I social media contemporaneamente liberano e incatenano gli artisti al proprio lavoro, dovunque andiamo con il nostro smartphone siamo al lavoro.
Non siamo più artisti alienati come i nostri predecessori, noi siamo mutati, siamo i mediatizzati, siamo interamente classificati e assorbiti dal web, non siamo scissi, ma frammentati, dispersi, non siamo più passivi, ci impongono una costante partecipazione, costretti a scegliere quello che preferiamo, costretti a esprimere opinioni e a narrare le nostre vite. Un distinguo c'è, l'artista lavoratore produce informazione viva, la tristezza è che l'artista prodotto dal mercato e dagli investimenti statici di capitali che si autoalimentano la cristallizza e la trasforma in lingua morta nell'interno dell'apparato burocratico del sistema mercantile dell'arte.
Serve evitare che la vita, i bisogni, i desideri degli artisti e la loro ricerca si riducano alle tipiche domande da social media: Dove sei? Cosa fai? Cosa pensi? Che libri leggi?
Serve evitare che la vita, i bisogni, i desideri degli artisti e la loro ricerca si riducano alle tipiche domande da social media: Dove sei? Cosa fai? Cosa pensi? Che libri leggi?
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