L'arte contemporanea? A Cagliari è fisica e "immateriale"
Direttore stimato, riporto testualmente una dichiarazione di Enrica Puggioni, rilasciata nell'ambito di una intervista dove si glorificava la programmazione culturale ed artistica della città di Cagliari candidata a capitale europea della cultura nel 2019 (ormai di questa candidatura sono informati anche i pastori sardi, che insieme a cassintegrati e disoccupati di varia natura, mal figurano nel presepe di quest'ulteriore anno di crisi economica senza respiro nell'isola, questo è il link http://www.artribune.com/2013/12/capitali-europee-della-cultura-il-punto-su-cagliari/).
Le chiedo e mi chiedo, una carica istituzionale può ragionare di arte e territorio in questi termini estremamente ermetici?
Si può raccontare di tutelare memorie perse e non battere un ciglio per la scomparsa di un murales di Sciola (irripetibile)?
Parlare d'immaterialità e investire materialmente su artisti come Mimmo Paladino (?) che proprio legato alla memoria di Cagliari non è?
Come si può parlare di spazi non convenzionali e non battere un ciglio per il Rockbus Museum, dopo che il consigliere comunale Enrico Lobina ne aveva sollecitato direttamente l'acquisizione?
Non stiamo rasentando il senso del ridicolo?
La reale azione, il reale progetto a sostegno degli artisti che vivono il territorio, e che hanno sostenuto la giunta Zedda nel nome del cambiamento in campagna elettorale, dove è?
Non sarà che il vento del cambiamento politico generazionale, che l'isola ha avuto il piacere di vedere prima del cambiamento generazionale nazionale, confonde la programmazione culturale ed artistica di un territorio con una ben più sterile propaganda culturale ed artistica di un territorio ancora privo di reali contenuti identitari per quanto riguarda i linguaggi dell'arte contemporanea?
Aggiungo: Non potrebbe essere che questo ritardo, riguardo ai linguaggi identitari dell'arte contemporanea isolana, non sia da addebitare agli artisti (che a mio avviso non hanno nulla da invidiare ad artisti di altre realtà) ma bensì a una classe dirigente politica incapace di comprenderli, sostenerli e tutelarli?
Dinanzi a tanti dubbi di una cosa sono certo, la Puggioni con il suo linguaggio e la sua specializzazione di settore, sembra prestare più attenzione all'editoria specializzata d'arte contemporanea che non alle reali problematiche sociali, culturali ed economiche degli artisti che abitano il suo territorio, o come al solito mi sbaglio?
Con affetto e stima,
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