lunedì 18 agosto 2014

Danilza di Angelo Billia

DANIZA di Angelo Billia

Chi la vuole morta, chi la vuole viva, chi la vuole viva purché non dia fastidio, chi purché dia fastidio.
C’è chi sogna le foreste del ‘600, chi, al contrario, le vorrebbe sterilizzate ed ordinate , “al passo con i tempi”.
C’è chi vuole denunciare il fungaiolo, puntando sull’”infallibilità” della “giustizia” italiana e chi, invece, vorrebbe trarre in giudizio l’orsa.
C’è chi è chiamato professionalmente a fare qualcosa e traccheggia per non scontentare nessuno e chi affila l’arma economica per dimostrare “democraticamente” quanto ha “ragione“: vengo in ferie se la uccidi; non vengo se non la lasci libera.
L’amo lanciato dai palazzochigidipendenti, altrimenti detti “giornalisti”, ha fatto il suo dovere ferragostano. 

Un po’ di Pashmerga formato famiglia cattolica, un po’ di cronaca grondante sangue d’innocenti, soprattutto un po’ di Daniza e il gioco è fatto. 
L’Italia che “conticchia”, cioè quella che può permettersi, dall’”alto” di un reddito magari insidiato, ma per il momento ancora garantito, di alzare il viso dalle angustie della sopravvivenza quotidiana ha abboccato.
A volte sottintese, a volte esplicite, piovono interpretazioni “filosofiche” un tanto al chilo, sul modo “giusto” per armonizzare l’esistenza dell’uomo con la natura. 

La questione verte quasi sempre sui diritti degli animali e la cosa si dibatte con toni talmente accesi da mettere in secondo piano l’essenza stessa delle cose. 
Spesso l’uomo, in quanto specie, finisce per l’essere assimilato a qualsiasi altra specie animale, dal che deriva che l’animale non deve essere utilizzato dall’uomo.
Spesso gli autori di sì mirabili teorie dimenticano di far parte di alcuni milioni di un’umanità che a miliardi è costretta a divorare tutto ciò che si muove, purché commestibile.
E’ così che un’esigenza di salvaguardia dell’ecosistema, fatto scientificamente importante soprattutto per le ricadute che ha sulla vita delle persone, diviene l’esigenza di salvaguardia degli animali e basta. Tra l’altro il tutto è ampiamente dimostrato, in molte trattazioni sull’argomento, dalla pressoché totale assenza dei danni causati all’ecosistema dal modo di produzione capitalistico.
La cosa, alla fine, può essere esemplificata con un assioma: discuti sulla cornice, ma non sul quadro che vi è all’interno.
E’ così che una parte della parte dell’umanità “ricca” perde di vista l’insieme e si arrocca, spendendo il suo tempo in battaglie che tra le altre cose hanno il difetto di dimenticare l’unicum biologico di cui fanno parte l’umanità, le specie animali e quelle vegetali.
Se così non fosse, forse gli interrogativi sulla “sofferenza” di questa o quella specie animale, lascerebbero un po’ di posto alla scienza e meno alle similitudini che ognuno può soggettivamente ricavare rispetto a sé stesso. 

Per dirne una, chi ha detto che le piante non “soffrono” e che gli animali meno “fotogenici” soffrono meno di altri?
Ma si aprono altri interrogativi e sono tutt’altro che lusinghieri.

 Perché, ad esempio, i fiumi d’inchiostro e le fiere proteste sugli animali più fotogenici utilizzati per l’alimentazione umana, non trovano riscontro sulle origini di sì “aberranti” abitudini?
Personalmente amo i cani e i gatti perché sono abituato a considerarli “compagni” dell’uomo, ma questo mi darebbe il diritto di strepitare sull’abitudine dei cinesi, cioè di un popolo che per secoli ha visto fior di neonate bambine sacrificate alla nascita, sulla base della consapevolezza che sarebbero morte di fame? 

Qual è il delitto? 
L’abitudine di mangiare anche i cani o la fame che li ha costretti nell’alimentazione di un popolo?
Faccio una previsione sperando di essere smentito: Daniza verrà trovata defunta, “sparata” da qualche “bracconiere”, sulla falsariga di quanto avvenuto con Bruno, l’orso di qualche tempo fa. 
A prescindere da chi veramente avrà premuto il grilletto, ci sarà l’elemento capace di mettere insieme nemici e nemici: il bracconiere. Il capro espiatorio, a volte immaginario, capace di permettere alla gente di “buona volontà” di sognare una natura fatta a misura della fantasia di una parte numericamente infima del genere umano, relegando sempre e comunque in secondo piano la “questione ambientale” dirimente per miliardi di uomini, ovvero lo sfruttamento su tutto e tutti da parte di un pugno di uomini.


P.S.
Queste note si prestano a due critiche variamente formulate.

 La prima verte sulla ragione per la quale con tutti i problemi più seri che ci sono, perché attardarsi su questioni come queste.
 Rispondo anticipatamente dicendo che considero buona parte di ciò che accade sul versante animalista come prodotto del successo di una campagna di distrazione di massa ben riuscita.
La seconda critica è relativa agli amici animalisti che si sentono colpiti, ai quali obietto che non sono un pesce fuor d’acqua rispetto al contesto culturale attuale, anch’io possiedo animali che amo, ma, per ragioni d’età sono particolarmente contiguo all’epoca in cui in Italia si mangiavano i gatti e, checché se ne dica, lo si faceva per fame.

 Aggiungo che anche l’animale che mi è più caro, se mettesse in pericolo l’incolumità di un uomo, o peggio, di un bimbo, vedrebbe la mia trasformazione in nemico mortale. 
Prima viene l’uomo, sempre, in particolare l’uomo oppresso da un sistema profondamente ingiusto e quell’uomo vale quanto la mia vita.


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