giovedì 24 luglio 2014

Il Rockbus Museum? Eppur nulla si muove!



Il Rockbus Museum? Eppur nulla si muove!

Direttore caro, scrivo perché, penso spesso a come sia calato il silenzio sul destino del Rockbus Museum e come in parallelo cresca la retorica su Cagliari capitale europea della cultura "interconnessa e intefacciata" simbolicamente con il Sulcis Iglesiente.
Mi chiedo se ci sia un reale progetto o solo una visionarietà destinata a inseguire progetti lontani dalla realtà che non saranno mai realizzati.
Ho sempre pensato alla cultura e al suo movimento, come la risultante della capacità di immaginare e di pianificare; come la capacità di dare un anima e di fare dell'anima una identità territoriale.
Questo basterebbe a fare innovazione e creare un sistema dinamico e aperto, fatto di relazioni e interconnessioni, il Rockbus Museum è stato nella sua spontaneità questo.
Da qualche mese, le reali discussioni, su cosa debba o possa essere una capitale europea della cultura, sembrano essere state annientate dalla propaganda nel nome del "sostieni la candidatura della tua città", ma perché lo si dovrebbe fare?
Chi lo dovrebbe fare se non gli artisti, le storie e la memoria che animano comunità e territorio?
Nell'isola, come in Italia negli ultimi quarant'anni, gli artisti e gli intellettuali. sembra abbiano rinunciato al proprio ruolo e alla propria funzione sociale, ritirati nel proprio particolare o corrotti nel nome del bipolarismo politico.
Questo ha allontanato gli artisti, il loro lavoro e la cultura dalle comunità.
Artisti e intellettuali sembrano essere disprezzati o peggio "usati" come ornamento per qualche partito, giardino, scenografia o salotto televisivo.
Non che non esista la classica e storica figura dell'artista di movimento bastian contrario, ma oggi come non mai sembra essere omesso, marginalizzato e forse osteggiato.
Non è un peccato?
Non costituirebbe una risorsa in tempo di crisi come questo?
Con la cultura e con l'arte si può mangiare e con l'economia e con il mercato come valore assoluto che si resta a digiuno di storia, memoria e identità.
Eppure quella del Rockbus Museum è stata una storia di crisi, di lotta e di cultura, dove cultura artistica e lotta di classe si sono ingegnate per trovare una inedita soluzione a un problema economico globale che appariva insormontabile, il tutto semplicemente passando per una connessione di reti ed idee, si è, da un presidio fatto bus, progettato presente e futuro, si è prodotta nuova conoscenza, perché rifiutare tutto questo percorso di lotta di classe e di classe creativa?
Il Rockbus Museum è stato in quattro anni di lotta, un bene comune radicato in una storia e in una cultura territoriale.
Gli ex operai e gli artisti hanno creduto che attraverso quel luogo, la bellezza delle relazioni passanti per i linguaggi dell'arte, potessero contribuire a salvare l'isola dall'analfabetismo di ritorno verso le dinamiche economiche dei mercati globali e anche verso le sue produzioni artistiche contemporanee.
Gli ex operai e gli artisti, che hanno sostenuto l'idea di farsi media e propaganda di un conflitto economico in tempi di crisi, ancora ci credono.
Ma la realtà è che il Rockbus di giorno in giorno si sta degradando, forse per salvarlo come simbolo e ridargli la gioia dell'interconnessione dei linguaggi dell'arte, non resta più molto tempo.
Quella degli ex operai Rockwool è stata l'unica vertenza a risolversi positivamente in questo tempo di crisi economica e culturale nell'isola, abbandonare il Rockbus simbolo di tutto questo al degrado e all'incuria non fa onore a nessuno, specie a chi, interconnesso e interfacciato, ciarla di fare di tutti "i punti di debolezza dell'isola dei punti di forza".

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