Che l'arte sia un linguaggio, naturalmente socializzato, viralizzato e interfacciato, al tempo del web 2.0 è evidente, la cosa sembra sfuggire solo agli "adetti ai lavori", che della intermediazione dei contenuti hanno fatto sistema; tristemente non si prende atto che il ruolo dell'intermediario è stato sostituito, dai social media e i media integrati.
Il luogo comune, che comune purtroppo non è, vuole l'arte e il suo linguaggio, lontano dal volgo, distante da qualsiasi spettatore che non sia l'investitore o il collezionista.
Per fortuna a smontare una serie di forzature intorno al linguaggio dell'arte, provvedono gli stessi artisti.
Massimo Pastore alla "Galleria PrimoPiano" di Napoli, ha evidenziato queste problematiche, attraverso l'operazione - evento “As you like it”.
Cinquantacinque istantanee di formato vario, interfacciate nella loro gestazione concettuale e progettuale.
Il soggetto ritratto, è un partecipante all'operazione scatto, che ha la stessa legittimità progettuale di chi esegue lo scatto, lo firma, lo narra e ne concepisce la didascalia poetica.
Lavori orizzontali e dialettici, con tanto di sigla e firma dei soggetti ritratti, che immaginano e concepiscono i loro ritratti giocando con l'obiettivo dell'autore, un "selfie" partecipato con il valore aggiunto della relazione umana che ne determina lo scatto.
In questo gioco di specchi e di riflessi, i soggetti ritratti come vanno letti semanticamente; come committenti privati?
Come detentori della loro immagine nell'ambito della quale si riconoscono e riflettono?
Protagonisti dello scambio linguistico dell'arte invece che passivi e inanimati "modelli viventi" nei confronti dell'obiettivo dell'artista che ne riflette la luce?
Spettatori o artisti?
Sicuramente modelli creativi e interattivi al pari di chi li ritrae.
Nell'ambito di questa operazione si riporta l'arte alla sua condizione originaria; linguaggio non imposto, ma interattivo anche nella sua attribuzione di senso e significato didascalico, il ritratto si ritrova ad evadere dalla propria forma "specialistica", per attingere alla vita fatta forma che si autoritrae.
L'artista in questo gioco? Un media e un raccordo nel processo di trasmissione del linguaggio che possiede, in fondo perché dovrebbe essere altro?
Questa è l'arte della relazione, che attraverso il linguaggio dell'arte si fa ritratto riflesso e per un sottile gioco di specchi e di rimandi, anche autoritratto; dell'artista o del soggetto ritratto siete voi a deciderlo e poi chi l'ha detto che i due ruoli oggi non siano intercambiabili?
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