sabato 27 dicembre 2014

PER UN SOGGETTO POLITICO D’ALTERNATIVA E COMUNISTA di G Angelo Billia


PER UN SOGGETTO POLITICO D’ALTERNATIVA E COMUNISTA di G Angelo Billia


D’acchito la definizione lascia uno spazio d’interpretazione tale da permettere ad ognuno di riconoscervi i significati che gli sono congeniali. 
Parlo, ovviamente, di quella fetta di società che si oppone da sinistra allo stato di cose esistenti.
In realtà questa interpretazione, secondo il mio personale punto di vista, non è affatto corretta. 
Infatti lascerebbe spazio alla riproposizione dei mali della sinistra negli ultimi decenni.
Credo invece sia necessario, per comprendere appieno la portata politica della proposta degli autoconvocati, soffermarsi, sia pure brevemente, su ognuno dei tre termini che compongono la proposta, cioè ,soggetto politico, alternativa, comunista.
Soggetto politico, cioè organizzazione politica, cioè partito.
 Quanto di più auspicabile in una realtà nella quale la grande maggioranza della popolazione è l’oggetto di un attacco, che ha lo scopo di annientarne qualsiasi possibilità di uscire dalla condizione obiettivamente semischiavistica, nella quale il regime la sta sospingendo.
La negazione dei diritti acquisiti procede di conserva alla negazione dello stesso diritto di avere una rappresentanza politico organizzativa. 
Lo scopo evidente è quello di sospingere la classe produttrice di ricchezza in un serraglio nel quale attingere a piene mani per soddisfare le ambizioni sempre più sfrenate della classe parassitaria, senza dover pagare lo scotto dei pericoli che deriverebbero dall’organizzazione del potenziale umano, ridotto alla stregua dei polli allevati in batteria.
Non a caso, dal momento che un attacco diretto poteva sollevare più di un problema, si è preferito privilegiare un approccio disgregatore dell’idea stessa dell’organizzazione politica.
 Se si preferisce, tale approccio può essere definito di tipo culturale, e ha visto come parte diligente dell’operazione, componenti che, a prima vista sembravano agli antipodi. 
Partiti tradizionalmente espressione degli interessi della borghesia, dalla DC sino ad arrivare a FI, e partiti che, per il loro passato apparivano ancora legati agli interessi dei lavoratori come PCI e PSI.
E’ sufficiente ricordare l’americanizzazione del concetto partito, già presente nei partiti citati, anche prima che con Berlusconi si arricchisse della componente personalistica, peraltro già presente in modo embrionale oltre che negli altri partiti anche nello stesso PCI, con i capi corrente che facevano politica più attraverso i media che nello stesso partito.
Mano a mano che il lavoro procedeva e attecchiva nel sentire comune delle grandi masse, le caratterizzazioni para ideologiche dei vari partiti andavano indebolendosi, appiattendoli e trasformandoli, da portatori d’idee alternative complessive quali apparivano, a semplici concorrenti per la gestione di un sistema talmente immutabile, da essere ormai dato per scontato dalla stessa maggioranza della popolazione.
La stessa trasformazione dei partiti di sinistra, in particolare il PCI, da partiti già indistinguibili dagli altri partiti e che, attraverso opportune fusioni, di quelle che prima apparivano come alleanze, trasformandosi in partiti anche ideologicamente idonei a rappresentare gli interessi parassitari nel paese, apriva anche a livello di massa una voragine intellettuale, nella quale era venuta meno la stessa idea della necessità del partito della classe operaia.
A quel punto il processo era compiuto e con la gestione dello Stato per conto terzi divenne inevitabile anche l’emersione di un iceberg presente da tempo nella struttura politica di potere della borghesia: la corruzione.
Nulla di nuovo, la corruzione ha accompagnato l’umanità nel corso dei secoli, mano a mano che le classi dirigenti si dotavano di struttura politico-amministrativa- militare per garantirsi il potere. 
Oltretutto più è forte e inattaccabile il potere e più aumentano le possibilità per gli uomini strumento dello stesso potere di arrotondare. 
Quante fortune personali sono state costruite con l’oro alla patria ad esempio, non lo sapremo mai.
Conviene comunque soffermarsi sul fenomeno, com’è andato caratterizzandosi in questi ultimi tempi, perché anch’esso è la spia del livello di obnubilamento delle masse lavoratrici, a proposito della perdita della stessa idea di poter essere rappresentate in quanto classe. 
Siamo all’assurdo che il modello politico universalmente auspicabile è il partito onesto, senza por mente al fatto che se il partito stesso opera contro gli interessi delle masse popolari non sarà mai tale.
Quindi tutto questo pone l’altro problema: se non c’è consapevolezza che partito, per le masse popolari deve significare alternativa radicale al potere costituito, con il quale non è possibile dialogare ma solo combattere, viene a mancare la necessità stessa di avere un motore, cioè il partito.
Certo non sarà facile districarsi per addivenire ad una definizione d’alternativa condivisa. 
Non si può dimenticare che uomini, così come organizzazioni politiche di sinistra, sono finiti nell’ingranaggio culturale predisposto per negare sia il partito dei lavoratori che l’alternativa reale al sistema. 
Così, come non si può negare che ci saranno resistenze di segno opposto, di persone ed organizzazioni le quali suppongono che l’opposizione alla deriva culturale promossa dalla borghesia, non possa essere che una riproposizione di schemi derivanti da questo o quel periodo storico, considerato, sul piano delle idee, più congeniale, peraltro spesso senza aver proceduto a farne un’analisi approfondita collegiale.
La comprensione delle peculiarità politiche del momento, comporta la necessità di comprendere che il nostro è un lavoro finalizzato prima di tutto ad invertire una tendenza.
 Se si considera realistica anche solo la metà di quanto esposto sopra, è fuori discussione che il programma d’alternativa non può essere che costruito, tenendo conto della necessità che vi si possa rispecchiare la parte migliore della società, quella che ha rifiutato l’omologazione ai canoni imposti dalla borghesia e dai suoi uomini di mano, e nello stesso tempo dovrà essere comprensibile e condivisibile dalla parte delle masse che già oggi ha scelto di lottare, sia pure confusamente e su obiettivi a volte semplicemente limitati, altre su obiettivi decisamente compatibili con il processo culturale che la borghesia sta attuando.
Per questo ed altro credo che, se si immaginasse il programma d’alternativa come una cosa definibile minuziosamente nei dettagli, attorno alla quale, poi, raccogliere le grandi masse, sarebbe l’errore più grossolano che si potrebbe commettere. 
L’alternativa dovrà essere definita nel corso del lavoro con le masse e fra le masse e per questo non può essere considerata semplicemente frutto dell’ingegno di qualche intellettuale.
Ciò detto, considero fondamentali alcuni punti fermi attorno ai quali credo non sia possibile sorvolare. Uno di questi è costituito dal rifiuto di qualsiasi forma d’alleanza con forze politiche portatrici del progetto politico capitalista, come il PD. 
Da ciò deriva la necessità dell’uso dello stesso metro a livello internazionale. 
Non esiste oggi, in nessun consesso elettivo di cui la borghesia si è dotata, la possibilità di formulare alleanze con partiti, formazioni politiche, uomini politici che non si pongono in totale, assoluta alternativa al potere politico capitalista. 
Chi, oggi, sostiene il contrario, consapevolmente o no porta con sé il germe della collaborazione di classe.
La battaglia contro l’euro, per dirne una, è una battaglia di retroguardia, condotta su un terreno congeniale anche a settori della borghesia in quanto non dirimente la questione della gestione del potere. 
Anzi, per alcuni aspetti questa battaglia risulta deviante rispetto anche al semplice obiettivo di limitare il potere capitalistico, perché condotta su un piano (quello della moneta) che è sempre congeniale al sistema e connaturato con esso.
Non è più tempo, anzi è un malinteso pensare che lo sia stato, di affidare a pattuglie di eletti il compito di limitare i danni della gestione capitalistica.
Il terreno di scontro l’ha scelto la borghesia, è uno scontro frontale, diretto e totalizzante, all’idea stessa che le masse lavoratrici possano divenire qualcosa di diverso di limoni da spremere.
Tenendo conto di questo, l’unico uso ipotizzabile dei consessi elettivi borghesi, è quello del lavoro per inceppare il più possibile il funzionamento degli stessi e quello di denuncia della valenza esclusiva antipopolare che hanno assunto, sfornando leggi liberticide a tutto spiano e favorendo la finzione che il potere sia nell’elettore.
E’ chiaro che non può trattarsi di una rinuncia a cercare di cambiare in senso più favorevole alle masse gli stessi consessi, ma senza cadere nell’illusione di poterlo fare senza l’apporto esclusivo, costante e decisivo delle masse stesse.
 Nessuna alleanza estemporanea è in grado di cambiare questo stato di cose, anzi, la storia anche recente, insegna proprio il contrario.
In tutto questo assume rilevanza vitale il termine comunista. 
Nulla di quanto si verifica oggi non era stato previsto da Marx, quindi diviene naturale calcare sull’alternativa dallo stesso prefigurata. 
Non si tratta, qui, di rimanere ancorati a schemi del passato, quanto piuttosto di legare l’idea stessa dell’alternativa alla sua natura scientifica.
Questo comporta due elementi indissolubilmente interconnessi. 
Il primo riguarda la natura dell’alternativa, appunto. 
E’ prefigurabile, oggi, di fronte all’attacco senza compromessi portato avanti dalla borghesia, immaginare un’alternativa diversa da quella socialista? 
Sarebbe utile indicare più o meno genericamente una società “più giusta” dove la borghesia la faccia ancora da padrone? 
Decisamente credo di no.
L’altro elemento è costituito dalla specificità dell’organizzazione comunista, l’unica che può permettere, con cognizione di causa, di collegare i vari momenti di lotta per farli concorrere all’alternativa complessiva.
Direzione collegiale senza personalismi, intercambiabilità reale ai posti dirigenti, elaborazione collegiale dove si concretizza il massimo della democrazia e subordinazione della minoranza alla maggioranza sino alla verifica successiva. 
Sono i cardini dal cui rispetto dipende il partito stesso e le prospettive strategiche di vittoria.
Non si tratta di una ripetizione di formule astratte, quanto piuttosto della constatazione di quanta responsabilità, nello sfacelo del movimento comunista internazionale, abbia avuto il mancato rispetto di queste semplici regole. 
Il nemico di classe è ovunque, anche nella “personalità” comunista che ama cantare per conto proprio.



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