"L’EXPO MESSA A NUDO" di Alessandro Dal Lago
La “Frankfurter Allgemeine Zeitung” è un quotidiano abbastanza conservatore, colto e prestigioso.
Fa perciò una certa sensazione la stroncatura dell’Expo pubblicata il 1 maggio (N. Maak, “Die Expo in Mailand: hier ist keine Allegorie zu schief”).
Dopo le inevitabili informazioni sulle consuete magagne di casa nostra (corruzione, impreparazione, corsa contro il tempo per ultimare l’allestimento ecc.), l’articolo si concentra sulla sostanza, e cioè un’esposizione che vorrebbe curare il mondo (“Nutrire il mondo, energia per la vita” recita modestamente il suo slogan ), ma che è soprattutto “uno spreco orgiastico di materiali di dimensioni epocali” (Materialverschwendungsorgie von epochalem Ausmaß).
Un’orgia di acciaio, cemento, vetro e plastica che ridicolizza l’ideologia unanimistica che vorrebbe mettere insieme MacDonald e agricoltura bio, ogm e cucine del territorio.
Infatti, i padiglioni non sono altro che vetrine in cui gli stati diversi espongono le loro mercanzie e, al massimo, stili nazionali: piante di riso chicchi di caffè, macchine agricole e così via.
Nessuna proposta sostenibile o a bassa tecnologia viene da questa fiera del consumismo per happy few travestita da soluzione globale.
Così, al netto della retorica nazional-renziana della “ripartenza italiana” (una “narrazione” che, giorno dopo giorno, si rivela sempre più vacua e fastidiosa), dei feroci black bloc e dei milanesi che si rimboccano le maniche, quello che resterà tra sei mesi, molto probabilmente, saranno edifici abbandonati, insegne penzolanti e montagne di cartaccia, plastica e vetri rotti.
Quattordici miliardi di Euro buttati al vento, senza aver nutrito nessuno, ovviamente.
Questo era uno dei messaggi della manifestazione anti-Expo, se le imprese dei guerriglieri caserecci vestiti di nero non l’avessero cancellato.
Per fortuna, c’è un quotidiano conservatore a ricordarcelo.
La “Frankfurter Allgemeine Zeitung” è un quotidiano abbastanza conservatore, colto e prestigioso.
Fa perciò una certa sensazione la stroncatura dell’Expo pubblicata il 1 maggio (N. Maak, “Die Expo in Mailand: hier ist keine Allegorie zu schief”).
Dopo le inevitabili informazioni sulle consuete magagne di casa nostra (corruzione, impreparazione, corsa contro il tempo per ultimare l’allestimento ecc.), l’articolo si concentra sulla sostanza, e cioè un’esposizione che vorrebbe curare il mondo (“Nutrire il mondo, energia per la vita” recita modestamente il suo slogan ), ma che è soprattutto “uno spreco orgiastico di materiali di dimensioni epocali” (Materialverschwendungsorgie von epochalem Ausmaß).
Un’orgia di acciaio, cemento, vetro e plastica che ridicolizza l’ideologia unanimistica che vorrebbe mettere insieme MacDonald e agricoltura bio, ogm e cucine del territorio.
Infatti, i padiglioni non sono altro che vetrine in cui gli stati diversi espongono le loro mercanzie e, al massimo, stili nazionali: piante di riso chicchi di caffè, macchine agricole e così via.
Nessuna proposta sostenibile o a bassa tecnologia viene da questa fiera del consumismo per happy few travestita da soluzione globale.
Così, al netto della retorica nazional-renziana della “ripartenza italiana” (una “narrazione” che, giorno dopo giorno, si rivela sempre più vacua e fastidiosa), dei feroci black bloc e dei milanesi che si rimboccano le maniche, quello che resterà tra sei mesi, molto probabilmente, saranno edifici abbandonati, insegne penzolanti e montagne di cartaccia, plastica e vetri rotti.
Quattordici miliardi di Euro buttati al vento, senza aver nutrito nessuno, ovviamente.
Questo era uno dei messaggi della manifestazione anti-Expo, se le imprese dei guerriglieri caserecci vestiti di nero non l’avessero cancellato.
Per fortuna, c’è un quotidiano conservatore a ricordarcelo.
Nessun commento:
Posta un commento