Non si può più restare impassibili in relazione al progetto sbandierato come “riforma” degli OOCC (Ddl 953 ex Aprea) che, aprendo la strada all’autonomia statutaria di ogni singola scuola, restringe gli spazi
di democrazia e mette in discussione l’intero sistema nazionale pubblico dell’istruzione. Il progetto in questione, infatti, determinerà all’interno degli OOCC l’ingresso di soggetti privati al fine di ottenere risorse aggiuntive al magro bilancio scolastico; il Collegio denuncia l’evidente rischio che i privati, in ragione del loro finanziamento, possano influenzare pesantemente il POF fino ad vanificare la libertà d’insegnamento sancita dalla nostra Costituzione.
Infine non si può tollerare che un Governo, invece di porre fine allo sfruttamento sottopagato del personale docente, si autorizzi ad agire in spregio a tutte le norme che regolano la vita della Repubblica Italiana, proponendo come forma di risanamento economico l’aumento dell’orario di insegnamento da 18 a 24 ore, per giunta senza prevedere alcun aumento retributivo.
La modalità decisionale e la misura eccezionalmente elevata dell’aggravio di lavoro - pari ad un terzo in più di quello attualmente in vigore - suonano come un sopruso ai danni della categoria dei docenti, il cui lavoro viene implicitamente considerato di così scarso valore da poterne variare l’entità in qualunque misura e in qualunque occasione, senza alcuna condivisione con gli interessati e senza corrispettivi sostanziali. E quanto premesso appare ancor più intollerabile alla luce degli ultimi stanziamenti per il comparto della scuola privata.
La proposta governativa sembra scaturire da un’autorità del tutto ignara di come si configura l’impegno lavorativo docente. Il lavoro di chi insegna non si limita a diciotto ore settimanali, ma è solo la parte delle lezioni frontali ad essere distribuita appunto su diciotto ore. Tutto quello che il rapporto con le classi richiede a monte appartiene al “sommerso”: occorre adeguare quotidianamente la preparazione delle lezioni, aggiornarsi dal punto di vista culturale e pedagogico, predisporre attività individualizzate e modalità capaci di stare a confronto con l’evoluzione tecnologica circostante; né possono essere dimenticati gli incontri e le comunicazioni con le famiglie, la preparazione di visite guidate e attività integrative, la progettazione e lo svolgimento degli interventi di recupero, la correzione dei compiti. Molte attività si svolgono a spese del singolo insegnante, perché ormai sempre più di frequente la scuola pubblica non è in grado di stare al passo con i tempi per quanto riguarda gli aggiornamenti, le attrezzature, i supporti e i materiali. Ma il lavoro viene svolto con serietà, come dimostrano i risultati lusinghieri che gli studenti italiani ottengono quando si recano a studiare all’estero; l’impegno dell’insegnante è sottoposto prima di tutto al giudizio di alunni e famiglie, che interagiscono ampiamente nell’interesse di un servizio veramente formativo.
L’orientamento dell’attuale Governo è inaccettabile, perché fomenta la campagna denigratoria nei confronti della scuola; invece di valorizzare l’impegno quotidiano di chi opera a scuola, l’attacco ai presunti privilegi degli insegnanti svilisce la rilevanza del sistema formativo agli occhi della pubblica opinione. Se dovesse essere approvato, il provvedimento avrà forti incidenze negative sulla didattica e sull’apprendimento, ma soprattutto precluderà, al pari del concorso a cattedre appena bandito dal Ministero, la possibilità di insegnare a migliaia di docenti precari (alcuni giovani, altri già inseriti da decenni nel mondo della scuola); i docenti del Liceo Artistico, in particolare, denunciano il rischio che in questa stasi venga cancellata definitivamente la salutare “osmosi” che finora si creava grazie alla convivenza e alla collaborazione tra professionisti di diverse generazioni.
Si invitano tutti gli organi di informazione a documentare in modo obiettivo la realtà scolastica attuale, evitando di diffondere notizie fuorvianti e riconoscendo piuttosto la funzione di traino culturale e civile che la scuola finora è riuscita a svolgere.
Infine non si può tollerare che un Governo, invece di porre fine allo sfruttamento sottopagato del personale docente, si autorizzi ad agire in spregio a tutte le norme che regolano la vita della Repubblica Italiana, proponendo come forma di risanamento economico l’aumento dell’orario di insegnamento da 18 a 24 ore, per giunta senza prevedere alcun aumento retributivo.
La modalità decisionale e la misura eccezionalmente elevata dell’aggravio di lavoro - pari ad un terzo in più di quello attualmente in vigore - suonano come un sopruso ai danni della categoria dei docenti, il cui lavoro viene implicitamente considerato di così scarso valore da poterne variare l’entità in qualunque misura e in qualunque occasione, senza alcuna condivisione con gli interessati e senza corrispettivi sostanziali. E quanto premesso appare ancor più intollerabile alla luce degli ultimi stanziamenti per il comparto della scuola privata.
La proposta governativa sembra scaturire da un’autorità del tutto ignara di come si configura l’impegno lavorativo docente. Il lavoro di chi insegna non si limita a diciotto ore settimanali, ma è solo la parte delle lezioni frontali ad essere distribuita appunto su diciotto ore. Tutto quello che il rapporto con le classi richiede a monte appartiene al “sommerso”: occorre adeguare quotidianamente la preparazione delle lezioni, aggiornarsi dal punto di vista culturale e pedagogico, predisporre attività individualizzate e modalità capaci di stare a confronto con l’evoluzione tecnologica circostante; né possono essere dimenticati gli incontri e le comunicazioni con le famiglie, la preparazione di visite guidate e attività integrative, la progettazione e lo svolgimento degli interventi di recupero, la correzione dei compiti. Molte attività si svolgono a spese del singolo insegnante, perché ormai sempre più di frequente la scuola pubblica non è in grado di stare al passo con i tempi per quanto riguarda gli aggiornamenti, le attrezzature, i supporti e i materiali. Ma il lavoro viene svolto con serietà, come dimostrano i risultati lusinghieri che gli studenti italiani ottengono quando si recano a studiare all’estero; l’impegno dell’insegnante è sottoposto prima di tutto al giudizio di alunni e famiglie, che interagiscono ampiamente nell’interesse di un servizio veramente formativo.
L’orientamento dell’attuale Governo è inaccettabile, perché fomenta la campagna denigratoria nei confronti della scuola; invece di valorizzare l’impegno quotidiano di chi opera a scuola, l’attacco ai presunti privilegi degli insegnanti svilisce la rilevanza del sistema formativo agli occhi della pubblica opinione. Se dovesse essere approvato, il provvedimento avrà forti incidenze negative sulla didattica e sull’apprendimento, ma soprattutto precluderà, al pari del concorso a cattedre appena bandito dal Ministero, la possibilità di insegnare a migliaia di docenti precari (alcuni giovani, altri già inseriti da decenni nel mondo della scuola); i docenti del Liceo Artistico, in particolare, denunciano il rischio che in questa stasi venga cancellata definitivamente la salutare “osmosi” che finora si creava grazie alla convivenza e alla collaborazione tra professionisti di diverse generazioni.
Si invitano tutti gli organi di informazione a documentare in modo obiettivo la realtà scolastica attuale, evitando di diffondere notizie fuorvianti e riconoscendo piuttosto la funzione di traino culturale e civile che la scuola finora è riuscita a svolgere.
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