martedì 29 dicembre 2015

"SE DICESSI BUON 2016" di G Angelo Billia


"SE DICESSI BUON 2016" di G Angelo Billia



Mentirei sapendo di mentire
Nessuno, in occasione degli auguri di buon anno dell’anno scorso, pensava che la traduzione sarebbe stata più 68.000 decessi nel 2015 rispetto al 2014.
Spulciando fra i pareri degli eruditi più disparati, per intenderci quelli definiti insigni dai “nostri” media ad ogni flatulenza, scopriamo, bontà loro, che l’acqua riscaldata è calda, cioè, in altri termini, che questo dato si spiegava nel ’43, o in un anno qualsiasi fra il ’15 e il ’18, cioè in anni di guerra.
Dal momento, poi, che la statistica anche se zoppicante, costituisce il verbo tout court, anche a prescindere da ciò che fuma l’autore, ecco che nessuno sa che pesci prendere per giustificarla.
Certo non mancano banalità del tipo: è l’inquinamento. 
Senza spiegare, però, come concilierebbe il suo aumento con la riduzione delle fonti dovuta alla crisi.
Sarebbe divertente, si fa per dire, vedere cosa saprebbero imbastire se insieme al dato generale fosse stato fornito il dato per categorie:
 tot morti sul lavoro; tot suicidi per disperazione; tot incidenti automobilistici; tot per cattiva nutrizione, tot per mala o mancante sanità; tot per esiti di malattia indotta da depressione (quelle che non esistono statisticamente solo perché sono altri a compilare le statistiche), ecc..
Comunque, a prescindere dalle "amenità", questo dato sconvolgente viene piano piano cestinato, fra un panettone e un bicchiere di spumante (non mancano neanche nei pacchi dono per i più poveri), un piatto di lenticchie e quattro botti ricostituenti per la psiche, fra professioni d’amore e fratellanza destinati a spegnersi, se mai si sono accesi davvero, con le ultime scintille dell’ultimo fiore artificiale di capodanno.
Intanto, quella guerra coniugata al passato dagli “insigni”, continua in tutta la sua dirompente attualità.
 Limitando la visuale alla situazione italiana, ma quella europea non è dissimile, vediamo che il numero dei decessi al fronte è quasi inesistente e comunque, senza tema di smentita, infinitamente inferiore al numero dei “nemici” caduti. 
Altra cosa, se abbandoniamo i parametri d’analisi classici, si può dire della situazione interna italiana ed europea.
Sono certo che, facendo le opportune proporzioni, l’attacco forsennato alle masse lavoratrici dei gruppi capitalistici, europei, ma non solo, la sottrazione d’ogni tipo di finzione democratica statale e l’instaurazione di un regime sovranazionale gestito, sia a livello europeo che ex nazionale, da cortigiani tanto mediocri quanto feroci, ripropone un modello di guerra che si credeva estinto.
Precisamente, mentre l’attenzione è sulla guerra convenzionale all’ISIS, l’Europa è percorsa dagli sgherri dei cortigiani impegnati a tenere al loro posto i popoli e a spogliarli dei loro diritti e dei loro beni. 
Quindi, non c’è da meravigliarsi se questa guerra produce i suoi morti.
Eppure, a ben guardare il problema non è nei 68000 caduti, in più, dell’anno scorso in Italia, quanto piuttosto nell’incapacità di capire che sono vittime di una guerra concepita a freddo nelle segrete stanze, nell’ambito della quale il vero, unico nemico da sconfiggere siamo noi lavoratori.
 Il vero fronte di guerra non è né in Siria e neppure in Libia, bensì sull’uscio di casa nostra, nei posti di lavoro e di studio, in ogni ambiente della società dove siamo chiamati ad accantonare i nostri interessi di classe in favore di quelli supremi del capitale.
Purtroppo, sarebbe già molto se nel 2016 la gente morisse capendo perché, condizione indispensabile per individuare da dove vengono i colpi e restituire dignità alla morte dei caduti per mano nemica.


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