sabato 19 settembre 2015

"IL CANTO DELL’ABITUDINE" di G Angelo Billia

"IL CANTO DELL’ABITUDINE" di G Angelo Billia




Sentito? 

Il Colosseo chiuso per due ore, i dipendenti dovevano incassare un anno di arretrati ed erano riuniti in assemblea.
Ho letto i commenti più disparati e, sorvolando per comodità su quelli di regime o pro regime, (in fondo sono la stessa cosa), e ignorando l’autentica ferocia, che avverto sino alle unghie dei piedi, alla vista della maschera da uomini per bene, che riveste elementi più idonei a gestire manipoli di camicie nere che a pontificare sugli scioperi “illegali”, mi soffermo, solo per un attimo, sulle argomentazioni a difesa degli scioperanti.
Quanti si rendono conto d’avere introitato la fascistizzazione dello Stato come una seconda pelle, quando, a difesa dello sciopero e della sua legalità, spiattellano la comunicazione data per tempo e quant’altro?
E’ possibile che, se governi reazionari variamente colorati, adducendo pretesti del tipo servizi essenziali, servizi pubblici, ecc, pongono “legalmente” limitazioni al diritto di sciopero, basti solo un po’ di tempo perché queste norme diventino scontate anche a sinistra?
Un tempo l’armonia dell’”Internazionale” contrastava nei nostri cuori il canto dei padroni del mondo e, anche quando quest’ultimi riuscivano a varare le loro porche misure, rimaneva in noi l’odio e la volontà di rivalsa. 

Oggi, anche grazie alla potenza dei loro amplificatori, senza accorgercene ci svegliamo alla mattina canticchiando le loro canzoni, convinti che siano le nostre.
L’abitudine corrompe lo schiavo molto più della repressione.






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