Nulla
si crea, nulla si distrugge, tutto si
Collage.
Ovvero
La Macchina Senza Stupore.
Collage.
Ma anche assemblage, found-footage, forse mosaico.
Mettere
insieme i pezzi. Però, prima: trovarli. Tagliarli. Dunque, smontare un’opera,
prima era intera, durante il procedimento non più, dopo di nuovo.
Immagino
diverse possibilità. Qualcosa che potrebbe anche avere a che fare con la teoria
degli insiemi. Schematismi che suggeriscono punti di vista. E’ importante inoltre
considerare l’ordine nel quale i singoli pezzi del collage prima erano, dopo
saranno.
Primo
caso, si prendono i pezzi da un’opera, da un insieme, si smontano, si
riassemblano.
Opera1
(A1, A2, A3, A4, A5) diventa Opera2 (A2, A3, A1, A5, A4)
Secondo
caso, alcuni pezzi potrebbero essere scartati dalla mano dell’artista, lasciati
fuori dal gioco (dando vita ad un insieme di scartati, oppure ad un’opera di
pezzi esclusi) (oppure a pezzi che, in questa parentesi, spiegano meglio il
perchè di quell’opera, proprio per la propria assenza)
Opera1
(A1, A2, A3, A4, A5) diventa Opera3 (A1, A3, A5, A4)
E’
possibile riconoscere l’opera anche se manca un pezzo? Esiste un numero massimo
di pezzi mancanti, oltre il quale l’opera non è più riconoscibile? Esiste un
ladro abbastanza scaltro da rubare da un’opera famosa un pezzetto microscopico,
tuttavia essenziale, tale che l’opera sia riconosciuta dai visitatori della
mostra come la stessa di sempre, ma in realtà non lo sia più? Penso alle
fotografie ritoccate, alle questioni di verità e alle esigenze di
rappresentazione. Penso alla nota saltata dal violoncellista di un’orchestra,
durante l’esecuzione di un pezzo d’opera.
Terzo
caso, si prendono i pezzi di due opere, e si riassemblano per un’opera sola
Opera1
(A1, A2, A3, A4, A5) e Opera4 (B1,
B2, B3, B4, B5) diventano Opera5 (A2, B3, A1, B1, B2, A3, B4, B5, A5, A4)
Quarto
caso, si prendono i pezzi di un’opera, e si rimonta l’opera esattamente
com’era.
Opera1
(A1, A2, A3, A4, A5) diventa Opera1* (A1, A2, A3, A4, A5)
E’
questo il caso forse del restauro, dei puzzles, del tempio di Abu Simbel
smontato e rimontato poco distante per la costruzione della diga, forse anche
il caso dei falsi d’autore. Ammettendo l’esistenza di un artista così bravo da
riuscire a tagliare e ricomporre un’opera esattamente com’era precedentemente,
senza che sia possibile notare la minima differenza, allora possiamo parlare di
collage? E’ successo qualcosa all’opera, oppure no? E’ diversa da prima?
Ricordo il paradosso del teletrasporto, quello dei film di fantascienza. Alcuni
ipotizzano: all’arrivo non giunge la persona teletrasportata, ma una sua esatta
copia, l’originale è morto smembrato nelle sue parti infinitesimali, la sua
coscienza dispersa, eppure la sua copia, essendo perfetta, continuerà ad agire
in questo mondo come se fosse l’originale. Sempre ammettendo che il
teletrasporto, e chi l’ha costruito dunque, sappiano esattamente qual è il
totale dei pezzi che compongono l’originale, e quindi abbiano programmato la
macchina per trasportare dal punto di partenza al punto di arrivo tutta la
materia presente nel viaggiatore (nell’opera). Altrimenti, sarà una copia
perfetta, ma solo secondo le conoscenze del costruttore della macchina, a lui
sufficiente per essere creduta vera, ma non dal punto di vista del viaggiatore
che ha avuto la sfortuna di provare la macchina.
E
ancora: da Opera2 (A2, A3, A1, A5, A4) è possibile tornare a Opera1 (A1, A2,
A3, A4, A5) senza che questa risulti diversa? E’ possibile invertire la freccia
del tempo? L’opera è leggibile allo stesso modo solo superficialmente, perchè al contrario a livello reale è diversa da com’era
precedentemente, il lavoro dell’artista, le sue forbici e la sua colla hanno
lasciato tracce, microscopiche, sull’opera stessa?
Possediamo
forbici e colla abbastanza sottili da poter nascondere la mano dell’artista e
far sembrare un’opera “originale”, senza interventi?
Quinto
caso, si prende un’opera e si taglia in parti secondo diversi criteri, creando
sottoinsiemi (opere) con identità diverse. Ad esempio, da un quadro taglio
tutte le parti di colore rosso, le metto da una parte, poi procedo con il blu,
da un’altra, e via dicendo.
Opera6
(A1,B1, A2, B2, C1, C2) diventa Opera7 (A1, A2) Opera8 (B1, B2) Opera9 (C1, C2)
Questo
forse è un modo per mettere ordine, mi chiedo se esistano infiniti oppure
finiti modi di poter riordinare tutti i pezzetti di un collage.
Ricordo
l’odore di colla dei lavori di collage della scuola, e la colla che restava
sulle dita, seccava, veniva via come pelle morta. E il copia e incolla (e il
taglia e incolla, che non risparmiava invece l’opera di origine) delle ricerche
scolastiche, il Ctrl-C e il Ctrl-V ideato da Larry Tesler, prima in uso per
Mac, poi copiato (e incollato) da Windows.
Penso
poi alle questioni di significato.
Nel
primo caso, si smonta l’Opera1, con un significato ordinato, per creare Opera2,
con un altro significato ordinato. Oppure, consideriamo se esista la
possibilità che esista un’Opera1 che, tagliata e incollata, non possa più dare vita
ad opere con un significato ordinato. Questo, che può sembrare banale, a me ha
sempre stupito. In questo esatto momento, scrivendo, sto usando pezzi già
esistenti di un collage, le parole, per realizzare un altro collage con un
senso specifico. Se n’era stupito anche Sartre, facendo dire al suo Erostrato:
“Avrei voluto parole che fossero mie.” La stessa Opera1 può essere considerata
allo stesso modo, interpretata con un senso ordinato, da molti spettatori,
eccetto qualcuno, oppure solo a grandi linee gli osservatori la percepiscono
(credono di percepirla) allo stesso modo. Credo si tratti di variazioni del
quinto caso sopra descritto.
Penso
ai giocatori di scacchi. Alle regole che permettono loro di spingere la
partita, a discapito del proprio avversario, verso il collage di pezzi sulla
scacchiera che hanno in mente. Penso alle regole combinatorie: in questo caso,
finite. Fuori dalla scacchiera, con i frammenti di altri collage, di tutti i
collage possibili: finite, infinite? Esistono pezzi che proprio non possono
stare accanto ad altri? Per i quali l’accostamento non ammette significato?
Forse possiamo sempre inventarcene uno? Di fronte al frammento del collage
chiamato dolore, molti scrittori non ammettevano significato. “Soffrire non serve
a niente”, diceva Pavese. “Pàzei màzos”, risuona al contrario l’eco dei greci,
duemila anni prima.
Penso
agli scienziati, a quanti di loro cercano di scomporre l’opera nei suoi tasselli
più piccoli, oltre gli atomi, e a quanti di loro invece si allontanano il più
possibile dall’opera stessa per vederla nel suo insieme, contando tutti i
tasselli presenti, per comprendere il suo significato complessivo; geni come il
matematico Simon P. Norton alle prese con il suo Atlas of Finite Groups. Penso
al collage infinito dell’universo che ci troviamo ad abitare e ad essere, dove
nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si collage. Alle infinite
combinazioni, a tutto il tempo disponibile per provare tutte le possibili
combinazioni, e a tutte le altrettante infinite interpretazioni degli
spettatori del collage.
Penso
ad un calcolatore abbastanza potente (ce ne sarà a sufficienza, di energia, in
questo universo, per farlo funzionare?) da conoscere tutte le possibili
combinazioni dei frammenti del collage. Potremmo chiamarla la Macchina Senza
Stupore. E allo stupore del bambino che gioca per la prima volta con i pezzi
del suo collage, alle possibilità che intravede nella mente prima ancora della
colla e delle forbici, al suo riconoscersi in quel gioco dopo anni, di fronte
ad un collage ritrovato, per caso, in una cartellina in fondo ad un cassetto.
Andrea P-Ars Roccioletti
Andrea P-Ars Roccioletti
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