lunedì 28 gennaio 2013

10 punti per essere un artista zapatista

MANUAL DE 10 PASOS (ojo: de fácil lectura, no espantarse), PARA IDENTIFICAR A UN ZAPATISTA Y SABER SI PUEDE DECIR O NO QUE “SE TIENEN CONTACTOS CON EL EZLN”:

1.- Si pide dinero o proyectos a cualquiera de los 3 niveles de gobierno, NO ES ZAPATISTA.

2.- Si establece un canal de comunicación directo sin anunciarlo antes públicamente, NO ES ZAPATISTA.

3.- Si pide hablar o habla directamente con cualquiera de los 3 niveles de gobierno sin anunciarlo antes públicamente, NO ES ZAPATISTA.

4.- Si quiere un cargo, nombramiento, homenajes, premios, etc., NO ES ZAPATISTA.

5.- Si tiene miedo, NO ES ZAPATISTA.

6.- Si se vende, rinde o claudica, NO ES ZAPATISTA.

7.- Si se toma muy en serio a sí mismo, NO ES ZAPATISTA.

8.- Si no provoca escalofríos al verlo, NO ES ZAPATISTA,

9.- Si no da la sensación de que dice más con lo que calla, NO ES ZAPATISTA.

10.- Si es un fantasma de los que se desvanecen, NO ES ZAPATISTA.

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★ P.S. CHE GENEROSO, OFFRE AI MALGOVERNI UN MANUALE DI 10 PASSI (occhio: di facile lettura, niente paura), PER IDENTIFICARE UNO ZAPATISTA E SAPERE SE PUÒ DIRSI O NO CHE "SONO IN CONTATTO CON L'EZLN":

1.- Se chiede denaro o progetti a uno qualsiasi dei tre livelli di governo, NON È ZAPATISTA.

2.- Se stabilisce un canale di comunicazione diretto senza annunciarlo prima pubblicamente, NON È ZAPATISTA.

3.- Se chiede di parlare o parla direttamente con uno qualsiasi dei tre livelli di governo senza annunciarlo prima pubblicamente, NON È ZAPATISTA.

4.- Se vuole un carico, una nomina, benefit, premi, etc., NON È ZAPATISTA.

5.- Se ha paura, NON È ZAPATISTA.

6.- Se si vende, si arrende o tentenna, NON È ZAPATISTA.

7.- Se si prende molto sul serio, NON È ZAPATISTA.

8.- Se non provoca brividi a vederlo, NON È ZAPATISTA.

9.- Se non da la sensazione di dire molto di più con quello che tace, NON È ZAPATISTA.

10.- Se è un fantasma di quelli che svaniscono, NON È ZAPATISTA.


Desde las montañas del Sureste Mexicano.
Subcomandante Insurgente Marcos.
México, Diciembre del 2012



domenica 27 gennaio 2013

"Addetti ai lavori" che non leggono i lavori

Prendendo spunto da un articolo di un noto portale d'arte contemporanea, dove un "addetto ai lavori" di chiara fama e con un certo credito da parte di non sappiamo bene chi, è stato sorpreso a recensire la mostra di Marino Marini al Man di Nuoro, mostra di esordio del curatore toscano Lorenzo Giusti (che da queste parti conserva il peccato originale di non essere stato capace di rapportarsi alle realtà "artistiche disobbedienti" isolane che per principio e in nome della libera ricerca artistica non accettano il principio che il loro lavoro e la loro ricerca artistica debba arrivare al pubblico e alla propria comunità di riferimento tramite intermediarie figure filtro (come ad esempio la curatrice isolana da cui prende spunto questo articolo) senza averla vista omettendo nella sua lettura della mostra la parte di ricerca artistica e videoartistica contemporanea che aveva la pretesa (non riuscita) di snodare il lavoro di Marino Marini (indiscutibilmente legato ai linguaggi dell'arte classica intesi in maniera espressivo romantica) verso certe frontiere multimediali tipiche del post e dell'ipermoderno.
Il punto quale è? Che certi addetti ai lavori scrivono, blaterano e parlano di linguaggi che non possiedono e non conoscono, al punto che raccontano di eventi di cui non sono in grado di cogliere il senso linguistico e cognitivo-concettuale, ragion per cui oggi introduciamo un nuovo sondaggio nel nostro blog che troverete scorrendolo, della durata di tre mesi ed è questo:

Gli "Addetti ai lavori" servono a:

- Creare disinteresse intorno alle ricerche artistiche contemporanee

- A permettere alle forze governative e politiche di controllare libere ricerche artistiche

- A alimentare finte distinzioni tra arte e non arte

- Sono indispensabili, senza di loro gli stessi artisti oltre che il loro pubblico, non capirebbero quello che fanno.


Questo facendo presente che gran parte dei visitatori di mostre d'arte contemporanea in spazi come il Man di Nuoro è costituita da artisti e ricercatori di frontiera dei linguaggi dell'arte.

Ai Weiwei è un derivato del sistema dell'arte?

Ai Weiwei è un derivato? Un prodotto di un mercato venduto in un altro, un artista cinese piazzato in un mercato internazionale come Ai Weiwei ad esempio è un derivato? La loro variabile è dovuta all'attività sottostante del governo cinese e degli altri mercati che potrebbero produrre un artista egualmente pop e scomodo.


domenica 20 gennaio 2013

Arte per tutti?

Non tutti capiranno che attraverso l'altro sistema dell'arte passa la via della liberazione e della purificazione dall'arte morta, molti non capiranno neanche il perché, e a loro, a quegli artisti frustrati schiantati al suolo supini, negli interessi di comunicazione e di mercato di quello che il sistema dell'arte chiama il committente, rispondo come Gesù Cristo:

Non capite le parole della vita perché siete nella morte.

Comunque non esiste problema alcuno, in ogni sistema di riferimento non c'è niente di buono o cattivo, ognuno ha la sua strada.
La vita necessita però della PUREZZA di un artista, in un artista puro l'ENERGIA scorre libera e potente, si muove con facilità, la purezza aiuta la vita, serve per svegliarsi dal sogno a occhi aperti e per controllare lo stesso sogno imposto dai mercati.

Un artista sa che la semplice verità è difficile da riconoscere, e tutto sommato bisogna rallegrarsi del fatto che in questo tempo un altra informazione sull'arte è possibile e accessibile, bisogna lavorare per renderla raggiungibile.
Una idea di altro sistema possibile privo delle figure filtro e degli addetti ai lavori, che mediano, tra artisti e pubblico o privato, non tutti arrivano a capirlo o a possederlo, alcuni neanche ci provano, perché il sapere pratico e operativo, forse esoterico, dell'arte non è per tutti?

Non ho risposte in proposito, se non che può essere per tutti se non lo si gerarchizza e omologa  nello stile e nel gusto....

sabato 19 gennaio 2013

Tavor Art Mobil, route 7

Ignazio Pala e Matteo Lobina, Ex operai Rockwool in lotta per il lavoro, leggono l'arte contemporanea


                                             Itto, "Sono l'ultimo dei miserabili"





                                             Paolo Cervino
                                          Calogero Marrali
                                           Davide Pradelli


                                              Davide Pradelli
                                              Itto
                                             Matteo Tauriello
                                             Matteo Tauriello
                                           Pol Bury

                                              Calogero Marrali
                                             Calogero Marrali
                                             Calogero Marrali
                                           Carmelo Gavotta

                                            Carmello Gavotta






venerdì 18 gennaio 2013

Siamo in democrazia?

Ragiono spesso su quello che succede in Italia, e anche sulla non spiegabile debolezza economica in zona euro, e non c'è altra conclusione, alla luce dell'indice della pressione fiscale, gli stipendi bloccati (di chi li ha) e il crescente valore d'acquisto nella nostra classe dirigente che ha stordito e allevato al punto da fare perdere la nozione di causa del reale.
La realtà nella nostra nazione è che si è governati da un finto sistema democratico, mass mediale, economicamente al servizio non della comunità, ma chi dalla comunità è fintamente eletto, non è il potere che fa ammalare, il controllo è il tratto patologico che governa la nostra nazione, il non prevedere varianti altre che non siano funzionali nell'immediato a se stessi, siamo una nazione malata dove certe cose cominciano a evidenziarsi solo perché il controllo della macchina dell'illusione non trova alcuno riscontro nella realtà....

mercoledì 16 gennaio 2013

Basta con la necrofilia del prodotto d'artista!

Le opinioni sull'arte e su cosa sia, sono tante quanti sono gli "addetti ai lavori".
Il problema è che mentre questi addetti ai lavori fanno sponda con i media di massa, per piazzare il loro pensiero unico, gli artisti omessi (e non i censurati) muoiono tra il disinteresse generale lontani dai riflettori.
A chi credere quando si valuta un artista? Solo a se stessi e ciò che si prova.
Bisogna sempre pensare, che se di arte si sta ragionando, un addetto ai lavori piuttosto che un altro diffonde sempre e comunque una verità discutibile (se fosse indiscutibile non sarebbe arte).
Bisogna ascoltare se stessi, la scintilla della curiosità e del sapere della propria natura, la consapevolezza non può esistere se esiste una dipendenza dal prodotto di artisti morti.

"Voi non capite le parole perché siete nella morte"
                  Gesù Cristo

La consapevolezza del processo artistico  passa per la liberazione dal prodotto di artista morto.

martedì 15 gennaio 2013

Radio London Town


ADDETTI AI LAVORI, RADIO LONDRA:

Gli "addetti ai lavori" (li chiamano così) made in London, ricordando una inquietante battuta di un curatore della Tate che qualche anno fa disse:
"Se il museo avesse ottenuto maggiore successo, avrebbe dovuto allestire deliberatamente mostre impopolari. Troppi biglietti venduti equivalgono a meno finanziamenti pubblici, bisogna quindi scoraggiare il pubblico con proposte sgradevoli".
Peché? Per sostenere che l'arte contemporanea va tutelata perché non compresa in fondo, per apparire degli eroici Don Chisciotte del tempo, ci si finge mecenati illuminati attraverso indigeribile nella sua futilità, inutilità e producibilità, una idea di prodotto che contribuisce a elevare lo spirito, “tu non lo comprendi ma io tengo in vita e rappresento questo prodotto artistico per il tuo bene e la tua evoluzione”, questo è il messaggio delle fondazioni a carico dei contribuenti.

lunedì 14 gennaio 2013

Artisti inconsapevoli di chi fossero.



L’arte moderna è stata un’arma nelle mani della CIA.
Questa è la notizia omessa, la storia non scritta, lo stile subito con la complicità di chi ha preferisce il teorema complicato per piegare popolo e comunità imponendogli di ccettare le le brutture dallo stile e il pensiero unico dell’arte contemporanea.
Ancora oggi, sostenere che la CIA ha tramato per far emergere la spazzatura artistica americana con a traino quella Europea costretta a seguire logiche di mercato dettate dal boom economico, viene come me deriso da addetti ai lavori e termina per beccarsi l’accusa di visionario e mitomane complottista se non di terrorista.
Il nodo storico è quello che va dall’espressionismo astratto sino al postmodernismo, quindi appena dopo la seconda guerra mondiale.
Tramontato  il clima della guerra fredda, sono venuti alla luce fatti ioccultati per mezzo secolo.
Mettiamo a fuoco dei personaggi, Peggy Guggenheim:
 Ebrea che seppe utilizzare i suoi soldi.
Aveva una rendita che,  oggi sarebbe di circa 5 milioni di dollari, tra i Guggenheim era considerata una indigente.
Philip Ryland, direttore del Peggy Guggenheim Collection a Venezia, sostiene che Peggy per la sua collezione di quadri moderni  non spese più di cento mila dollari del dopoguerra, oggi equivalenti a  un milione e mezzo di dollari.
Cosa indusse Peggy  a preferire nel 1943 lo sconosciuto Pollock che realizzava quadri fedeli alla sua pazzia e della sua perenne sbornia?
I suoi quadri vennero inseriti dai critici nella corrente dell’espressionismo astratto made in USA.
Durante la grande recessione in America molti artisti erano mantenuti dallo stato, lo scopo era quello di togliere dalla disperazione persone che con  carisma avrebbero potuto infiammare una rivoluzione.
A guerra finita nessuno tra i pittori “figurativi”, come ad esempio il bravissimo Thomas Benton, venne preso in considerazione.
A Peggy  quella scelta fu suggerita per mettere a tacere l’arte vera che mostrava la realtà della miseria americana  durante la grande recessione del ’29.
Sappiamo che i suggeritori  abilmente piazzati dalla CIA in posti strategici.
 Non potevano certo essere i quadri di Pollock ad entusiasmare gli esperti d’arte come Berenson, in una Europa alla fame, si trattava piuttosto del profumo del denaro dei Guggenheim.
Denaro e  profumo che non provenivano solo dalla non ricchissima Peggy, ma dal supporto CIA.
Peggy provocò all’arte un danno maggiore di quello causato da invasioni barbariche, perché distrusse il senso della ricerca artistica e del bello.
Non è stato solo il ghiribizzo di una ricca ereditiera svampita, in cerca di sensazioni e artisti che la montassero, è stata una scelta criminale che ha distrutto il senso dell’arte.
Assegnando alle persone un ruolo improprio si ottiene conseguenze funeste.
Pollock stesso è stato vittima di quella scelta impropria. 
Operazione vistosa ed efficace condotta che ha coinciso con l’indebolimento della borghesia nel dopoguerra.
Il successo enorme al di là della aspettative ha  coinciso con l’annientamento del senso del bello e del gusto estetico.
Bellezza e buon gusto poco apprezzati dalla classe dei nuovi ricchi, privi di cultura e favorevoli ad un’arte “nuova”, che ignorasse scomodi richiami alla cultura ed alle tradizioni.
L’operazione ebbe una tale fortuna che oggi un quadro di Pollock ha raggiunto la quotazione massima mai raggiunta da un dipinto: 140 milioni di dollari.
La CIA realizzò una fortificazione ideologica del mondo occidentale, ma  non dimenticò l’obbiettivo di sostituire l’anima europea togliendole ogni velleità di indipendenza.
Furono  i francesi a fornire agli americani gli strumenti per questa azione, aspiravano ad un ruolo di predominio nel mondo dell’arte, della cultura e della moda, elaborarono nuovi stili nelle arti visive, nella musica, seguendo la volontà di dissacrare l’arte di ieri.
Gli americani,  ci si buttarono, in quel modo facevano tabula rasa di tutta l’arte del passato, una eredità enorme contro la quale non potevano combattere .
Da dove veniva la ricchezza che affliggeva artisti, critici e galleristi che si dedicavano all’arte?
Sembrava che tutto il merito dovesse essere ascritto al mercato.
Denaro usciva dalle casse della CIA e quindi dai contribuenti americani, per alimentare un’arte che in realtà prefigurava il declino dell’ occidente.
L’operazione fu radicale,  venne dimenticata anche l’arte americana figurativa, ispirata alla tragica recessione del ’29 ed oggi  confinata nei musei.
Non ci si deve troppo scandalizzare se la CIA sia entrata anche nella creazione artistica del mondo occidentale, che stava per essere fagocitato dall’Impero Sovietico.
La posta in gioco per l’Occidente era la sopravvivenza della libertà per tutta l’Umanità, in realtà questa difesa della libertà coincideva con la volontà di estendere il dominio degli Stati Uniti su tutto il pianeta.
Ciò che solleva indigna è che la CIA, scegliendo una linea artistica deprimente, arrivò a distruggere tutta l’arte occidentale pur di opporsi all’arte sponsorizzata dai comunisti.
Anzi iniziò dalla distruzione dell’arte proprio negli Stati Uniti, questo ci dice che per gli americani l’arte non aveva alcun valore in sé e quindi se ne poteva disporre a piacere per ottenere uno scopo, nella fattispecie vincere la competizione con il comunismo, se  da questo relitto di arte si potevano trarre anche guadagni meglio.
Unico valore che ha l’arte è dato è oggi  quanto viene pagato per acquistare.
L’arte occidentale doveva rappresentare i caratteri distintivi dell’Occidente capitalista. I caratteri si vollero trovare nell’estremo personalismo, da rendere quasi impossibile comunicare, non avendo l’arte prescelta un linguaggio comprensibile nulla da dire.
Il capolavoro politico fu che proprio le inconsapevoli sinistre dell’occidente furono indotte a sposare le direttive, che oggi si sono rivelate  emanate direttamente dalla CIA:
"L’Espressionismo astratto rappresentava l'antitesi allo stile realista imposto agli artisti del blocco comunista e un'alternativa al dominio dell'Europa, in particolare di Parigi, nel mercato dell'arte".
Il Dipartimento di Stato americano si appoggiò alla CIA, che utilizzò vari canali, primo tra il 1940-50 il MoMa, attraverso il presidente Nelson Rockefeller, collezionista degli Espressionisti astratti, durante la guerra capo dell'agenzia di spionaggio per l'America Latina.
Dal 1950, per circa venti anni, la grande maggioranza degli americani non gradì e disprezzò l’arte moderna.
Gli artisti? molti erano ex comunisti difficilmente accettati nell’America dell’era del McCarthismo. Persone che non avrebbero ricevuto sostegni diretti dal governo degli Stati Uniti, funzionali nella guerra di propaganda contro l’ Unione Sovietica; questo nuovo movimento artistico sinistreggiante aveva la possibilità di costituire una prova della creatività, della libertà intellettuale e della forza culturale degli USA.
L’arte Russa, confinata nella ideologia comunista piaceva al popolo ma non avrebbe potuto competere.
 La prima conferma ufficiale da parte di un ex funzionario della CIA: Donald Jameson.
All’insaputa degli artisti venne applicato il sistema del “guinzaglio lungo”, con sostegni indiretti come attuato ad esempio con i periodici "Encounter", pubblicato da Stephen Spender e "Tempo Presente" diretto da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte.
Venne svolta apertamente un’attività di sostegno alla nuova arte Americana.
Nel 1947 il Dipartimento di Stato organizzò e finanziò un mostra internazionale itinerante chiamata “Progressi dell’Arte Americana” per smentire la tesi Sovietica che l’America fosse un deserto culturale.
La mostra fu oggetto di una forte critica in patria, con Truman (e la sua famosa frase in cui diceva di essere un Ottentotto se quella era arte), che ad un convegno dichiarò: “io sono appunto uno stupido Americano che paga le tasse per questo genere di spazzatura”.
La mostra itinerante venne cancellata.
Questo gettò discredito sull’immagine di un’America che si voleva patria di democrazia complessa e ricca. 
Questo aveva impedito al governo statunitense di portare la supremazia culturale da Parigi a New York sin dagli anni ’30.
La CIA venne impegnata per risolvere il problema
La decisione di includere l’arte e la cultura nelle armi statunitensi impegnate nella Guerra Fredda, venne presa appena la CIA fu fondata nel 1947.
La nuova agenzia creò una divisione: la Raccolta dei punti di Propaganda, che poté esercitare la sua influenza su oltre 800 testate di giornali, riviste e agenzie di informazione, la CIA premeva un bottone e il taglio critico di propaganda si sentiva in tutto il mondo.
Nel 1950 a capo dell’ International Organisations Division (IOD) fu messo Tom Braden.
Questo ufficio sovvenzionò la versione teatrale della Fattoria degli Animali di George Orwell, sponsorizzò gli artisti del jazz americano, i recital teatrali, le tourné internazionali dell’Orchestra sinfonica di Boston.
I suoi agenti vennero piazzati nell’industria cinematografica e nelle case editrici, sostenne anche il movimento dell’avanguardia anarchica, oltre al già citato Espressionismo Astratto.
Nell’immediato dopoguerra in Europa, dopo l’epurazione culturale contro nazismo e fascismo, sopravviveva agli occhi dei vincitori solo l’arte francese.
In realtà c’era anche l’arte italiana, che aveva conosciuto un periodo di grandezza, l’Italia era messa da parte perché aveva creato il fascismo che sul piano ideologico era stato un pericoloso nemico del capitalismo, perché più esportabile del nazismo.
Dell’arte tedesca neppure parlarne, l' inglese era inesistente. Restava  la Francia che, per la sua civetteria aveva la colpa di essersi dedicata da qualche decennio a distruggere tutta l’arte precedente, compresa quella del periodo d’oro francese nella seconda metà del XIX secolo.
Nel dopoguerra il mercato di New York per i quadri d’autore superò quello di Parigi.
Essere arrivati al punto di aver creato una non-arte che fosse un’arma nella guerra fredda è stato un crimine contro l’umanità.
Dai tempi più remoti sino alla seconda guerra mondiale l’arte ha avuto finalità  ideologiche, religiose, celebrative, ma non è mai stata falsata per essere solo strumento, solo un’arma nella contesa politica.
Prima era ovvio che l’arte dovesse piacere alla gente, la CIA riuscì a sovvertire il concetto di arte, sostituendola con il brutto, l’ irrazionale e la nullità dei significati.
Imposta da uno stuolo di personaggi camuffati da pensatori, oggi sappiamo essere stati  gente ignobile che non sapeva chi pagava il conto.
La deformazione imposta all’arte avvenne secondo premeditate linee guida dettate dalla psicoanalisi sociale, distillata dalla psicoanalisi freudiana e promossa al rango di scienza esatta.
L'arte arrivata all’attuale punto di degrado per opera di gruppi votati al dominio totale del mondo, ci induce a pensare che siamo passati dalla prospettiva di una aperta dittatura globale comunista ad una dittatura mascherata da libertà, mettendoci tutti al servizio del capitale senza regole e senza legge, ovvero la legge della rapina globale legalizzata.
 I propositi dell’utopia comunista non erano meno distruttivi, ma avevano un punto a loro favore: l’arte doveva servire a convincere le masse ad aderire al comunismo e quindi doveva essere un’arte, negli aspetti formali, gradita alle masse. Si trattava di un’arte umana.
Ma agli artisti occidentali dichiaratamente di sinistra, non è mai andato a genio doversi adattare a soddisfare i gusti delle masse, hanno preferito in sordina, solleticare i desideri inconfessati dei capitalisti, che pagavano il conto  abbagliati dai successi finanziati dalla CIA.
Il compito di dialogare con le masse in Occidente è stato consegnato alla pubblicità, ai fumetti, ai cartoni animati, alla musica leggera, all’architettura del restauro, insomma a costole del linguaggio artistico, va riconquistato.
Il linguaggio dell'arte non può dialogare solo con se stesso e con i pochi iniziati.


domenica 13 gennaio 2013

Non esiste censura nell'arte ma solo omissione!


A leggere l'erronea informazione critica d'arte specializzata, diffusa e distillata ad arte attraverso i vecchi e classici comunicazione di massa sembra che uno dei problemi della ricerca artistica contemporanea sia la censura, non è assolutamente vero, giocando su questo equivoco dell'artista scomodo, si crea e rafforzala mentalità per la quale l'artista va difeso e compreso dagli addetti ai lavori, gli addetti ai lavori portatori sani dei valori sani del libero mercato difendono l'artista contro la censura di stato e/o di continente.
Allora Ai Weiwei il bisbetico cinese agli arresti domiciliari diventa una star globale; Michael D'Antuono crocifigge Obama come Gesù; il marocchino Mounir Fatmi proietta il Corano a terra e lo rende calpestabile, riprende Salman Rushdie mentre dorme e sembra un homeless e vende cubetti ghiacciati di acqua benedetta .
In Pakistan nel 2012 degli studenti eseguono quadri di religiosi mussulmani in atteggiamenti omosessuali.
L'algerino Mustapha Bendofil documenta lo stupro di una donna da parte di un gruppo islamico armato; Mohamed Ben Slama ritrae una donna nuda davanti uomini barbuti e per concludere questo elenco che potrebbe essere lunghissimo Meriem Bouderbala dipinge formiche che escono dalla cartella di un bambino e formano il nome di Allah.
Questo la critica d'arte specialistica dietro la quale in realtà si cela il libero mercato viene presentata come arte di impegno e di militanza, anti-perbenista e di dissenso, non è vero, non è arte che subisce censura ma è arte di propaganda, della quale si disquisisce in ogni angolo del globo e che non fa altro che riprendere le riflessione quotidiane dei quotidiani, non c'è nessuna riflessione seria sul linguaggio e la grammatica dell'arte e la sua relazione all'interno di un sistema e di un settore culturale e mercantile strategicamente trasversale a tutte le culture e i territori.
Viene dipinta come arte di resistenza e di sorveglianza e invece e arte sorvegliata che mira a debellare le resistenze.
Vogliamo parlare di Nicola Mette e le sue performance mirate a spettacolarizzare la diversità al tempo di Nichi Vendola?
Quanto questi artisti rispettano le comunità dove intervengono? Ma non dovrebbe essere la stessa comunità a determinare con l'artista stesso il suo linguaggio simbolico dell'arte? Con quale diritto certa arte si arroga il diritto di individuare il limite del consentito? Dell'osceno e dell'indegno?
Il pubblico dell'arte lo si educa o lo si determina?
Un tempo la pittura e la scultura provocano e alimentavano il cambiamento sociale e culturale, adesso questa presunta arte impegnata fuori da uno spazio istituzionale non avrebbe senso alcuno.
Insomma riflettere criticamente sull'arte censurata in un contesto di territorio e addetti ai lavori liberatori e fuorviante, per comprendere i linguaggi dell'arte contemporanea realmente bisogna riflettere non sulla ingannevole pantomima della censura di e in certi spazi e contesti, ma sulle omissioni e il soffocato in embrione in quelli stessi contesti.

Tavor Art Mobil n.8, primavera


14 Aprile – 13 Luglio, Primavera 2013: Antonio Manfredi (Doll’s house), Joanna Romaniuk, Carmine Calvanese, Bob Marongiu, Carlo Sain, Donatella Sechi, Alfonso Siracusa e Spazio Sott'Olio (Davide Carcanella e Barbara D'Annunzio), Diego Dall’Ara (Mov.oscurantista) e Augustine Namatsi Okubo feat la nigeriana Bola Ecua (Marco Lavagetto),
.

Per non dimenticare: Kumi Sugay, Garcia Rossi, Cy Twombly, Antoni Tàpies , Jorrit Tornquist, Ibrahim kodra e Giuseppe Migneco.

In automobile Davide Carcanella e Barbara D'Annunzio (Spazio sott'olio)


                                                      CY TWOMBLY
GIUSEPPE MIGNECO
 Jorrit Tornquist
                                                           Ibrahim kodra
                                                        Kumi Sugay
                                                Antoni Tàpies 
                                               Ibrahim kodra

giovedì 10 gennaio 2013

Sistema e rituali dell'arte

Il sistema dell'arte con dei suoi rituali è sempre esistito, solo che si trattava di un mezzo di nutrizione energetica, qualcosa di fortemente simbolico in grado di materializzare e rappresentare richieste di aiuto.
In età pagana si nutriva il simbolo artistico e mitologico per offerte e richieste, le aspettative nei confronti dell'arte erano reali.
L'arte pagana aveva un difetto originale come l'attuale rappresentazione sistemica del mercato dell'arte era individuale e non collettiva, si chiedeva alle divinità rappresentate per simboli e si sperava che facessero tutto da soli, mancava la partecipazione.
Una richiesta è un programma, una intenzione espressa in forma affermativa, se ha una rappresentazione collettiva è più forte.
Il sistema è determinabile oggi dalla volontà dei suoi attori, degli artisti che ne fanno deliberatamente parte o meno, la rete, il web e i social network oggi permettono agli artisti  che non ne condividono i postulati di rappresentare delocalizzati una propria volontà corporativa e organizzativa.
Il supermarket della ricerca artistica contemporanea ha oggi una possibilità in più, determinata dalla libertà dell'artista di scegliere il percorso dell'autodeterminazione linguistica e comunitaria.
Il conduttore di un altra possibilità di sistema dell'arte e l'artista stesso con il suo linguaggio simbolico rivolto e determinato dalla sua comunità di riferimento.
Il padrone del proprio sistema dell'arte è l'artista libero ricercatore di linguaggi simbolici, affettivi e comunitari, lui è il definitore delle regole con le quali si accorda alla comunità, lui rappresenta il gioco, è incredibile come il mercato abbia stravolto le regole del gioco in virtù di successi promessi che rendono artisti di qualità assoluta sottomessi all'illusione dettata dall'altrove.

mercoledì 9 gennaio 2013

Carlo Sain, Tavor Art Mobil 013





Aprile – Giugno, Primavera 2013: Antonio Manfredi (Doll’s house), Joanna Romaniuk, Carmine Calvanese, Bob Marongiu, Carlo Sain, Donatella Sechi, Alfonso Siracusa e Spazio Sott'Olio (Davide Carcanella e Barbara D'Annunzio), Diego Dall’Ara (Mov.oscurantista), Nama feat la nigeriana Bola Ecua (Marco Lavagetto),
.

Per non dimenticare: Kumi Sugay, Garcia Rossi, Cy Twombly, Antoni Tàpies , Jorrit Tornquist, Ibrahim kodra e Giuseppe Migneco.

In automobile Underground solution



Pervenuta l'opera  di Carlo Sain, "Borsa in recupero con onda", smalto su tela 10 per 15 

domenica 6 gennaio 2013

Patologia del curatore d'arte contemporanea

Gran parte degli "addetti ai lavori" del sistema dell'arte contemporanea soffre di quella paranoia chiamata delirio interpretativo, patologia che consiste nell'elaborazione da parte del malato, di una teoria che è una vera idea fissa, all'interno della quale il malato inscrive ogni fatto, deformandolo e alterandolo omettendo tutto quello che non conviene.
Le dottrine dei malati di questa patologia sono metafisiche o religiose se non sociologiche con pretese scientifiche.
Vivono elaborando teorie falsamente nuove alle quali questi addetti ai lavori si attaccano con la furia con cui il perseguitato o il megalomane si aggrappano all'idea dei loro immaginari nemici.


sabato 5 gennaio 2013

Tavor Art Mobil, route n.7: Inverno.


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Tavor Art Mobil, route n.7: Inverno

Riparte la Tavor Art Mobil 2013, la prima novità è che ai due artisti-curatori che conducono l’auto-mobile se ne affiancano due con le loro intersezioni linguistiche di ricerche artistiche contemporanee: Marco Lavagetto e Gianfranco Sergio.
 Primo appuntamento 2013 con Carmelo Gavotta artista alter ego di Marco Lavagetto, edicolante di Cuneo che ha rivoluzionato l’idea di sistema dell’arte con la sua partecipazione alla Biennale di Tirana del 2001.
Itto e le sue pagine di Flash Art come supporto di supposti interventi pittorici.
Le misteriose scatole dal valore di due milioni di euro di Davide Pradelli.
Matteo Tauriello e la sua alchemica capra a cinque stele.
L’esplosione informale in cerca di forma di Paolo Cervino e l’idiozia animale dell’ umano di Marrali Calogero.
Per la sezione della memoria I guizzi pittorici di Orfeo Tamburi, I frammenti di Pino Pinelli, la musica visiva di Arman, gli esercizi ottici di Pol Bury, il gioioso catalano Mirò, le geometrie in movimento di Agostino Bonalumi e Marco Tirelli.
A leggere le loro ricerche gli ex operai Rockwool in lotta, ancora il lotta.



20 Gennaio -  23 Marzo : L'italiano Carmelo Gavotta (Marco Lavagetto) feat Claudio Calvitti in arte Itto, Matteo Tauriello , Paolo Cervino, Davide Pradelli e Marrali Calogero.

Per non dimenticare: Orfeo Tamburi,Pino Pinelli, Mimmo Germanà, Arman Fernandez, Pol Bury, Joan Mirò, Agostino Bonalumi e Marco Tirelli.

In automobile Salvatore Corriga, Matteo Lobina e Ignazio Pala.


Autismo artistico applicato ai social media

L'arte, gli artisti e le ricerche artistiche stanno perdendo in questo secolo empatia, non interessa più la vita interiore dell'artista, dell'altro artista, è sostituita dall'etica o meglio dalla sua rappresentazione estetica di un etica che potrebbe non corrispondere alla realtà.
Si sta appiattando l'universo emotivo e si usa la logica per giustificare come carino l'oggetto artistico.
L'empatia verso un linguaggio artistico il secolo scorso avveniva per linguaggio diretto, tutto è diventato disimpegnato e il millenario linguaggio simbolico dei processi artistici è in difficoltà, il gesto artistico si omologa.
La prossima generazione di artisti rischia di essere monocervellotica, veloce, fredda e incapace di sintonizzarsi con le reali problematiche verso cui si rivolge.