lunedì 14 luglio 2014

Io, tu Mogol e la crisi dei linguaggi dell'arte nell'isola.


Il termine STORICO e il termine RICCHEZZA, possiamo ragionarci intorno per anni, ma nell'isola non possono avere lo stesso valore che hanno in continente e lo dico da emigrato (o esiliato) nell'isola.

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«Stiamo organizzando, inoltre, la promozione del brano anche sui social network. Vogliamo che i turisti portino questa canzone nel cuore e la riportino a casa, per poi tornare a visitarci», ha sottolineato l’assessore regionale al Turismo Francesco Morandi: «Per noi questo è uno straordinario spot per la promozione turistica»
Massimo Deiana, assessore regionale ai Trasporti, e Claudia Firino, assessore regionale alla Cultura della Regione Sardegna.
Sempre per ragionare sui linguaggi dell'arte nell'isola che vivo e dove risiedo, ho ascoltato oggi un brano che vi lascio presentare direttamente per voce dell'autore, Mogol:
«È la canzone dell’accoglienza. Questa canzone è nata da un dispiacere. Ero preoccupato dalle tante brutte notizie che sentivo sulla crisi dell’economia sarda. Mi ha colpito in modo particolare il gran numero di disoccupati, e mi sono chiesto cosa potessi fare per la Sardegna. Ben poco, ma io scrivo canzoni e così ho chiamato i Tazenda. Abbiamo pensato a una canzone festosa, una cartolina amorosa che deve accogliere chi arriva qui».
Al solito delle mie riflessioni sui linguaggi dell'arte dell'isola e i loro rapporti con le istituzioni; ne parlo direttamente con gli artisti che animano la terra e la comunità sarda, uno è Quilo-Su Komandanti dei Sa razza, riferimento storico e culturale imprescindibile per i sogni disobbedienti e localizzati della mia generazione, l'altro è Pietro Mereu, artista "disoccupato in affitto", coinvolto nel progetto con un documentario che vede coinvolto lo stesso Mogol.
Mimmo:
Mi sembra, che le istituzioni politiche sarde, stiano concependo l'idea di arte e cultura nell'isola come un grande villaggio turistico, con gli indigeni locali ridotti a proporre una immagine della loro cultura folklorica e incontaminata, rivolta al migliore offerente. 
Penso a passaggi testuali come: "Sardinia Sardinia più sole nel cuore....., resta così, così per noi, gente che viene e va in cerca della sua libertà",  poi ci si meraviglia che questa terra venga percepita dai coontinentali solo come un luogo per la villeggiatura.
Sinceramente non comprendo, come mai le istituzioni sarde e i mezzi di comunicazione di massa, siano li ad acclamare il regalo dell'artista extraisolano e quotidianamente ignorano e omettono il serio lavoro che gli artisti che vivono e raccontano realmente l'isola, sono corresponsabili del processo di omissione culturale degli artisti locali anche in continente, il tutto al solito, tra il silenzio critico generale.
Eppure Komandanti, qualche artista isolano, come Pietro Mereu, ha provato, relazionandosi direttamente a Mogol, a fargli comprendere la complessità della cultura con la quale andava a confrontarsi, ma mi sa che davanti al luogo comune che vuole l'isola in una certa maniera c'è poco da fare..

Quilo/Su Komandanti:
La canzone sarà diffusa nei porti e aeroporti isolani, ma anche nei ristoranti, alberghi e stabilimenti balneari.  Nello sfondo vedo questo: La Banalità dell'isola infelice che potrebbe essere felice e quindi perchè non cantarci l'inno d'autore?  Lo regala capite ? Gratis ! 
Andando oltre,  quel che dice Mogol non mi interessa, è uno che la Sardegna non la conosce affatto, non la vive se non per farsi qualche giorno di vacanza, con qualche soldino, per carità magari pure meritato  della SIAE ( società italiana privata che ha di fatto Monopolizzato i diritti degli autori). 
Quello che sconvolge è il nostro NON-POPOLO che si fa POPOLO solo quando qualcuno dice che ci "inculiamo le capre" o quando ci fanno qualche regalia ( perline ); siamo POPOLO quando 1500 persone si ritrovano a Cagliari davanti ad un mega schermo a tifare ITALIA ITALIA, ma non siamo popolo, quando in piazza ci dovremmo scendere davvero per i nostri diritti. 
Siamo POPOLO quando ci dicono " ma che bel mare che avete...e bla bla bla ".
Questa è di fatto, la canzone del NON POPOLO, anzi del POP-olo che si emoziona, si bea in quello stupido orgoglio che chiamano poi Sardità,  per poi dire che siamo i MIGLIORI ITALIANI, ancora all'infinito per fregiarci dei morti in guerra "la sardegna ha dato il suo contributo di sangue" ( ne vanno fieri );  cazzate, di non senso, di ignoranza storica, banalità da spiaggia.
Meno male che questa HIT è arrivata proprio in tempo per la Stagione Turistica, Agosto.
Perché in Sardegna il turismo si sta riducendo a 15 giorni ad Agosto, questa è la vergogna altro che isole Hawai e Polinesia! 
Non manca una canzone, manca una strategia vera che possa farci decollare e far vivere ai nostri ospiti la Sardegna che c'è e che respira tra le sue sagre, i suoi Carnevali, i suoi tesori archeologici, le sue coste bellissime, la sua Gente, il suo POPOLO. 
Direi a Mogol: grazie del tuo Regalo ma questa è Sardegna non l'isola colonica tropicale.

Pietro Mereu:
Mimmo io ho conosciuto Mogol, lui mi ha chiesto se volessi utilizzare la sua canzone come colonna sonora e io ho accettato. 
Nel bene e nel male chi sono io per rifiutare una canzone scritta da Mogol?
Sopratutto se serve a dare più spinta ad un documentario che dovrebbe raccogliere fondi per gli alluvionati, il sito è www.noinonmolliamo.com.
Mimmo:
Pietro, capisco il tuo posizionamento e il tuo atteggiamento ludico e situazionista, è encomiabile, punto il dito, con la complicità di Quilo, contro le istituzioni che sembra prendano le distanze dai propri artisti per un atteggiamento provinciale che parte dall'interno, ma forse mi sbaglio...
Pietro Mereu:
Vedi, possiamo discutere dieci ore su cosa sia la qualità, i luoghi comuni, e l'intrattenimento. 
Mogol scrive musica popolare, ama la nostra terra e se questo fa del bene all'economia bene venga. 
Credo che la gente sappia fare distinzione tra vari generi musicali e differenti livelli qualitativi.
Io se Dio vuole, distribuirò grazie a Distribuzione Indipendente il documentario in tutta Italia per raccogliere i fondi necessari. 
Se le istituzioni sarde mi aiuteranno bene, altrimenti li cercherò altrove.
Molte canzonette hanno testi imbarazzanti, ma restano in testa ed è più difficile trovare l'alchimia per un pezzo commerciale e che venda, piuttosto che un pezzo pesante e impegnato. 
Mogol nel bene e nel male ha una sua storia, e il mio documentario devo dire calza perfettamente con la canzone, ognuno poi dia la sua chiave di lettura.
Quilo/Su Komandanti:
Che Mogol abbia la sua storia nessuno lo nega; ha una certa storia anche sulle vagonate di soldi che pinnicca dalla Mamma SIAE, monopolio privato di stato atto all'estorsione; questa canzoncina che è quel che è, resta la pseudo hit del NON -popolo; una sorta di "solemarespiaggiacazzobelloquestoposto".
QUESTA è la mia chiave di lettura ovviamente, chiave di lettura di uno-io ( lo zero, il nessuno ),  che da circa 23 anni qualche rima su questa terra l'ha fatta e nella mia di lingua, e quando sento questi pezzi,  allora pecco di umiltà e millanto il mio credito.
Credo che in questo caso, sia giusto parlare di trovata commerciale che funziona pure magari ( ne dubito, è molto meno commerciale di quanto sembri ) ; i turisti anzi i nostri ospiti porteranno nel cuore le nostre sagre, la nostra gente, i nostri carnevali, la nostra lingua, i nostri Tenores, i nostri canti ed i nostri balli e porteranno anche i nostri DRAMMI che sono molti; si porteranno dentro quello che siamo noi,  e non questa che resta per me una canzone penosa, poi che dire?  Pompiamola negli steeeerei a totu bidda...
Mimmo:
La riflessione che farei, caro Pietro, io è programmatica.
Mogol sarà anche un pezzo di storia, ma a chi parla? 
A chi è rivolto un pezzo così? 
Non certamente a chi ha meno di quarant'anni, questo è il punto, inseguire il mercato, sul suo terreno, ancora oggi, non so quanto effettivamente paghi e sia redditizio, ma comprendo e apprezzo il tuo ragionamento.
Sposterei però l'analisi (concordando con Quilo) su un tavolo di ragionamento economico.
Il target di riferimento è quello di una industria culturale che ama l'isola come terra vacanziera (il testo lo dimostra in ogni suo passaggio) e si strizza l'occhio a una cultura economica borghese e arroccata nei suoi privilegi vecchia, anziana, anche anagraficamente, in altre parole si cerca un aiuto, ma non c'è nessuna idea di reale sviluppo autoctono, questo mi agita, a molti sfugge quanto indipendentismo e autonomia passi per l'industria culturale e come un prodotto locale non sia solo quello dei pastori sardi, ma anche quello degli artisti sardi, quello va esportato e veicolato "politicamente" dalle istituzioni che su delega rappresentano.
Una cultura dell'autonomia, passa anche per una autonomia culturale, che al momento non c'è, l'isola appare depredata della sua identità, incapace di raccoglierla al passo col tempo e per delega istituzionale.
Si raccolgono i doni di un anziano e stanco Mogol, e tutto questo lo si vorrebbe etichettare come speranza nel futuro; "culturalmente" tutto questo è la negazione del futuro, ma ripeto il ragionamento di Pietro lo capisco, solo che io mi fermo (per deformazione professionale) molto sui significati delle cose e delle parole.

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