Altro sistema dell'arte vuole dire investire sui circuiti brevi di distribuzione e sugli artisti radicati nel loro territorio, sul locale prima che sul globale, l'economia comunitaria locale la si rivitalizza soltanto estirpando gli omologanti artisti internazionali, diffusi e sostenuti dai privatissimi fondi d'investimento di pochissimi.
La globalizzazione ha trasformato il gusto e la sensibilità degli spettatori dell'arte meno avveduti, dei disattenti e degli attenti all'apparenza, contenti di distinguersi ammirando Hirst o Cattelan, ma questo è necessario? Qualcuno lo trova sensato?
Come i consumatori italiani collegati a Slow Food, noi diciamo consumo artistico a chilometro zero e facciamo rete e diffusione di ricerca solo attraverso gli artisti, zero spese di trasporto ed assicurate basta la posta prioritaria, zero spese per il critico basta uno spettatore, zero spese pubblicitarie basta un link su you tube da cliccare, zero rifiuti artistici dal valore economico imposto e privi di qualsiasi valore comunitario ed affettivo, zero stress per noi e per voi che non dobbiamo dare conto a nessuno sul nostro lavoro dal significato e dal senso condiviso.
L'arte e gli artisti radicati in un territorio non sono roba per ricchi.
Il sistema economico dell'arte planetario è andato avanti dal dopoguerra ad ora ad un ritmo infernale, il processo è stato irreversibile e ad esso si sono adattati solo i ratti di fogna adatti a sostenerlo, noi lo troviamo insostenibile e violentissimo.
Quanti sono i sognatori, gli indolenti, i flemmatici, gli incuranti, i moderati, gli ingenui dell'arte?
Quelli che alimentano il portafoglio di Diprè?
Sono gli artisti più fragili del sistema, se non fosse per loro il sistema dell'arte non esisterebbe, nel contempo consumatori da abbindolare e produttori senza prezzo, hanno cercato un posto per sé e senza sapere come si sono ritrovati onestamente ai margini.
Bisogna smettere di alimentare certe verità dell'arte fasulle per riappropriarsi del proprio denaro, occorre autosostenere una vera politica prima culturale simbolica e poi monetaria locale, altrimenti come conservare il potere d'acquisto dei residenti? I flussi monetari devono restare all'interno della propria terra e della propria regione.
Una volta il denaro simbolizzava la reciprocità tra le persone, legava gli attori di una comunità sociale, la moneta donata era il simbolo dell'anima, un disegno può costituire fonte di rendita per un artista radicato in un territorio anche al costo di un euro e cinquanta se quel valore gli è riconosciuto, il resto sono forme di frustrazione indotta ad arte, un uso consapevole del denaro può veicolare scambio dei saperi e delle ricerche e può diventare sistema se condotto direttamente dagli artisti e non è utopia se gli artisti sono in grado di rappresentare questa altra realtà possibile.
Incredibilmente gli artisti di retroguardia non imposti ad una comunità in questo sistema in forte crisi economica a rischio default si trovano incredibilmente in prima fila, il momento ci impone un sistema costituito dall'altrove.
Nessun anacronismo, tutto questo è il naturale frutto di un sistema eteronomo, soggetto al fascismo liberal socialista ed un poco comunista nelle apparenze dei mercati finanziari, la mano invisibile dell'interesse economico privato e la rappresentazione tecnoscientifica e digital-virtuale del mondo contemporaneo rischia di compromettere ed estinguere l'identità artistica dell'umano, siamo generati da questo, la nostra natura creativa è comunque deformata e danneggiata ma possiamo ancora rappresentarla e possiamo rappresentare un altro sistema dell'arte come un viaggio in questo tempo.
Per fare questo nessuna indifferenza, noncuranza o superficialità, queste cose preservano il sistema imperante, bisogna non pensare al modello economico imposto per recuperare e preservare un approccio all'arte ego-logico.
L'arte non può più ignorare e sottrarsi al dibattito politico, altrimenti si consegna una unica storia dell'arte al pianeta che non parla di r-esistenze artistiche e creative ma solo di eletti.
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