giovedì 26 settembre 2013

Pinuccio Sciola purtroppo indietro non può tornare...

Scrivo indignato per un ulteriore scempio culturale e artistico che la città di Cagliari vede compiersi tra il silenzio generale.
Il murales di Pinuccio Sciola in piazza Repubblica a Cagliari, “tre pietre” del 1985, murales che dava dignità artistica a una anonima facciata cieca di un anonimo scatolone popolare nei pressi del palazzo di giustizia, è scomparso!
Chi è stato il vandalo? 

Una impresa edile; tra qualche settimana il ponteggio verrà rimosso e Cagliari si ritroverà una meravigliosa parete anonima in più che si confonderà con le altre.
Leggo come il sindaco di Cagliari Massimo Zedda e l'assessore Frau pensano di potere giustificare (a norma di legge) la perdita del murales e mi verrebbe voglia di spiegare al sindaco come al suo assessore che un lavoro artistico perso è un lavoro perso che non può essere compensato da nessun altro intervento su scala urbana. 
Vorrei che comprendessero che davanti uno scandalo del genere una amministrazione comunale non può lavarsene le mani e dire: "ci attiveremo presto per fare realizzare a Pinuccio Sciola e altri artisti altri lavori su scala urbana". 
Ma di cosa stiamo parlando? 
Se quando si ragiona su arte e cultura e si liquidano problemi come quello di un lavoro patrimonio culturale di una città con l'etichetta del "tutto ha prezzo" e a un opera d'arte che vive nel territorio si pensa di poterne sostituire un altra con la stessa logica con cui si rottama una auto usata è finito tutto, è finito il linguaggio dell'arte, è finita una idea dell'arte come memoria storica di una identità. 
Un opera persa è un opera persa ed è insostituibile, ridicolo anche chiedere, come chiede qualche blogger, che il comune si scusi con Pinuccio Sciola per fargli rifare il lavoro, non si tratta un artista come fosse un bambino piccolo. 
Questa storia semplicemente imbarazzante, racconta emblematicamente quanta sciatteria e provincialismo ci sia sull'isola per quanto riguarda la valorizzazione della propria arte e la propria cultura, l'incapacità di volgere lo sguardo oltre il folklore e la tradizione, ridicolo parlare d'identità culturale e specificità di un territorio quando si bistratta e offende la voce e il lavoro degli artisti che lo animano e abitano.
Tutta la comunità isolana si è vista da un giorno all’altro depredata di un proprio valore aggiunto.
Sarebbe bastata una operazione di adeguato consolidamento a salvare il murales “Le tre pietre” di Pinuccio Sciola.
L’operazione di restauro sarebbe costata più che demolirlo da parte del condominio, ma la spesa poteva e doveva essere compartecipata da parte dell’amministrazione comunale, altrimenti a cosa servono assessori alla cultura e all’urbanistica? 
La spesa avrebbe permesso di mantenere una consolidata connotazione estetica di una delle piazze più importanti di Cagliari (era la prima cosa che mi avevano mostrato arrivato nel 2000 sull’isola); i mattoni si stavano sbriciolando e trascinandosi dietro l’intonaco, ma a cosa servono le imprese di restauro?
Il fatto irreparabile di cui si è macchiata quest’amministrazione comunale è che la città si è privata di un opera di un suo Maestro di chiara fama, vi immaginate cosa sarebbe successo in catalogna se avessero offeso in questa maniera il lavoro di Mirò o Picasso?
Fornire la possibilità a Pinuccio e ad altri non bene precisati artisti di realizzarne un'altra connota quanta ignoranza diffusa ci sia da parte di chi ci amministra su una idea dell’arte dettata non dal passeggero valore di mercato, ma come linguaggio identitario e culturale che nasce con e sul territorio dove l’artista vive e lavora.
Niente è offensivo come chiedere a un artista di rifare il proprio lavoro, alcuni artisti per appagare esigenze di mercato in passato si sono auto copiati e retrodatati e la loro immagine ancora paga per questo, De Chirico in qualche modo ne ha risposto davanti la storia dell’arte e anche davanti al suo stesso mercato; la realizzazione di un'altra o di altre opere d’arte su scala urbana non restituirà mai la ricerca pittorica di Pinuccio Sciola negli anni ottanta; aggiungo di trovare imbarazzante e poco dignitoso vedere e sentire di artisti che si stanno auto proponendo per questo, che senso ha creare quando sai che la tua opera lascia il tempo, l’amministrazione e il condominio che trova?
Visto il dato irreparabile sarebbe opportuno che qualcuno si dimettesse e che si pronunciasse a proposito anche l’assessore alla cultura, o dobbiamo immaginare di essere amministrati da una giunta a comparti stagni? Ci saranno anche delle responsabilità trasversali quando accade uno scempio del genere? Se non ci sono perché non dissociarsi pubblicamente?

Una buona amministrazione e un buon governo in una materia complessa come quella dell'arte in un territorio e una comunità, non può limitarsi a muoversi a norma di legge, o meglio può farlo, ma evidenzia in questa maniera tutti i limiti dell'amministrazione qualunque o anche peggio quando non s'interviene per tempo per limitare un danno come la perdita di un opera di un artista che ha e avrà nell'isola il suo valore culturale e storico inconfutabile; l'art.9 della costituzione da chi dovrebbe essere tutelato prima di tutto dai cittadini o da chi i cittadini li amministra e li tutela a prescindere? Questi amministratori che tacciono sulla questione e che quando parlano rivelano anche la loro pochezza sull'argomento (anche perché lavoro sarebbe stato anche tutelare e valorizzare le ricerche artistiche contemporanee piuttosto che vederle deperire senza batter ciglio) possibile che non abbiano pensato al limite a uno "strappo" del lavoro, per preservarlo e tutelarlo anche la dove il restauro in loco si fosse rivelato poco fattibile, impegnativo e dispendioso?  Questa è la stessa amministrazione che ha avuto il coraggio di acquistare una scultura installazione multiplo di Mimmo Paladino in ritardo di trenta o quaranta anni rispetto il suo mercato e la sua storia, vedendosela spedire e installare direttamente sul posto, adesso se rapporto le due cose, non mi sembra di essere davanti a una amministrazione che ha un approccio con l'arte che parta dall'interazione tra gli artisti che lo animano e vivono e la loro comunità e territorio, mi sembra imponga gusti e qualità a norma di legge se non di portafoglio e non è proprio questo il modo per creare un patrimonio artistico diffuso che racconti realmente un territorio.
Quando si è in guerra, la prima cosa che fa l’esercito invasore è depredare musei e distruggere luoghi e simboli artistici del territorio conquistato, possibile che quest’operazione a Cagliari sia consentita a un condominio da parte di un’amministrazione comunale?

Domenico "Mimmo" Di Caterino, dal sud dell'isola


(da "Cronache del sud dell'isola", di Mimmo Di Caterino, quando e se qualcuno sarà disposto a pubblicarle)

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