La fine dei siti specializzati d'arte contemporanea?
"La fine del tempo web 2.0 riconsegnava all'artista la possibilità di rimodulare la sua esistenza e formare e formarsi con l'esistente un flusso di linguaggio in divenire, poteva elaborare con altri artisti ambienti e luoghi comuni che non omettevano e escludevano mondi e linguaggi di altri artisti, lo spazio per i linguaggi artistici diventava illimitato e non selezionato o vincolato dal ristretto spazio del mercato che a cadenza regolare riscopriva artisti ignoti a decessi avvenuti.
L'utopia di un altro sistema diffusivo reale dell'arte contemporanea e delle sue ricerche diventava possibile, la questione da affrontare era come usare il web? Come una casa o come una tana?
Una casa ospitale aperta alla diversità era la soluzione, una alterità di linguaggio non poteva essere considerata tra artisti come una minaccia alla libertà, quando e se questo succedeva ci si allineava acriticamente alla cultura dominante.
La possibilità relazionale dell'artista si era ampliata, ma a cosa serviva se non si sapeva ascoltare e parlare il linguaggio dell'arte?
Bisognava smetterla di scodinzolare all'unisono quando rimbalzava il parere di qualche addetto ai lavori, non si stava operando più in uno spazio ristretto di sistema.
Si poteva osservare il lavoro dell'altro, leggerlo, assumersi la responsabiltà diretta degli effetti del proprio linguaggio, poteva essere un testimone del proprio tempo in relazione con altri, da quanto tempo non succedeva? Dalla fine dell'ottocento? Legittimamente poteva tornare a sfidare il quieto vivere in nome del vissuto condiviso, il social network poteva emanciparlo, gli consentiva la sua auto rappresentazione pubblica, gli riconsegnava un ruolo andato perduto, gli riconsegnava la sua immagine davanti al pubblico, il suo pubblico, autoselezionato e più o meno ampio e diversificato.
Per la prima volta, nella sua storia sociale, l'artista aveva davanti a se, in diretta, in real time, senza filtri e intermediari un pubblico illimitato nel potenziale.
Lo volesse o no, questo cambiamento in atto era già un altro sistema dell'arte, era mutato l'ambiente operativo del suo agire, in questo contesto nuovo bisognava rinegoziare il proprio ruolo e la propria professionalità.
Il web degli "addetti ai lavori" era morto, vano si era rivelato il tentativo di creare piattaforme per "addetti ai lavori", poco potevano davanti il diretto scambio d'informazioni tra artisti, bastava quello a squalificarli, era impossibili limitare o arginare la diffusione di un altro sistema, si era passati a operare in autonomia su piattaforme condivise, i siti specializzati erano stati marginalizzati e ridotti a essere un bollettino inascoltato degli addetti ai lavori per loro stessi".
(da "Oltre il sistema", quando lo pubblicherò, magari, un giorno)
"La fine del tempo web 2.0 riconsegnava all'artista la possibilità di rimodulare la sua esistenza e formare e formarsi con l'esistente un flusso di linguaggio in divenire, poteva elaborare con altri artisti ambienti e luoghi comuni che non omettevano e escludevano mondi e linguaggi di altri artisti, lo spazio per i linguaggi artistici diventava illimitato e non selezionato o vincolato dal ristretto spazio del mercato che a cadenza regolare riscopriva artisti ignoti a decessi avvenuti.
L'utopia di un altro sistema diffusivo reale dell'arte contemporanea e delle sue ricerche diventava possibile, la questione da affrontare era come usare il web? Come una casa o come una tana?
Una casa ospitale aperta alla diversità era la soluzione, una alterità di linguaggio non poteva essere considerata tra artisti come una minaccia alla libertà, quando e se questo succedeva ci si allineava acriticamente alla cultura dominante.
La possibilità relazionale dell'artista si era ampliata, ma a cosa serviva se non si sapeva ascoltare e parlare il linguaggio dell'arte?
Bisognava smetterla di scodinzolare all'unisono quando rimbalzava il parere di qualche addetto ai lavori, non si stava operando più in uno spazio ristretto di sistema.
Si poteva osservare il lavoro dell'altro, leggerlo, assumersi la responsabiltà diretta degli effetti del proprio linguaggio, poteva essere un testimone del proprio tempo in relazione con altri, da quanto tempo non succedeva? Dalla fine dell'ottocento? Legittimamente poteva tornare a sfidare il quieto vivere in nome del vissuto condiviso, il social network poteva emanciparlo, gli consentiva la sua auto rappresentazione pubblica, gli riconsegnava un ruolo andato perduto, gli riconsegnava la sua immagine davanti al pubblico, il suo pubblico, autoselezionato e più o meno ampio e diversificato.
Per la prima volta, nella sua storia sociale, l'artista aveva davanti a se, in diretta, in real time, senza filtri e intermediari un pubblico illimitato nel potenziale.
Lo volesse o no, questo cambiamento in atto era già un altro sistema dell'arte, era mutato l'ambiente operativo del suo agire, in questo contesto nuovo bisognava rinegoziare il proprio ruolo e la propria professionalità.
Il web degli "addetti ai lavori" era morto, vano si era rivelato il tentativo di creare piattaforme per "addetti ai lavori", poco potevano davanti il diretto scambio d'informazioni tra artisti, bastava quello a squalificarli, era impossibili limitare o arginare la diffusione di un altro sistema, si era passati a operare in autonomia su piattaforme condivise, i siti specializzati erano stati marginalizzati e ridotti a essere un bollettino inascoltato degli addetti ai lavori per loro stessi".
(da "Oltre il sistema", quando lo pubblicherò, magari, un giorno)
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