martedì 17 giugno 2014

INSOPPORTABILE PUZZA DI STANTIO di Angelo Billia

INSOPPORTABILE PUZZA DI STANTIO di Angelo Billia

Il sistema è semplice e dei più collaudati, ogni volta che si vuole prendere a calci la parte migliore della contemporaneità, quella, per capirci, che è tale perché effetto di un sostanziale rinnovamento positivo del passato, non c’è di meglio che un’espressione di disgusto, unita al piglio spregiudicato, attribuito, in modo tanto fraudolento quanto convincente al mondo giovanile. 


L’operazione così concepita risulta tanto più riuscita quando, come da tradizione, viene supportata anche da personalità “progressiste” che devono la loro fama alla magnanimità dei media, sempre attenti al “pluralismo”, idoneo a dare la sensazione di servire una democrazia applicata.


Il tutto, in questo momento, ha lo scopo di scardinare, anche formalmente, una costituzione che, per gran parte della sua essenza non è mai stata applicata e la forma parlamentare da essa concepita. 


Eppure, come si sa, non si tratta di una costituzione socialista. Semplicemente riflette il tempo in cui, in Italia, i rapporti di forza fra capitalismo e classe antagonista, per alcuni erano sbilanciati a favore di quest’ultima.

Le riflessioni che si possono fare sull’argomento sono centinaia, ma basta per tutte la constatazione che il capitalismo, quello stesso che ha costruito e usato l’ideologia fascista, si è preso la sua rivalsa nei confronti della resistenza costruendo un’Europa a sua immagine e somiglianza. 


Il risultato sotto gli occhi di tutti è costituito dal suo pasto insaziabile a spese delle masse lavoratrici dell’intero continente.

La classe dirigente, come ha dimostrato la storia, tanto più è famelica e tanto più ha bisogno di un ordinamento repressivo, idoneo a coprire “politicamente”, culturalmente e materialmente il fiero pasto. Ecco quindi gli uomini di mano necessari: Napolitano, Monti, Renzi. 


Volto rassicurante, pacatezza espressiva, manuale del perfetto depistatore in mano e spietatezza nelle decisioni, è questo il curriculum necessario per accedere alle vette del comando.

Quando il meccanismo è ben oliato tutta la struttura agisce come un sol uomo. 


Due milioni di voti delle cosiddette primarie trasformano un imbonitore da fiera in imbonitore nazionale e il 40% del 57% dei voti lo trasforma in maggioranza assoluta. 

Tanto è bastato per garantire la vittoria della marcia su Roma del moderno duce. 

E come allora, mentre s’appresta a trasformare quell’aula sordida e grigia in un bivacco per i figli del PD, per giunta senza Aventino perché manca ogni tipo d’opposizione reale, il moderno istituto LUCE (il serraglio dei media nazionali) s’affanna a presentarlo come il condottiero senza macchia e senza paura, per coprire il fatto che la guerra di Renzi, esattamente come quella di Mussolini, è prima di tutto condotta contro il suo popolo.

Ovviamente, perché l’operazione proceda senza intoppi qualche contentino bisogna pur darlo.

 Ecco, quindi, l’argomento degli argomenti: la corruzione. 
Questa “novità assoluta” che merita tutta la spietatezza del duce (in guerra tutti i soldati sono sacrificabili). 
Quindi, mentre sul campo di battaglia si contano a milioni le vittime falciate, qualche migliaio “suicidate”, il resto trasformate in semi vivi dalla mancanza di lavoro, l’attenzione viene concentrata sui ladri, come se la rapina sulle masse non fosse dovuta prima di tutto all’obolo sostanzioso strappato al popolo per “nutrire” una classe di parassiti. 

Eppure, telegiornali a parte, chiunque è in grado di capire che la corruzione ha fatto sempre parte integrante di questo sistema sociale; era l’essenza della monarchia applicata, lo è stata per il fascismo, lo era per lo Stato a conduzione DC prima, DC PSI poi, per quello aziendal populista e lo è per quello a conduzione Napolitano & c.. 

Tant’è, è un argomento talmente “nuovo”, da divenire periodicamente uno dei cavalli di battaglia preferenziali di tutti gli aspiranti alla gestione della galera eufemisticamente chiamata Stato. 

Si solletica il meccanismo mentale del linciaggio, secondo il quale il nemico principale è colui che ruba il cavallo e si considera galantuomo il banchiere che deruba tutti indistintamente.

Semplificando, anche l’avventura aziendal populista di Grillo è l’effetto di questa logica perversa, la stessa che, forse con maggior consapevolezza e soprattutto credibilità per gli interessi profondi che devono essere tutelati, presiede all’operato di Napolitano Renzi. 


Del tutto logico che, dopo il tentativo di spallata fallito, Grillo ricerchi la collaborazione con Renzi, sia pure da posizioni di concorrenza, ambedue hanno il compito di assicurare il restailing dell’immagine fornita dal potere parassitario e, soprattutto, adeguare gli strumenti legislativi a copertura dei suoi perfezionati modelli di rapina.

Nell’opera di depistaggio culturale propedeutica al progetto autoritario, un ruolo di primo piano è svolto dall’operazione mediatica che può essere semplificata con “negativo uguale vecchio”. 


Vecchie sono le ideologie, vecchi i partiti che le veicolavano, vecchie le dialettiche che permettevano a chi rappresentava i deboli di limitare i danni, vecchi gli ordinamenti dello Stato che permettevano una qualche voce in capitolo alla classe subordinata. 

Ovviamente il tutto non può essere reso credibile senza una martellante opera mistificante degli aspetti positivi di quel passato. Ecco, quindi, i “ragazzi” di Salò messi sullo stesso piano dei partigiani, i comunisti uguali ai fascisti, i personaggi più ambigui dei partiti del dopoguerra trasformati in modelli ad uso e consumo di chi, oggi, vuole portare a compimento i loro progetti.

Non c’è da stupirsi se, anche fra chi fino a ieri si definiva di sinistra, questa campagna è riuscita a fare proseliti. 

Chi oggi storce il naso di fronte alla parola partito, consapevolmente o no è il prodotto di quest’operazione. 
L’ipercriticismo apparente che permea ormai vastissimi settori della società non è altro che la rinuncia effettiva all’esercizio stesso della critica, per la semplice ragione che prende di mira i picciotti in secondo piano collaborando con la cupola di cui sono espressione.
Cambiare perché nulla cambi è la parola d’ordine del capitale, guai a noi, se non saremo capaci di cambiare perché tutto cambi.

Nessun commento:

Posta un commento