mercoledì 17 dicembre 2014

"Sul movimentismo" di G Angelo Billia.

SUL MOVIMENTISMO di G Angelo Billia.

“Gettare il cuore oltre l’ostacolo”
, a prima vista, a sinistra è una frase che ha il suo fascino, sottintende la caparbietà di chi non si lascia disarmare dalle difficoltà, ma si può essere sicuri che preluda ad una garanzia di continuità della lotta?
Probabilmente sì, ma a condizione che la lotta stessa faccia parte di un progetto strategico che abbia come obiettivo finale la liberazione dell’umanità dall’oppressione capitalistica.
La realizzazione di questa condizione comporta la comprensione dell’ineludibilità di una serie di passaggi, all’interno dei quali il primo posto è detenuto dagli strumenti della lotta e gli obiettivi, cioè la distinzione fra i mezzi da adottare e i fini da raggiungere.
Proprio su questo punto, nella storia passata e recente del nostro paese, la confusione ha regnato spesso sovrana. 

Già nel lontano movimento sessantottesco l’elemento che balzava agli occhi era, accanto a quello della grande combattività delle masse, in particolare giovanili, l’indeterminatezza degli obiettivi. 
Essi erano compresi in modo confuso e contraddittorio e confluivano tutti nel sogno di redenzione, quasi mai meglio specificato.
La causa di ciò andava ricercata nel ruolo di un PCI avviato sulla strada del revisionismo e nel conseguente annacquamento, quando non esplicito rifiuto, fra le masse in lotta, del concetto stesso di partito, a tutto vantaggio di una concezione movimentista, che di fatto esauriva nella lotta anche la parte di progettualità necessaria a garantirne il successo nel tempo.
Ciò che accadde allora e andò a rafforzarsi nel tempo, è una fusione impropria dello strumento e della progettualità, assegnando allo strumento (la lotta), quelle attribuzioni rivoluzionarie che lo strumento in sé non ha, non può avere.
Si verificò, in sostanza, il meccanismo proprio dei moti spontanei delle masse e l’annullamento, in essi, di quelle che si ritenevano avanguardie.
Assegnare a questo fatto tutta la responsabilità del riflusso successivo sarebbe ovviamente un errore, in quanto sono molte le variabili che l’hanno determinato, ma certamente la perdita della nozione di partito ha fatto sì che venisse a mancare qualsiasi continuità strategica anche con le lotte successive.
Sul versante propriamente dei comunisti, l’accaduto, anche se diede luogo a malumori e a vere e proprie ribellioni, non giunse mai ad una sistematicità d’analisi che permettesse di superare il problema collettivamente.

 La stessa costituzione di Rifondazione Comunista, anziché scaturire da un’analisi critica dell’esperienza del PCI e della sua degenerazione, per una parte fu la speranza, dimostratasi velleitaria, di cambiare la situazione in corso d’opera e per l’altra fu la riproposizione tout court del PCI come era andato modificandosi nel tempo.
Il risultato veramente paradossale di queste esperienze è che, ancora oggi, nel movimento che si oppone alle misure capitalistiche, prevale, come e più che nel ’68 l’identificazione dello strumento con la strategia. 

Oggi ognuno coltiva il suo orticello attribuendogli una valenza rivoluzionaria che non ha e non può avere.
Senza forzare, con analisi distruttive che lascerebbero il tempo che trovano, ma occorre dirlo che, in situazioni in cui l’oppressione del nemico di classe è tale da rendere istintiva la ribellione dei settori più colpiti, il più bel regalo che si possa fare alla borghesia è far credere alle masse che senza un progetto e un’organizzazione che se ne faccia carico è comunque possibile emanciparsi. 

Con questa concezione imperante in premessa, la conclusione più probabile è un massacro e un riflusso che oblierà per un altro mezzo secolo qualsiasi speranza d’emancipazione.
A tutti, ma in particolare ai comunisti, trarre le debite conclusioni.




L’ITALIA DI DOMANI
(olimpiadi e dintorni)

Contraddicendo Monti, per ragioni di bottega, il chierichetto di Firenze candida l’Italia per le Olimpiadi. Sono molti i sottintesi dell’operazione, ma su tutti spicca il messaggio subliminale che il capo in seconda del partito unico, (il primo è l’ex GUF del Quirinale), lancia alla nazione: visto? L’Italia non è più quella di Monti, oggi NOI ce lo possiamo permettere.
Sgomberando immediatamente il campo dall’ovvia considerazione secondo la quale siamo in presenza dell’ennesima montagna di soldi pubblici che “passeranno di mano”, cosa che si potrebbe tranquillamente etichettare alla voce “investimenti per il LORO futuro”, viene in mente di immaginare quale sarà il futuro del paese.
La base di partenza non è, come molti sembrano pensare, l’austerità inaugurata da Monti, piuttosto è un sistema di potere politico economico che considera “sano” un sistema con il 7-8% di senza lavoro e con sacche di povertà “fisiologiche”.
Su questo sfondo si è innestata la crisi, dovuta alla “scoperta” che i capitali possono essere raddoppiati nel giro di mezza giornata, senza nessun collegamento con la produzione di beni reali.
E’ fuor di dubbio che le conseguenze sociali di tale crisi siano destinate ad aggravarsi e con esse aumentino le necessità di controllo delle ribellioni di massa.
La strategia adottata non è neppure originale, da un lato si delega agli “onesti” e a chi viene percepito come tale, il compito di convincere che il marciume non è nel sistema, ma piuttosto di quelli che ne fanno un uso distorto, “illegale”, dall’altro ecco pronta la medicina per la terapia di massa: annientamento delle già insufficienti garanzie, azzeramento dei valori costituzionali demolendo la Costituzione nella parte più avanzata, legnate con contorno di gas sempre più sofisticati e, per i più insistenti, l’accusa di terrorismo destinata a trasformare col tempo, i luoghi di detenzione in nostrane Guantanamo.
Intanto, quelle che potrebbero essere considerate finte operazioni trasparenza, vedi mafia capitale, anziché sortire l’effetto di convincere l’opinione pubblica della lealtà del potere che sarebbe insidiato dal malaffare, rendono sempre più evidente che si tratta di volti diversi della stessa piovra, sostanzialmente uguale sia quando ruba in modo classico, brigantesco, sia quando lo fa ponendo mano alle leggi.
Uno dei risultati di questa presa d’atto da parte dei cittadini, è l’allontanamento dal voto, con l’ovvia operazione del chierichetto di sovrastimare, grazie ad un’informazione addomesticata, il peso della minoranza che vota tardando ad accorgersi dell’imbroglio in cui sta vivendo.
Evidentemente tutto questo condurrà alla stabilizzazione di un regime il quale, anche grazie ad un sistema elettorale tagliato su misura, permetterà a pochi uomini di fiducia del capitale di dirigere il paese, conducendo alle estreme conseguenze la spogliazione delle masse lavoratrici.
A questo proposito vale la pena fare un cenno all’Europa concepita come cane da guardia degli interessi capitalistici ed imperialistici.
Trattandosi di un’entità sovranazionale, mentre nelle segrete stanze decide l’entità della spogliazione dei popoli, in quelle ufficiali, “democraticamente” elette, si procede legiferando su elementi di secondo piano che non insidiano per nulla interessi e decisioni delle cupole internazionali. 
Il tutto crea un profondo risentimento verso l’Istituto europeo, risentimento che torme di volenterosi “sinistri” incanalano, poco opportunamente, verso l’Euro e qualche volta la Germania “pigliatutto”, senza sapere che il problema dell’Europa è esattamente il problema dell’Italia, cioè l’irriformabilità del capitalismo e del suo sistema di potere.
L’Italia delle Olimpiadi quindi, ammesso che la banda italiana prevalga sulle bande di altri paesi, sarà la logica prosecuzione di quella attuale: chi lavorerà lo farà esclusivamente per sopravvivere; chi non lavorerà passerà il suo tempo fra un pasto donato e l’espediente da inventare per avere il successivo; sul piano pensionistico, anche se sembra impossibile, la situazione sarà sicuramente peggiore dell’attuale, cioè saranno a regime le non pensioni derivanti dalle varie “riforme”, sia quelle imposte, sia quelle “concordate”; la Sanità sarà sempre più per ricchi, così come l’istruzione; nei luoghi di lavoro varranno le regole imprenditoriali di un secolo fa; le carceri saranno sempre più luoghi dove confinare i ribelli e i cittadini -che già oggi non sono ispiratori delle Leggi e della loro applicazione- saranno controllati da uno Stato sempre più militarizzato e da un apparato giudiziario opportunamente aggiornato per la bisogna.
Né si può pensare che l’elenco appena fatto sia davvero esaustivo del nostro futuro prossimo.
 Il sistema imperialista di cui l’Italia fa parte, ha nel proprio dna le guerre d’aggressione che sono il prodotto delle sue contraddizioni. 
Pensare che l’Italia e l’Europa stessa possa sfuggire a questa sorte è una pia illusione, come lo è quella di cambiare qualcosa grazie a qualche “illuminato” uomo di governo.
Affinché tutto questo non accada e il progetto di cui Renzi è rappresentante non si realizzi, occorre avere chiarezza di alcuni elementi: Non c’è opposizione possibile se non si supera l’idea, radicata in parte della sinistra secondo la quale è possibile allearsi con capitalisti “onesti” e i loro rappresentanti di “sinistra” nel partito unico; non c’è futuro accettabile se costruito dal capitale; non c’è lotta parziale che possa essere decisiva; non c’è lotta generale che possa essere condotta senza la presenza del partito comunista.



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