L'ESTETICA NELL'ARTE? NON è MAI CONTEMPLAZIONE
Nell'Occidente tutto, ci sono grandi difficoltà da parte degli artisti visivi a confrontarsi con la parte irrazionale dell'uomo (il surrealismo è stata una moda che non ha smosso le coscienze collettive).
Nella realtà l'evento artistico esiste quando produce effetti sul pubblico che ne è partecipe, la comunicazione tra mondi e contesti altri dell'arte passa per rappresentazioni che avvicinano lo spettatore partecipe al rito dell'arte, il rito dell'arte ha una sua efficacia che non è detto debba passare per spazi preposti e "addetti ai lavori".
L'estetica nell'arte non deve avere fini contemplativi, nel suo rituale discute gli aspetti più profondi della coscienza umana; l'adepto, lo spettatore, davanti all'arte non dovrebbe fare mai una esperienza solo visiva, deve sentirsi coinvolto e interagire con l'artista, fra gli artisti, deve essere in grado di chiedere direttamente all'artista e l'artista deve sapere rispondere direttamente, senza filtri di protezione, devono sapere e potere parlare un linguaggio comune.
Cosa è la "performance"? Non è un linguaggio specifico di una branca dell'arte contemporanea, è qualcosa di trasversale a tutti i linguaggi dell'arte.
Durante la performance oggetto e processo si confondono, si creano e producono in simultanea, quando un artista è vero, vive a tempo pieno la sua performance di ricerca di senso e di vita con il suo pubblico, anche negli affetti e negli effetti privati.
Questo è il tempo dove l'artista "indigeno" che una volta ambiva all'attenzione mediatica e ad essere oggetto d'attenzione mediatica, può finalmente produrre le proprie immagini e documentare la propria vita sociale e culturale, servono artisti preparati che sappiano inviare in autonomia a comunità diffuse i messaggi che desiderano.
Questo è il tempo, dove l'artista come media performatico con tutte le sue protesi, può e deve recuperare l'idea dell'immagine come lingua (o se preferite antilingua che si ribella alla lingua scritta), ponendosi in conflitto con sistemi d'istruzione diffusi basati esclusivamente sulla scrittura; è la scrittura e non l'immagine che controlla amministrativamente comunità e popolazioni.
I nuovi media riconsegnano rito e oralità per accompagnare le immagini e i linguaggi che possono tornare alle comunità e agli artisti.
La sfida dell'artista contemporaneo è complessa, si muove come una babele di linguaggi dell'arte vivente con i quali deve viaggiare nel terzo millennio, deve sapere fare filtrare il suo linguaggio attraverso la sua ricerca e la sua cultura artistica, deve saperlo fare senza il filtro degli "addetti ai lavori", come ogni altro professionista che sia un serio ricercatore, deve sapersi radicare nella cultura che vive e che lo determina, ma anche impegnarsi in un dialogo linguistico con altri artisti, di altre epoche e luoghi, insomma come al tempo delle avanguardie del secolo passato dovrebbe indossare gli abiti del proprio spazio tempo e sapersi denudare collocandosi fuori da esso, importante è smetterla davanti al lavoro di un artista di liquidarlo con frasi fatte come "è fatto bene" o "è fatto male", "mi piace" o "non mi piace", "è bello" o "è brutto", "lo sto capendo" o "per me è incomprensibile"; bisogna capire la struttura di un linguaggio, l'argomento che tratta e poi interpretarne i contenuti, solo allora lo si potrà criticare, ma mai distruggere, a questo provvederà lo stesso artista se è persona seria e competente verso di sé.
Il processo artistico non va giudicato mai, va criticato sempre nell'interesse dell'artista stesso, ma dopo averlo capito.
Nell'Occidente tutto, ci sono grandi difficoltà da parte degli artisti visivi a confrontarsi con la parte irrazionale dell'uomo (il surrealismo è stata una moda che non ha smosso le coscienze collettive).
Nella realtà l'evento artistico esiste quando produce effetti sul pubblico che ne è partecipe, la comunicazione tra mondi e contesti altri dell'arte passa per rappresentazioni che avvicinano lo spettatore partecipe al rito dell'arte, il rito dell'arte ha una sua efficacia che non è detto debba passare per spazi preposti e "addetti ai lavori".
L'estetica nell'arte non deve avere fini contemplativi, nel suo rituale discute gli aspetti più profondi della coscienza umana; l'adepto, lo spettatore, davanti all'arte non dovrebbe fare mai una esperienza solo visiva, deve sentirsi coinvolto e interagire con l'artista, fra gli artisti, deve essere in grado di chiedere direttamente all'artista e l'artista deve sapere rispondere direttamente, senza filtri di protezione, devono sapere e potere parlare un linguaggio comune.
Cosa è la "performance"? Non è un linguaggio specifico di una branca dell'arte contemporanea, è qualcosa di trasversale a tutti i linguaggi dell'arte.
Durante la performance oggetto e processo si confondono, si creano e producono in simultanea, quando un artista è vero, vive a tempo pieno la sua performance di ricerca di senso e di vita con il suo pubblico, anche negli affetti e negli effetti privati.
Questo è il tempo dove l'artista "indigeno" che una volta ambiva all'attenzione mediatica e ad essere oggetto d'attenzione mediatica, può finalmente produrre le proprie immagini e documentare la propria vita sociale e culturale, servono artisti preparati che sappiano inviare in autonomia a comunità diffuse i messaggi che desiderano.
Questo è il tempo, dove l'artista come media performatico con tutte le sue protesi, può e deve recuperare l'idea dell'immagine come lingua (o se preferite antilingua che si ribella alla lingua scritta), ponendosi in conflitto con sistemi d'istruzione diffusi basati esclusivamente sulla scrittura; è la scrittura e non l'immagine che controlla amministrativamente comunità e popolazioni.
I nuovi media riconsegnano rito e oralità per accompagnare le immagini e i linguaggi che possono tornare alle comunità e agli artisti.
La sfida dell'artista contemporaneo è complessa, si muove come una babele di linguaggi dell'arte vivente con i quali deve viaggiare nel terzo millennio, deve sapere fare filtrare il suo linguaggio attraverso la sua ricerca e la sua cultura artistica, deve saperlo fare senza il filtro degli "addetti ai lavori", come ogni altro professionista che sia un serio ricercatore, deve sapersi radicare nella cultura che vive e che lo determina, ma anche impegnarsi in un dialogo linguistico con altri artisti, di altre epoche e luoghi, insomma come al tempo delle avanguardie del secolo passato dovrebbe indossare gli abiti del proprio spazio tempo e sapersi denudare collocandosi fuori da esso, importante è smetterla davanti al lavoro di un artista di liquidarlo con frasi fatte come "è fatto bene" o "è fatto male", "mi piace" o "non mi piace", "è bello" o "è brutto", "lo sto capendo" o "per me è incomprensibile"; bisogna capire la struttura di un linguaggio, l'argomento che tratta e poi interpretarne i contenuti, solo allora lo si potrà criticare, ma mai distruggere, a questo provvederà lo stesso artista se è persona seria e competente verso di sé.
Il processo artistico non va giudicato mai, va criticato sempre nell'interesse dell'artista stesso, ma dopo averlo capito.
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