domenica 21 settembre 2014

L’articolo 18 o del diritto di licenziamento senza giusta causa di Delfo Cantoni

L’articolo 18 o del diritto di licenziamento senza giusta causa di Delfo Cantoni

Contrapporre i lavoratori, dicendo che i diritti degli uni conquistati con una stagione di lotte e mai concessi, tolgano diritti agli altri è la più grande e sporca bugia. 

Altro che nuovo che avanza ma quali innovatori? 



La classe media invece di perdere il sonno, si culla in questa ideologia che appartiene alla nostra epoca ed a questo paese attraversato dai tempi di Craxi da una restaurazione padronale, l’inizio con il decreto di San Valentino e l’abrogazione della scala mobile, offensiva continuata con le privatizzazioni anche dei governi di centro sinistra sciaguratamente ispirati a Tony Blair continuatore della Thatcher, ed ecco quel salame di Renzi.

Siamo all’ottocento a quel gretto liberalismo per cui contano i diritti solo dei ricchi perfino i diritti politici lasciando stare la questione sociale delle diseguaglianze, ma nasce tutto da lì. 
Rivedranno anche il diritto una testa un voto, abbiamo un senato di non eletti dal popolo una camera regia.
Effetto di queste invocate riforme. 
Il ben servito a Cordero di Montezemolo, non è la stessa cosa che il ben servito ad un normale padre o madre di famiglia di cinquant’anni, non ci sono riserve di grasso. 
C’è una spinta proletarizzazione, non siamo gli stati uniti d’America dove una persona che non ha lavoro è costretta a cambiare stato, condizione e penosa questa e non garanzia.

Il costo del lavoro italiano è tra i più bassi d’Europa.

Abbassando i salari e licenziando non si crea lavoro si fa un favore alla classe imprenditrice ed alla lotta decennale che ha ingaggiato contro i lavoratori, riducendo questo paese ad un bacino di lavoro flessibile, mal pagato, e lavoro in nero. I signori padroni…
Non hanno senso della nazione, della cosa comune,tolgono reddito ad un paese con la delocalizzazione, la proprietà è sganciata da ogni decisione, nelle società per azioni tocca la decisione ai pochi detentori della maggioranza azionaria ed alla direzione. Il diritto di licenziamento, perché ci sono dei tempi morti nel processo produttivo, la rotazione di un capitale annuale ed il lavoro che non può continuare ad essere giornaliero.
Il capitalista può aspettare, licenziare ed avrà altri schiavi, se il lavoratore non lavora anche domani e se non è pagato muore, specialmente l’operaio è vittima del ciclo produttivo e dei suoi tempi morti la circolazione delle merci, le crisi di sovraproduzione il tempo in cui la merce stessa deve diventare denaro.
Questo può essere un tempo rapido o lungo, in questo tempo nessun cosiddetto imprenditore vuole mantenere posti di lavoro, vorrebbe licenziare e poi dopo, forse riassumere. 
Altri lavoratori sempre più giovani più produttivi, dopo aver lesionato, i suoi vecchi utensili perché il lavoro incide usura.

Ci sono grandi discariche sociali che crea il capitalismo.

Per il capitalismo il cottimo è la forma di lavoro per eccellenza, oltre gli estenuanti turni di lavoro prolungatissimi, solo la lotta di classe ha messo in a disposizione il contratto di lavoro.
I sindacati sono dei regolatori del capitalismo ed una stagione in cui c’è stato un patto tra capitale e lavoro è venuta da lotte, dure prolungate di decenni, non così dal nulla per volontà divina di qualcuno. 

Avevamo il partito comunista più grande dell’occidente.

E' esistita una classe media, hanno potuto far studiare i figli anche i poveri.
Il loro futuro di gretti, penso ai vari Porro, Feltri, Brunetta, Renzi, Bel Pietro ed altri mille contrapporrà le generazioni prima che le classi.
L’autunno è iniziato ed è freddo riscaldiamolo, sciopero generale. 
Ricacciamoli ed a quei superstiti del PD siete sicuri che non sia meglio andare ad elezioni invece che far riforme con un pregiudicato? 
Si vuole la collusione ed il paternalismo, aveva ragione Pasolini:"Il paternalismo è sempre fascista".
Il lavoro svuotato dei suoi diritti senza leggi senza tutele prepara la barbarie.



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