Anno 2005, GAP, Rai Educational,
Mimmo Di Caterino vs Bonito Oliva
La centralità dell’arte e l’interesse fondante per il progetto inteso come possibilità accomunano, si licet parva componere cum magnis, l’esperienza intellettuale di Heidegger e quella pluridimensionale, se non metadimensionale di “Pesce a Fore”. Quest’ultimo è un progetto oltrepassante la medesima categoria heideggeriana, da intendersi come mera deiezione. Ciò accade perché si attua il rovesciamento del decadimento ontico del Da-sein a nihil, proprio per il tramite dell’esperienza artistica, che già in Heidegger era un centro per l’aletheia dell’essere. Il superamento del nichilismo progettuale da parte dell’Io, in conflitto con una realtà altra e apparentemente onnipotente, si attua nella sfera sociale dell’oltrepassamento della riduzione delle oggettivazioni umane a mera res. E come nel Lavoro di Dioniso di Negri e Hardt, la liberazione avviene andando oltre, o forse obliterando, la koinè tra potere economico-politico ed autoritarismo dell’industria culturale, che decreta, pre-giudicando, cos’è arte e cosa non lo è in base alla sfera quantitativa della produzione editoriale degli esperti di turno.
La pregnanza semantica del messaggio di “Pesce a Fora”, affiora già nella scelta del logo artistico e si presenta nelle vesti di una duplicità interpretativa, lasciata alla sfera dell’aisthesis dello spettatore, talvolta-dentr’egli-stesso-l’opera-d’arte. Da un lato Fora può essere una località immaginifica, un costrutto intellettuale proiettato fisicamente verso una realtà altra, configuratesi sotto la categoria adorniana della promessa di felicità. Infatti, “Pesce a Fore” è la ricerca di un altrove sociale liberato, inattuabile nella sua interezza nel presente storico, ma contemporaneamente da considerare sia come un messaggio nella bottiglia, sia come una denuncia contro l’inadeguatezza del nostro quotidiano co-esistere. È un progetto serio un’utopia che si contrappone al significato comune del vocabolo, i.e. vano inutile irrealizzabile, per rilanciare quello proprio della secolare tradizione della letteratura utopica, che si estrinseca nella sua duplice accezione semantica di u-topos e eu-topos.
La ricerca dello straniamento, attuata attraverso l’accostamento della lucidità del dialogo razionale al disorientamento visivo dell’indecifrabilità dell’immagine, lungi dall’essere una prosecuzione di quello indotto dalla benettoniana fagocitazione del messaggio critico all’interno del messaggio commerciale, rivela una parentela con l’effetto surreale magrittiano e con la concezione dell’arte negativa adorniana. Con Magritte si condivide l’anelito verso una ragione altra che si contrappone alla ragione iniqua che genera guerre, con Adorno il ruolo dell’arte che rifiutandosi al piacere estetico, ha il ruolo di svelare le contraddizioni di una realtà falsamente conciliata all’insegna della ratio strumentale.
Con Pesce a Fore il prodotto artistico coniuga teoria e prassi, pensiero e azione e le azioni artistiche colgono nel segno come una profezia che si auto-avvera. In tal senso, l’opinione pubblica ufficiale reagisce attraverso la stampa confermando antiteticamente la weltanshaung di Pesce a Fora, per cui la sua violenta negazione si ribalta in una limpida consacrazione autodenigrante per chi, per il tramite dell’esperienza dell’arte pensata, scorge una possibilità al di la delle fauci del mondo amministrato.
Achille Bonito Oliva, da "Artrades" 2004
Mimmo Di Caterino vs Bonito Oliva
La centralità dell’arte e l’interesse fondante per il progetto inteso come possibilità accomunano, si licet parva componere cum magnis, l’esperienza intellettuale di Heidegger e quella pluridimensionale, se non metadimensionale di “Pesce a Fore”. Quest’ultimo è un progetto oltrepassante la medesima categoria heideggeriana, da intendersi come mera deiezione. Ciò accade perché si attua il rovesciamento del decadimento ontico del Da-sein a nihil, proprio per il tramite dell’esperienza artistica, che già in Heidegger era un centro per l’aletheia dell’essere. Il superamento del nichilismo progettuale da parte dell’Io, in conflitto con una realtà altra e apparentemente onnipotente, si attua nella sfera sociale dell’oltrepassamento della riduzione delle oggettivazioni umane a mera res. E come nel Lavoro di Dioniso di Negri e Hardt, la liberazione avviene andando oltre, o forse obliterando, la koinè tra potere economico-politico ed autoritarismo dell’industria culturale, che decreta, pre-giudicando, cos’è arte e cosa non lo è in base alla sfera quantitativa della produzione editoriale degli esperti di turno.
La pregnanza semantica del messaggio di “Pesce a Fora”, affiora già nella scelta del logo artistico e si presenta nelle vesti di una duplicità interpretativa, lasciata alla sfera dell’aisthesis dello spettatore, talvolta-dentr’egli-stesso-l’opera-d’arte. Da un lato Fora può essere una località immaginifica, un costrutto intellettuale proiettato fisicamente verso una realtà altra, configuratesi sotto la categoria adorniana della promessa di felicità. Infatti, “Pesce a Fore” è la ricerca di un altrove sociale liberato, inattuabile nella sua interezza nel presente storico, ma contemporaneamente da considerare sia come un messaggio nella bottiglia, sia come una denuncia contro l’inadeguatezza del nostro quotidiano co-esistere. È un progetto serio un’utopia che si contrappone al significato comune del vocabolo, i.e. vano inutile irrealizzabile, per rilanciare quello proprio della secolare tradizione della letteratura utopica, che si estrinseca nella sua duplice accezione semantica di u-topos e eu-topos.
La ricerca dello straniamento, attuata attraverso l’accostamento della lucidità del dialogo razionale al disorientamento visivo dell’indecifrabilità dell’immagine, lungi dall’essere una prosecuzione di quello indotto dalla benettoniana fagocitazione del messaggio critico all’interno del messaggio commerciale, rivela una parentela con l’effetto surreale magrittiano e con la concezione dell’arte negativa adorniana. Con Magritte si condivide l’anelito verso una ragione altra che si contrappone alla ragione iniqua che genera guerre, con Adorno il ruolo dell’arte che rifiutandosi al piacere estetico, ha il ruolo di svelare le contraddizioni di una realtà falsamente conciliata all’insegna della ratio strumentale.
Con Pesce a Fore il prodotto artistico coniuga teoria e prassi, pensiero e azione e le azioni artistiche colgono nel segno come una profezia che si auto-avvera. In tal senso, l’opinione pubblica ufficiale reagisce attraverso la stampa confermando antiteticamente la weltanshaung di Pesce a Fora, per cui la sua violenta negazione si ribalta in una limpida consacrazione autodenigrante per chi, per il tramite dell’esperienza dell’arte pensata, scorge una possibilità al di la delle fauci del mondo amministrato.
Achille Bonito Oliva, da "Artrades" 2004
Tra pre, iper e altro in relazione alla modernità:
La crisi dell'artista è alterità rispetto al sé creativo o è un suo modo
essenziale primario d'espressione?
Il pesce è fuori e non parla.
Manca la materia?
Manca la forma?
La flash art è un feticcio ingenuo dove vengono spenti gli orgasmi
rivoluzionari dell'artista, Oliva non scrive più? Quale phard usa?
Soprattuto Sgarbi si sta masturbando in questo momento?
Il fuoriuscito pesce che prassi rivoluzionaria deve adottare?
Sarebbe meglio un messaggio nella bottiglia utopico per le generazioni a
venire, sottolineando così il desiderio altro rispetto al regno della
tecnica sulle sovrastrutture?
Oppure prendere le distanze dalla presa di distanza e mantenere una
coerenza ovviamente mutabile?
Maurizio Cattelan sul Pesce a Fore, da Equilibriarte, anno 2006.
La crisi dell'artista è alterità rispetto al sé creativo o è un suo modo
essenziale primario d'espressione?
Il pesce è fuori e non parla.
Manca la materia?
Manca la forma?
La flash art è un feticcio ingenuo dove vengono spenti gli orgasmi
rivoluzionari dell'artista, Oliva non scrive più? Quale phard usa?
Soprattuto Sgarbi si sta masturbando in questo momento?
Il fuoriuscito pesce che prassi rivoluzionaria deve adottare?
Sarebbe meglio un messaggio nella bottiglia utopico per le generazioni a
venire, sottolineando così il desiderio altro rispetto al regno della
tecnica sulle sovrastrutture?
Oppure prendere le distanze dalla presa di distanza e mantenere una
coerenza ovviamente mutabile?
Maurizio Cattelan sul Pesce a Fore, da Equilibriarte, anno 2006.
Nessun commento:
Posta un commento