Beyoncé si è
ispirata a Wandael, Wandael a Graham; ma cosa è l'ispirazione d'artista?
Gli anni novanta,
gli anni determinanti per quanto riguarda la mia formazione artistica, sono
stati gli anni che ci hanno consegnato una caduta progressiva delle ideologie;
il nuovo millennio ha visto abbattersi l'ideologia più forte, quella della
crescita economica, del mercato che si autorigenera.
Ci ritroviamo
catapultati in un Medioevo di un altra economia da esplorare, dettata anche
dalla crescita esponenziale delle possibilità tecnologiche.
L'artista per la
prima volta dall'inizio del secolo scorso è in grado di autorappresentare e
promuovere il proprio lavoro, può avere ed essere tutto da fermo, aprire
idealmente il suo studio e la sua ricerca al globo interconnesso.
Siamo nel medioevo
di un nuovo ruolo e una nuova responsabilità sociale per l'artista
contemporaneo, in grado di sviluppare contenitori e strumenti in
"studi/stanze intelligenti dell'arte".
Serve però la
capacità di ragionare oltre lo strumento, di mettere a fuoco il contenuto del
proprio linguaggio, insomma con l'iPhone, Facebook, Twitter e quant'altro,
possiamo essere e fare tutto, ma quanti artisti oltre l'estetica consegnata e
prodotta con software a domicilio, sanno cosa fare realmente e sono padroni del
loro linguaggio e dei suoi contenuti?
Il sistema
dell'arte contemporaneo dagli anni novanta in poi, si è barricato,
determinandosi e rigenerandosi solo attraverso gli "addetti ai
lavori".
Non esiste una
reala critica d'arte contemporanea, tutti tendono a compiacersi (per non
perdere future opportunità) anche non si piacendosi, un eccezione in questo
scenario la costituisce Andrea Diprè, il cui lavoro virale on line è simile a delle
"cluster bomb", al momento forse gli manca uno scenario di
costruzione e di progetto, ma di fatto ha attestato la morte della figura che
lui stesso incarna, quello della critica d'arte contemporanea in Italia.
Al limite tra gli
"addetti ai lavori" si crea solidarietà professionale: “siamo sulla
stessa barca”.
Ovviamente tutto
questo è ermetico, impenetrabile e i riflessi per chi lo subisce sono emetici.
In fondo con
quesiti storicamente semplici si può distruggere la produzione di opere
prodotte nel primo mondo, non è proprio in questa maniera che Diprè
mediaticamente ha attestato la scomparsa di Bonito Oliva?
Poche domande
possono fare saltare i dispositivi retorici (concettuali e delle opere) che
legittimano ruolo e lo stipendio (sovente a carico del contribuente) degli
stessi addetti ai lavori.
Perché mi sorprendo
spesso a riflettere amaramente su quanto gli artisti contemporanei siano privi
di contenuti legati al loro linguaggio?
Mi viene al solito
in aiuto l'ego d'artista fatto manifesto mediatico; al solito l'artista di
turno Alexo Wandael (vero nome Alessandro Cacopardo) accusa via social network
che la cantante Beyoncé per il video del suo ultimo pezzo
"Ghost" si sarebbe ispirata direttamente a un suo progetto
fotografico "Statuesque", esposto tra New York e Miami tra il 2007 e
il 2012.
Al solito, si usa
il codice iconico comune non per ragionare su reali problematiche legate
all'arte contemporanea al tempo del nuovo ordine economico globale, non per
lanciarsi in dotte discussioni sull'arte come linguaggio comune, ma in cerca di
riflettori prima mediatici e poi di mercato si rivendica la propria paternità
di una immagine e del suo significato, ma si può? Manet non avrebbe mai preso
le distanze da Marcantonio Raimondi, il linguaggio esiste quando è fluido a
prescindere da ciò che si cita, al punto che il rischio reale è quello di
passare per ignorantelli, Chiara Mazzocchi (artista) non ha resistito alla
tentazione di mettere Alexo Wandael dinanzi all'evidenza, facendogli notare
come il suo lavoro è molto simile al lavoro di Martha Graham
"Lamentation", per cui il punto reale per fare una riflessione
seria sul linguaggio dell'arte contemporanea è: cosa è una copia? Dove comincia
e dove finisce?
Molti artisti,
privi di umiltà e armati di superbia, autoproclamati geniali e protetti da
qualche "addetto ai lavori" questa riflessione non l'hanno mai fatta.
P.S. Dimenticavo,
Wandael ha ovviamente rimosso in tempo reale il post di Chiara Mazzocchi,
poteva precludere la viralità pubblicitaria della sua polemica, a noi è
sembrato invece un post interessantissimo, serve che gli artisti tornino a
ragionare tra di loro sul loro linguaggio come patrimonio comune e la cessino,
con un certo atteggiamento individuale da genio mai compreso che i social
network possono solo amplificare, il rischio è di non affrontare mai la
questione della ricerca artistica contemporanea dal punto di vista linguistico
e processuale.
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