sabato 23 novembre 2013

Marco Lavagetto? Un artista da rimuovere!

Ricapitoliamo un poco di Storia dell'arte contemporanea, di quella scomoda, di quella omessa dai media specializzati e dagli addetti ai lavori.

Nel 2001, attraverso la rubrica "Lettere al Direttore", un finto Oliviero Toscani, attraverso email finte (oggi si direbbe profili fake), dopo una intensa e carica corrispondenza con Giancarlo Politi, il Direttore di Flash Art, la rivista d'arte contemporanea più credibile e attendibile d'Europa, riesce a farsi invitare come curatore alla Biennale di Tirana.

Il fake Oliviero Toscani per l'occasione creò a tavolini quattro sottofake, comprese di produzione e percorso artistico, profili creati attraverso la ricampionatura di materiale accessibile e disponibile su un web che all'epoca era ancora una terra di frontiera da esplorare (era il tempo dove il cyberattivismo passava per Indymedia e non via facebook per intenderci), scrisse il finto Toscani anche un testo critico sostenendone il lavoro dal punto di vista teorico, sociale e culturale.

I quattro artisti erano la nigeriana Bola Ecua (che attraverso il suo lavoro denunciava le brutture e le nefandezze politiche, economiche e culturali della sua terra); l'arabo Hamid Picardo (portavoce di Osama Bin Laden nel sistema dell'arte contemporanea); l'italiano Carmelo Gavotta edicolante di Cuneo e lo slavo pedofilo Dimitry Bioy.

i quattro artisti taroccati sono stati esposti regolarmente alla Biennale di Tirana, lo stesso catalogo della Biennale e i relativi gadget e manifesti sono stati progettati e ideati dal finto Oliviero Toscani, scaricando qui e li materiale sottoculturale liberamente prelevato dal web e elevato a forma d'arte attraverso il nome e la monografia degli artisti creati a tavolino dal finto curatore e fotografo.

La truffa è stata smascherata dopo l'inaugurazione della mostra, quando Politi pensa bene d'invitare il vero Toscani, inviandogli il catalogo dell'evento, il vero Toscani ignaro di tutto querelò il finto Toscani e lo stesso politi; Kostaby invoco l'intervento della C.I.A. e del F.B.I. e la notizia fece rapidamente il giro del globo.

Dopo diverse ricerche, il responsabile della beffa venne individuato, si trattava dell'artista Marco Lavagetto.

Non so come sia andato il procedimento penale Toscani-Lavagetto, quello che so è che i finti artisti creati da Lavagetto nel mio immaginario artistico e collettivo hanno continuato a vivere, anche se Lavagetto uno l'ha fatto morire ed è Dimitri Bioy.

Lavagetto è a conoscenza della stima che nutro nei suoi confronti, pochi artisti sanno navigare controcorrente con la forza e il coraggio di raccontare con il loro lavoro la pochezza di contenuti di questo sistema dell'arte globalizzato, per questo mi ha consentito di acquisire frammenti di quel lavoro e di quella ricerca-indagine sui limiti del sistema dell'arte, ovviamente entusiasta lavoro nel quotidiano per divulgare un lavoro e una ricerca scomoda, che tutti sembrano avere dimenticato, al punto che scopro che qualcuno tra i miei contatti che non conosce (o conosce troppo bene) la storia di Marco Lavagetto, ha pensato bene di segnalare una fotografia dove mostro il lavoro di Dimitri Bioy, tutto giusto, sacro e legittimo, l'arte può offendere sensibilità e coscienze e non sempre elevarle, ma con tutto quello che accade nel sistema dell'arte (spesso a carico del contribuente o di chi vorrebbe ma non può) possibile che tredici anni dopo avere mostrato il futuro ed essere arrivato a rivelare il presente, il lavoro di Marco Lavagetto, privo della giusta protezione (che come Oliviero Toscani aveva trovato), susciti ancora così tanta indignazione? Quanta ipocrisia diffusa c'è tra gli addetti ai lavori dell'arte contemporanea?




Domenico “Mimmo” Di Caterino:
Marco, il tuo nome è naturalmente associato all'operazione "di adescamento" che ti vedeva coinvolto nell'operazione dell'organizzazione della prima Biennale di Tirana organizzata da Flash Art e Giancarlo Politi nel 2001, curata di fatto da te o meglio da un finto Oliviero Toscani che poi si è scoperto essere te, come è nata questa operazione è stata progettata?
Marco Lavagetto: Un anno fa preparai un testo sulla storia di Tirana per il mio catalogo. Le interviste non mi piacciono, mi ricorda sempre quell'intervista su Rolling Stone mai pubblicata per paura di querele. Ma sulla vicenda della Biennale di Tirana, il primo giornale che ne parlò fu “Amica”. Andato in Marocco per rivedere un amico, conobbi Michele Ciavarella, caporedattore della rivista citata e ne rimase affascinato a tal punto che pubblicò quella notizia in anteprima, nei primi di ottobre. Poi, “Carta” di Pablo Echaurren, “L'Espresso”, Arte di Mondadori, una rivista coreana e altre riviste d'arte.

Mimmo: 
Il tuo primo contatto tra te e Politi è stato a firma Oliviero Toscani?

Marco Lavagetto: 
Prima dell’operazione su Tirana, spedii a Politi un messaggio firmandomi Marta Bellano. Ci cascò e ci fu un momento che progettai il look della mia ennesima personalità, parrucca, pelliccia e collane incluse, per presentarmi lì, in Via Farini.

Domenico “Mimmo”Di Caterino:
Certo, che della tua operazione artistica se ne sia parlato moltissimo e che abbia fatto il giro del mondo è un fatto, a dirla tutto io penso che sia stata l'operazione artistica più importante di questo secolo, ha il merito di avere evidenziato tutte le degenerazioni di un sistema che antepone il prodotto sotto forma di provocazione al processo, dobbiamo però anche ragionare sul perché tale azione sia stata anche omessa e dimenticata in tempo reale, perché? Come te lo spieghi, o meglio come lo spieghiamo a chi cerca di comprendere i motivi della tua omissione attraverso questa intervista?

Marco Lavagetto: Ci sono cose riguardanti la biennale albanese che erano fantasmi e adesso risorgono: il sito pirata Tiranax cancellato; il libro non disponibile, "il Complotto di Tirana", edizioni DeriveApprodi con un prezzo assurdo (150 euro); il testo in inglese pubblicato sul sito e-flux firmato da un improbabile Francesco Bon amì. Per non dimenticare il Politi che, lapidario, mi chiuse la porta in faccia, definendomi il "becchino dell'arte"…, ma questa definizione è perfetta! Io sono stato il becchino che ha introdotto violentemente, il nuovo millennio costruendo una bara virtuale dell'arte contemporanea…
Mimmo:
Nel dicembre del duemila, spedisti un'e-mail a Giancarlo Politi, presentandoti come Oliviero Toscani. Intuivi che stavi tramando la prima opera d'arte criminale del nuovo millennio?
ML:
Quando inizi un'opera senza un progetto, ti senti libero di esprimerti senza pensare alle conseguenze e da un piccolo movimento delle ali di una farfalla, si crea un terremoto: funziona sempre così, anche nell'arte. Si era entrati in una nuova epoca piena di foschi presagi e meditando sulla sporcizia che c'era in giro, scelsi di mettermi in gioco usando internet. Volevo farmi sentire senza farmi vedere e sfruttai la clandestinità, che si adattava alla mia mente camaloentica, costruendo, giorno per giorno, passaggi tra il mondo reale al mondo della finzione. Usai tutte le mie piccole conoscenze per bollire a fuoco lento l'arte contemporanea, governata da critici deficienti con artisti noiosi e strapagati. Se avessi esposto un quadretto del Lavagetto in una galleria a New York e se una collezionista me lo avesse comprato, non mi avrebbe dato quella soddisfazione che provai. Sapevo già che, prima o poi, sarei stato scoperto: l'arte senza rischio è priva di tensione. Questa è stata la prima operazione chirurgica-artistica che mi ha fatto capire quanto sia debole il sistema immunitario dell'arte. Se fossi nato nel Mondo Duplex, sarei già diventato famoso! In quel mondo cubico si può fare di tutto e i vigili ti fanno la multa perché non hai sporcato un muro, cose che sulla terra non si possono fare. Per tornare al nocciolo della questione, conoscevo Politi solo dalle sue lettere irritanti pubblicate sul suo giornale, un uomo che poteva accettare la sfida senza abbassare la guardia. Tornando alla questione del battito d'ali di una farfalla, la cosa che mi fece premere il grilletto, fu la classica hit parade dei cento artisti su Flash Art pubblicata nel 1999: io ero l'ultimo della lista ed il penultimo era Oliviero Toscani. Così, colsi l'attimo fuggente e cambiai identità usando un nome famoso e conosciuto solo per le sue continue provocazioni. Con quello specchietto per le allodole ero sicuro che potevo manovrare di nascosto il settore debole dell'arte “per vedere l'effetto che fa”, come cantava il cinico Jannacci. Poi fu fondamentale l'ingenuità e, perché no, la ignorante resistenza del Politi che contribuì in toto a costruire un'opera senza dimensioni e incatalogabile.
Mimmo:
Ma Politi non ha mai avuto un sospetto, un minimo dubbio, che stava scrivendo a Oliviero Toscani?
ML:
Giancarlo era sicurissimo che, tutti i santi giorni, scriveva al “vero” Toscani. Nell'arte c'è sempre qualcuno che accetta il ruolo della vittima per aumentare il valore aggiunto... Politi ha partecipato casualmente ed io volontariamente. Lui si era immedesimato a tal punto che battezzò, i Fantastici quattro artisti di Toscani, sul suo giornalaccio con un titolo grottesco, “Saranno famosi".
Mimmo:
In nove mesi sei riuscito a partorire con facilità e con giubilo, le tue mostruose creature. Lo avevi già fatto in passato?
ML:
Nei primi anni Ottanta, avevo ideato un'Enciclopedia illustrata delle arti normali (Eian) con nomi di artisti fittizi, ma non potei pubblicarla perché non avevo i soldi e non avevo il permesso di usare immagini tratte da un libro per ragazzi. Per farti un esempio, usai il nome di Achille Bonito Oliva, storpiandolo come Avion Bolito spa. Usavo sempre pseudonimi: Aldo Samuele, Toni Kupì, Oreste Vitale, Santo Colella, Lorenzo Quadro, Tito Mussoni e mi fermo qua per non annoiarti. Non trascurando che pubblicai nel 1984 su Panda's Over, un articolo Sulle false arti con artisti inesistenti. In quel tempo, non conoscevo Borges ma sarà stato il suo meme potente che si era già infilato nella mia mente. Arrivando al 2001, anno importante per cambiamenti storici, mi resi conto che avevo in mano una bomba, come quella scatoletta di cartone ticchettante che esposi nella Galleria Kaiman per il G8 nel 2001 di Genova. Avevo un ordigno mediatico pronto per esplodere in faccia a quelli che guardavano solo programmi infarciti di commozioni pilotate, politicanti sempre in tv, con Vittorio Sgarbi onnipresente e gli opinionisti di bella presenza per dare un messaggio (?). Anche Sgarbi ne parlò su Il Giornale, citando la brutta figura che fece Giancarlo Politi, “invitando artisti inesistenti proposti da un finto Oliviero Toscani”. In quel momento, pregno di significanti e significati, avevo solo voglia di farmi una bella cagata in santa pace. E io la feci! una cagata assoluta, una situazione che coinvolse tante persone – giornalisti, critici d'arte, avvocati, puttane, clandestini e carabinieri – ribaltando completamente il concetto dell'arte. Vomitai quattro biechi personaggi votati all'attualità del secondo millennio quali il terrorismo, la pedofilia, la pornografia, il voyerismo, la guerra, la violenza e la religione.
Mimmo:
Ho letto il libro autoprodotto Il Complotto di Tirana e ho notato che, in alcuni punti, mancano i nomi e le corrispondenze sono state cancellate. A mio parere, sembra un “opera collettiva”. Come hai fatto a spedire quelle opere da Marrakesh, Gainsville, Lagos e da Moiola?
ML:
Sicuramente! Avevo un team di collaboratori e amici che contribuirono in ombra a celebrare questa opera barbarica. Ora non me la sento di fare nomi perché non mi va di essere di nuovo querelato. Se vai su Wikipedia e cerchi “Il Complotto di Tirana”, trovi anche il mio nome. Un anno fa, su quella pagina, sembrava una operazione senza appartenenza e senza esiti. Adesso qualcuno – un ignoto wikipediano – ha avuto il coraggio di citarmi. Non so chi sia e non voglio saperlo.
Mimmo:
C'è stato qualche momento in cui ti sei sentito di mollare il colpo?
ML:
Se abortivo, non sarebbe mai nata questa creatura. Io ero il dottore e decisi di continuare fino alla fine. L’arte, se si può chiamare arte, continua a sopravvivere grazie agli imbecilli che c'hanno creduto, come Giancarlo. Il Politi giudicò “immagini estremamente interessanti, a detta anche di altre persone esperte, opere straordinarie, richieste da altri galleristi”... Sì, persone esperte dei catarri nel mondo opaco dell’arte contemporanea.
Mimmo:
Esistono ancora i tuoi artisti?
ML:
Sì, ma non sempre. Vorrei aprire uno spazio per la Biennale di Bolzaneto. Se fosse vivo Vitelli, lo inviterei a suonare il suo violoncello presentando, musicalmente, i miei e i suoi cospiratori artisti.
MIMMO:
Per te cosa significa l'identità e come ti rapporti, concettualmente, con un'opera d'arte?
ML:
Per fare un esempio paradossale, Isidore Ducasse - che era stato uno dei primi situazionisti – scriveva: ”Scavare una fossa, spesso, sorpassa le forze della natura ”. E la performance di Bola Ecua, Funeral in Chinguetti, ne è stata la prova.
MIMMO:
Su cosa stai lavorando adesso?

ML:
I miei ultimi lavori, sono basati sugli incidenti funebri ma vorrei anche citare una frase esponenziale del Quaderno verde di Jusep Torres Campalans, perfetta per l'epilogo: “Mutare sempre la verità in menzogna perché non cessi di essere verità”. Concludendo, dovrei per forza “creare pietre”- come mi ha consigliato l'artista sopra citato - per lanciarle sulle vetrine illuminate delle gallerie d'arte, istigando sempre a delinquere.

Marco Lavagetto in galleria con un suo collaboratore.

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