Se
l'artista non propone più linguaggi nuovi è perché non riesce a farlo – dialogo con
Demetrio Paparoni
"Ma attenzione nel contempo a non assumere
posizioni disfattiste: il ruolo dell'arte nella società attuale rimane
fondamentale. Dopo di che ci mette del suo, a volte va bene, a volte va male,
ma la vera scommessa è sui tempi lunghi".Demetrio
Paparoni
Abbiamo
incontrato e dialogato con Demetrio Paparoni su come stia mutando il sistema
dell'arte, ma sta mutando sul serio?
Mimmo
Di Caterino:
Pensi
che il sistema dell'arte stia cambiando rispetto al secolo scorso?
Demetrio
Paparoni:
Personalmente
ho la sensazione che non di sistema si tratti, ma di gruppi di persone che, per motivi doversi,
decidono di sostenere determinati artisti. Chi conosce le regole del mercato e
della propaganda le usa con grande disinvoltura. Tutto qui. Diversamente
non si spiegherebbero le quotazioni d'asta che certi giovani artisti
raggiungono in brevissimo tempo. L'idea
che esiste un "sistema" non implica che ci troviamo dinanzi a valori
condivisi.
Mimmo Di Caterino:
Mimmo Di Caterino:
Qualche
esempio?
Demetrio
Paparoni:
Oggi
tutti concordiamo nel dire che Picasso, Matisse, Pollock e Bacon – giusto per
portare qualche esempio – sono dei giganti della Storia dell'Arte.
Questo
vuol dire che c'è un "sistema" che consacra la presenza di questi
artisti nella Storia.
Cioè:
nel caso di questi artisti il "sistema" esiste.
Quando
però si parla di Hirst o di Koons, che sono famosi come i Rolling Stones, non
tutti sono d'accordo nell'attribuire loro la palma di grandi artisti.
Non
voglio qui entrare nel merito del loro lavoro.
Voglio
arrivare altrove.
Facciamo
un passo indietro: quando negli anni Cinquanta Clement Greenberg sosteneva che
Pollock ha sviluppato idee picassiane e "le ha fatte parlare con
un'eloquenza e un'enfasi che Picasso stesso non si sognava neppure di poter dar
loro" lasciava intendere che quella era un'opinione condivisa.
Allora
non era il sistema dell'arte a sostenere la grandezza di Pollock, quanto un gruppo di collezionisti, mercanti e
finanzieri americani che potevano segretamente contare anche su una parte dei
soldi del Piano Marhall per promuovere determinati artisti. Contestualmente le
stesse persone che sostenevano Pollock e l'Espressionismo astratto conferivano
un ruolo marginale a Edward Hopper.
Ma
se chi ha sostenuto Pollock avesse avuto ragione, oggi Hopper non dovrebbe
essere riconosciuto come un grande pittore.
Certamente dietro queste diatribe si nascondevano interessi politici ed economici, ma non è questo che voglio rimarcare.
Sull'argomento rimando al mio ultimo libro.
Certamente dietro queste diatribe si nascondevano interessi politici ed economici, ma non è questo che voglio rimarcare.
Sull'argomento rimando al mio ultimo libro.
Quello
che voglio rimarcare rispondendo alla sua domanda è che chi manovra le macchine propagandistiche
tende a nascondere il suo volto.
In
conclusione: finiamo spesso per chiamare (ingenuamente) "sistema dell'Arte" un gruppo ristretto di persone che
manovrano una strategia propagandistica.
Che
poi in tutto questo Pollock sia oggi accettato come un grande artista conta
poco, come conta poco che Antoni Tapies, volutamente ignorato da Greenberg
negli anni Cinquanta proprio per la sua grandezza, sia riconosciuto anch'egli
come un gigante dell'arte del secondo Novecento.
Ovviamente evito qui di cadere nella trappola di stilare una lista dei migliori.
Ovviamente evito qui di cadere nella trappola di stilare una lista dei migliori.
Mimmo
Di Caterino:
Il
secolo scorso, è stato il secolo che dal dopoguerra in poi ha visto nel sistema
dell'arte determinarsi una figura di artista professionista che necessitava
forza maggiore di uno o più intermediari (gallerista, critico, curatore,
mercante, politico...), questo è avvenuto e avviene nel nome di una espansione
del mercato della specializzazione, tutto questo ha ancora un senso o
nell'epoca del web 2.0?
Il vero intermediario tra l'artista e il
suo potenziale pubblico o consumatore, lo possiamo considerare il media
integrato?
Demetrio
Paparoni:
Oggi a determinare il successo dell'arte è
la nuova finanza internazionale e la sua ideologia.
Questo non vuol dire che la nuova finanza promuove
cattivi artisti: la prima cosa che chi investe soldi su qualcuno verifica è se
sta facendo la scelta giusta e quanto rischia.
Mimmo
Di Caterino:
Questo
terzo millennio, potrebbe essersi già aperto all'insegna del recupero del
linguaggio dell'arte e del senso che a questo attribuivano le avanguardie
storiche? Stiamo assistendo a una rinegoziazione da parte dell'arte dei confini
tra processo e prodotto artistico? Se questo è vero gli "addetti ai
lavori" quanto sono responsabili nel non avere colto l'incredibile
cambiamento storico, sociale, politico, economico e culturale in atto?
Demetrio
Paparoni:
Se l'artista non propone più linguaggi nuovi è
perché non riesce a farlo.
Se elabora il linguaggio delle avanguardie del
Novecento non è per scelta, ma perché non riesce a trovare soluzioni formali
capaci di generare un vera svolta.
L'idea
che l'arte debba essere in grado di dar vita a una svolta appartiene alle
avanguardie, oggi giusto un ingenuo può definirsi con convinzione "artista
d'avanguardia".
Personalmente non conosco un solo artista che possa
oggi definirsi "d'avanguardia". Tu ne conosci qualcuno?
Una
volta l'artista anticipava le svolte della società, oggi questo non accade.
La grande rivoluzione dei nostri tempi è stata la
Rivoluzione telematica, che è estranea all'arte.
È
stata la Rivoluzione telematica che ha svecchiato il linguaggio, non è stata
l'arte delle nuove generazioni.
Sull'argomento
rimando al mio libro "L'arte contemporanea e il suo metodo".
L'arte non è più in grado di
immaginare il futuro, cosa che invece riescono a fare sempre meglio la scienza
e la tecnologia.
Nessun commento:
Posta un commento