed intorno all'arte ed ai suoi stimoli resta il nulla, il vuoto assoluto, tutto è spettacolo comunicativo o meglio cattivo per la comunità che ne subisce l'imposizione. Il fine comune è un fine virtuale creato da una comunità virtuale nomade che subisce l'artista virtuale studiato a tavolino, questi artisti creati a tavolino hanno grosse responsabilità promettono repliche di creatività dal nulla, disperdono energie e creano solitudine ed individualismo esasperato nei linguaggi dell'arte contemporanea, dove non c'è linguaggio condiviso muore il linguaggio.