giovedì 17 luglio 2014

Se l'artista non propone più linguaggi nuovi è perché non riesce a farlo – dialogo con Demetrio Paparoni



Se l'artista non propone più linguaggi nuovi è perché non riesce a farlo – dialogo con Demetrio Paparoni

"Ma attenzione nel contempo a non assumere posizioni disfattiste: il ruolo dell'arte nella società attuale rimane fondamentale. Dopo di che ci mette del suo, a volte va bene, a volte va male, ma la vera scommessa è sui tempi lunghi".Demetrio Paparoni

Abbiamo incontrato e dialogato con Demetrio Paparoni su come stia mutando il sistema dell'arte, ma sta mutando sul serio? 
Mimmo Di Caterino:
 Pensi che il sistema dell'arte stia cambiando rispetto al secolo scorso?
Demetrio Paparoni:
Personalmente ho la sensazione che non di sistema si tratti, ma di gruppi di persone che, per motivi doversi, decidono di sostenere determinati artisti. Chi conosce le regole del mercato e della propaganda le usa con grande disinvoltura. Tutto qui. Diversamente non si spiegherebbero le quotazioni d'asta che certi giovani artisti raggiungono in brevissimo tempo. L'idea che esiste un "sistema" non implica che ci troviamo dinanzi a valori condivisi.



Mimmo Di Caterino:
Qualche esempio?
Demetrio Paparoni:
Oggi tutti concordiamo nel dire che Picasso, Matisse, Pollock e Bacon – giusto per portare qualche esempio – sono dei giganti della Storia dell'Arte. 
Questo vuol dire che c'è un "sistema" che consacra la presenza di questi artisti nella Storia. 
Cioè: nel caso di questi artisti il "sistema" esiste. 
Quando però si parla di Hirst o di Koons, che sono famosi come i Rolling Stones, non tutti sono d'accordo nell'attribuire loro la palma di grandi artisti. 
Non voglio qui entrare nel merito del loro lavoro. 
Voglio arrivare altrove. 
Facciamo un passo indietro: quando negli anni Cinquanta Clement Greenberg sosteneva che Pollock ha sviluppato idee picassiane e "le ha fatte parlare con un'eloquenza e un'enfasi che Picasso stesso non si sognava neppure di poter dar loro" lasciava intendere che quella era un'opinione condivisa. 
Allora non era il sistema dell'arte a sostenere la grandezza di Pollock, quanto un gruppo di collezionisti, mercanti e finanzieri americani che potevano segretamente contare anche su una parte dei soldi del Piano Marhall per promuovere determinati artisti. Contestualmente le stesse persone che sostenevano Pollock e l'Espressionismo astratto conferivano un ruolo marginale a Edward Hopper. 
Ma se chi ha sostenuto Pollock avesse avuto ragione, oggi Hopper non dovrebbe essere riconosciuto come un grande pittore.
 Certamente dietro queste diatribe si nascondevano interessi politici ed economici, ma non è questo che voglio rimarcare. 
Sull'argomento rimando al mio ultimo libro. 
Quello che voglio rimarcare rispondendo alla sua domanda è che chi manovra le macchine propagandistiche tende a nascondere il suo volto. 
In conclusione: finiamo spesso per chiamare (ingenuamente) "sistema dell'Arte" un gruppo ristretto di persone che manovrano una strategia propagandistica. 
Che poi in tutto questo Pollock sia oggi accettato come un grande artista conta poco, come conta poco che Antoni Tapies, volutamente ignorato da Greenberg negli anni Cinquanta proprio per la sua grandezza, sia riconosciuto anch'egli come un gigante dell'arte del secondo Novecento. 
Ovviamente evito qui di cadere nella trappola di stilare una lista dei migliori.
Mimmo Di Caterino:
Il secolo scorso, è stato il secolo che dal dopoguerra in poi ha visto nel sistema dell'arte determinarsi una figura di artista professionista che necessitava forza maggiore di uno o più intermediari (gallerista, critico, curatore, mercante, politico...), questo è avvenuto e avviene nel nome di una espansione del mercato della specializzazione, tutto questo ha ancora un senso o nell'epoca del web 2.0?
 Il vero intermediario tra l'artista e il suo potenziale pubblico o consumatore, lo  possiamo considerare il media integrato?
Demetrio Paparoni:

Oggi a determinare il successo dell'arte è la nuova finanza internazionale e la sua ideologia.
Questo non vuol dire che la nuova finanza promuove cattivi artisti: la prima cosa che chi investe soldi su qualcuno verifica è se sta facendo la scelta giusta e quanto rischia.
Mimmo Di Caterino:

Questo terzo millennio, potrebbe essersi già aperto all'insegna del recupero del linguaggio dell'arte e del senso che a questo attribuivano le avanguardie storiche? Stiamo assistendo a una rinegoziazione da parte dell'arte dei confini tra processo e prodotto artistico? Se questo è vero gli "addetti ai lavori" quanto sono responsabili nel non avere colto l'incredibile cambiamento storico, sociale, politico, economico e culturale in atto?


Demetrio Paparoni:
Se l'artista non propone più linguaggi nuovi è perché non riesce a farlo. 
Se elabora il linguaggio delle avanguardie del Novecento non è per scelta, ma perché non riesce a trovare soluzioni formali capaci di generare un vera svolta.
L'idea che l'arte debba essere in grado di dar vita a una svolta appartiene alle avanguardie, oggi giusto un ingenuo può definirsi con convinzione "artista d'avanguardia". 
Personalmente non conosco un solo artista che possa oggi definirsi "d'avanguardia". Tu ne conosci qualcuno? 
Una volta l'artista anticipava le svolte della società, oggi questo non accade. 
La grande rivoluzione dei nostri tempi è stata la Rivoluzione telematica, che è estranea all'arte. 
È stata la Rivoluzione telematica che ha svecchiato il linguaggio, non è stata l'arte delle nuove generazioni. 
Sull'argomento rimando al mio libro "L'arte contemporanea e il suo metodo". 
L'arte non è più in grado di immaginare il futuro, cosa che invece riescono a fare sempre meglio la scienza e la tecnologia. 






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