Europa, Grecia e umanità – Alessandro Dal Lago
Un terzo della popolazione della Grecia vive sotto la soglia di povertà.
Questo vuol dire semplicemente che riesce a malapena a sopravvivere, ma non a pagare le bollette e l’affitto, e quindi rischia lo sfratto, non può riscaldare la casa, avere l’illuminazione e così via.
In particolare è drammatica la situazione di 700.000 bambini e minori, privi di risorse minime come il latte e un’alimentazione sufficiente.
Ciò non è effetto solo della mancanza del debito e di un’economia in grave crisi, ma delle clausole del prestito che la troika (Ue, Fmi, Bce) ha imposto alla Grecia prima della vittoria di Tsipras, quando cioè il paese è stato affidato alla destra che l’aveva portato alla rovina.
Tra queste clausole, le privatizzazioni, che sottraggono al controllo pubblico infrastrutture fondamentali come i porti, e soprattutto riduzione delle pensioni e e dei salari minimi, licenziamenti nel settore pubblico, tagli alla sanità ecc.
Tra queste clausole, le privatizzazioni, che sottraggono al controllo pubblico infrastrutture fondamentali come i porti, e soprattutto riduzione delle pensioni e e dei salari minimi, licenziamenti nel settore pubblico, tagli alla sanità ecc.
In altre parole, fin dall’inizio, gli aiuti internazionali erano esclusivamente mirati a trasferire i debiti contratti dalla Grecia dai privati, e cioè dalle banche, alle istituzioni internazionali e agli stati europei.
Oggi l’Europa, attraverso il “fondo salva stati” detiene il 60% del debito greco, mentre il Fmi il 12% e la Bce l’8%. In Europa, la Germania è esposta per 60 miliardi, la Francia per 46 e l’Italia per 40.
Per farla breve, è l’Europa che di fatto sta strangolando un suo stato per salvare le banche. Quando, pochi giorni, la Grecia ha fatto passare la “legge sulla crisi umanitaria”, ha semplicemente messo al primo posto i bisogni minimi, essenziali, della sua popolazione e al secondo gli obblighi giugulatori imposti dall’Europa.
Che oggi non si comprenda come l’umanità venga prima delle regole finanziarie, ammantate di moralismo (Schuld, in tedesco significa sia “debito”, sia “ colpa”) degli stati dominanti, è un indizio della mancanza di senso politico di ciò che oggi passa per Unione europea, tanto più che il debito greco è poco più dell’1% del Pil dell’Europa e potrebbe essere facilmente condonato o ridotto, come i creditori fecero nel caso tedesco nel 1953 e gli Usa quando conquistarono l’Iraq nel 2003 (e in molti altri casi facilmente documentabili).
In altre parole, l’Europa non ha più nulla a che fare con quell’entità solidale, capace di sconfiggere i nazionalismi e di lottare contro la povertà, che Altiero Spinelli aveva, forse ingenuamente, delineato nel “Manifesto di Ventotene” dell’agosto 1941.
Non ci sarebbe da meravigliarsi se la Grecia cercasse aiuto a est, cioè in Russia, indebolendo ancora di più quel nano politico che oggi è l’Ue.
Ma le cause di questa ovvia irrilevanza sulla scena internazionale vanno cercate a Bruxelles e Francoforte e non ad Atene.
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