domenica 13 gennaio 2013

Non esiste censura nell'arte ma solo omissione!


A leggere l'erronea informazione critica d'arte specializzata, diffusa e distillata ad arte attraverso i vecchi e classici comunicazione di massa sembra che uno dei problemi della ricerca artistica contemporanea sia la censura, non è assolutamente vero, giocando su questo equivoco dell'artista scomodo, si crea e rafforzala mentalità per la quale l'artista va difeso e compreso dagli addetti ai lavori, gli addetti ai lavori portatori sani dei valori sani del libero mercato difendono l'artista contro la censura di stato e/o di continente.
Allora Ai Weiwei il bisbetico cinese agli arresti domiciliari diventa una star globale; Michael D'Antuono crocifigge Obama come Gesù; il marocchino Mounir Fatmi proietta il Corano a terra e lo rende calpestabile, riprende Salman Rushdie mentre dorme e sembra un homeless e vende cubetti ghiacciati di acqua benedetta .
In Pakistan nel 2012 degli studenti eseguono quadri di religiosi mussulmani in atteggiamenti omosessuali.
L'algerino Mustapha Bendofil documenta lo stupro di una donna da parte di un gruppo islamico armato; Mohamed Ben Slama ritrae una donna nuda davanti uomini barbuti e per concludere questo elenco che potrebbe essere lunghissimo Meriem Bouderbala dipinge formiche che escono dalla cartella di un bambino e formano il nome di Allah.
Questo la critica d'arte specialistica dietro la quale in realtà si cela il libero mercato viene presentata come arte di impegno e di militanza, anti-perbenista e di dissenso, non è vero, non è arte che subisce censura ma è arte di propaganda, della quale si disquisisce in ogni angolo del globo e che non fa altro che riprendere le riflessione quotidiane dei quotidiani, non c'è nessuna riflessione seria sul linguaggio e la grammatica dell'arte e la sua relazione all'interno di un sistema e di un settore culturale e mercantile strategicamente trasversale a tutte le culture e i territori.
Viene dipinta come arte di resistenza e di sorveglianza e invece e arte sorvegliata che mira a debellare le resistenze.
Vogliamo parlare di Nicola Mette e le sue performance mirate a spettacolarizzare la diversità al tempo di Nichi Vendola?
Quanto questi artisti rispettano le comunità dove intervengono? Ma non dovrebbe essere la stessa comunità a determinare con l'artista stesso il suo linguaggio simbolico dell'arte? Con quale diritto certa arte si arroga il diritto di individuare il limite del consentito? Dell'osceno e dell'indegno?
Il pubblico dell'arte lo si educa o lo si determina?
Un tempo la pittura e la scultura provocano e alimentavano il cambiamento sociale e culturale, adesso questa presunta arte impegnata fuori da uno spazio istituzionale non avrebbe senso alcuno.
Insomma riflettere criticamente sull'arte censurata in un contesto di territorio e addetti ai lavori liberatori e fuorviante, per comprendere i linguaggi dell'arte contemporanea realmente bisogna riflettere non sulla ingannevole pantomima della censura di e in certi spazi e contesti, ma sulle omissioni e il soffocato in embrione in quelli stessi contesti.

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