Gli artisti ignoranti sono in aumento esponenziale
L'altro sistema dell'arte che verrà, con le sue connettività senza frontiere, continuerà a produrre omogenizzazione e esclusione.
La connessione globale estende il libero mercato e invade tutta la superficie terrestre, ma il mondo della rete resta un sistema definito da parametri e vincoli di spazio, di tecnologie e di politica.
Idealmente siamo davanti all'abbattimento di limiti e di spirito critico e in tensione verso la comunicazione istantanea e permanente, ma il paradosso è che non esiste uno spazio realmente pubblico dove questa tensione possa prendere forma e anima.
Il web è potenzialmente un canale di scambio, ma non è pubblico e neanche accessibile a tutti, le amicizie sono limitate e controllate e i profili pubblici necessitano della risonanza dei media classici per fare confluire utenze, tutto è potenzialmente confiscabile e manipolabile, tutti siamo potenzialmente "bannabili".
I new media si sono insinuati nel nostro corpo, siamo interdipendenti fisicamente dal nostro cellulare multitasking, dal web, dai social network, dalla musica, dagli artisti che localmente ascoltiamo e condividiamo e che con noi condividono cause e interessi comuni ma mai pubblici (se non in senso mediatico), non esistiamo come evento fuori dai media.
Le relazioni di sistema passano attraverso i media e diventano codici effimeri che una volta consumato l'evento riconsegnano alla solitudine l'utilizzatore, sia un personaggio pubblico o privato.
Il media è diventato dogma del tempo, il multitasking ha sostituito il crocifisso, non esiste più forma artistica priva dei media e la loro capacità d'imporre immagini.
Stante tutto questo, i linguaggi dell'arte devono porsi seriamente il problema della loro contemporaneità.
L'artista deve lavorare per conservare il ruolo che la storia gli aveva consegnato, testimone del tempo e del rapporto mediatico tra passato e futuro, deve farlo (cosa difficoltosa e ostica in quanto inedito storico) fuori dal mercato, rendendosi esploratore; per innovare bisogna che riesca a sorprendere e sviare ma nel contempo appartenga a questo tempo.
I linguaggi dell'arte hanno una unità di misura dalla quale non devono però prescindere, la relazionalità, senza pubblico è autismo e solitudine, l'artista deve essere sociale; i linguaggi dell'arte si affermano simbolicamente se sanno presenziare il tempo e nel contempo sanno astrarsi da mode e leggi di mercato (quanti artisti oggi lo fanno?).
Nel linguaggio dell'arte la legge di mercato della domanda e dell'offerta non esiste, l'artista stesso è la domanda e la domanda del pubblico è la formulazione della risposta che diventa offerta (pur se sofferta).
Un linguaggio artistico per essere efficace necessita di tre parametri:
- specificità storica,
-adeguatezza al tempo, anche a distanza di tempo,
- capacità simbolica.
La capacità simbolica è quella cosa in grado di creare il legame con lo scopritore, l'osservatore, il pubblico; attestando la presenza materiale e materica dell'opera e dell'opera-azione dell'artista.
Il sistema dell'arte che sta arrivando può diventare potenzialmente pericoloso, potrebbe fare da schermo al reale, attraverso i media può sostituirsi alla realtà, lo stesso media può occupare e invadere la realtà e la ricerca dell'artista, questo rischia di portare l'artista stesso allo smarrimento totale del suo ruolo, che non può essere solo di pertinenza al tempo ma deve resistere nel domandare, deve dire qualche cosa sul tempo e sui media che usa, i linguaggi dell'arte devono resistere alla logo-citazione del contesto in cui operano, altrimenti è la fine dell'arte come linguaggio.
Questo inizio di secolo vede l'artista con il suo linguaggio confrontarsi con un nuovo nemico, l'ignoranza diffusa strategicamente per aumentare lo scarto tra un pubblico privo di basi e conoscenze e fare si che chi dispone di conoscenze le elevi a sistema chiuso, autoreferenziale che mira a escludere le ignoranze.
Il rischio concreto è quello di un arte sociale sterile per esclusi dalla sua conoscenza che rischiano di essere solo semplici consumatotori se non esclusi prima dal sapere e poi dal suo stesso consumo, l'aristocrazia del sapere fatto linguaggio e quella del denaro potrebbero svilupparsi senza scelta in parallelo, materializzando arte e linguaggi dell'arte (e non solo) imposti e non democratici.
Serve utopia nel linguaggio artistico, serve l'utopia di un linguaggio artistico per tutti e accessibile a tutti, una visione dell'arte priva dell'illusione ideologica del consenso globale.
L'ignoranza è in aumento esponenziale, gli artisti ignoranti sono in aumento esponenziale e si mascherano da professionisti di un linguaggio di mercato di cui sono servi, serve che l'artista che conosce i linguaggi dell'arte sappia sacrificare la sua esistenza ad essi, nel nome di una cultura pubblica e diffusa che rischia altrimenti di essere assorbita dal nulla.
L'altro sistema dell'arte che verrà, con le sue connettività senza frontiere, continuerà a produrre omogenizzazione e esclusione.
La connessione globale estende il libero mercato e invade tutta la superficie terrestre, ma il mondo della rete resta un sistema definito da parametri e vincoli di spazio, di tecnologie e di politica.
Idealmente siamo davanti all'abbattimento di limiti e di spirito critico e in tensione verso la comunicazione istantanea e permanente, ma il paradosso è che non esiste uno spazio realmente pubblico dove questa tensione possa prendere forma e anima.
Il web è potenzialmente un canale di scambio, ma non è pubblico e neanche accessibile a tutti, le amicizie sono limitate e controllate e i profili pubblici necessitano della risonanza dei media classici per fare confluire utenze, tutto è potenzialmente confiscabile e manipolabile, tutti siamo potenzialmente "bannabili".
I new media si sono insinuati nel nostro corpo, siamo interdipendenti fisicamente dal nostro cellulare multitasking, dal web, dai social network, dalla musica, dagli artisti che localmente ascoltiamo e condividiamo e che con noi condividono cause e interessi comuni ma mai pubblici (se non in senso mediatico), non esistiamo come evento fuori dai media.
Le relazioni di sistema passano attraverso i media e diventano codici effimeri che una volta consumato l'evento riconsegnano alla solitudine l'utilizzatore, sia un personaggio pubblico o privato.
Il media è diventato dogma del tempo, il multitasking ha sostituito il crocifisso, non esiste più forma artistica priva dei media e la loro capacità d'imporre immagini.
Stante tutto questo, i linguaggi dell'arte devono porsi seriamente il problema della loro contemporaneità.
L'artista deve lavorare per conservare il ruolo che la storia gli aveva consegnato, testimone del tempo e del rapporto mediatico tra passato e futuro, deve farlo (cosa difficoltosa e ostica in quanto inedito storico) fuori dal mercato, rendendosi esploratore; per innovare bisogna che riesca a sorprendere e sviare ma nel contempo appartenga a questo tempo.
I linguaggi dell'arte hanno una unità di misura dalla quale non devono però prescindere, la relazionalità, senza pubblico è autismo e solitudine, l'artista deve essere sociale; i linguaggi dell'arte si affermano simbolicamente se sanno presenziare il tempo e nel contempo sanno astrarsi da mode e leggi di mercato (quanti artisti oggi lo fanno?).
Nel linguaggio dell'arte la legge di mercato della domanda e dell'offerta non esiste, l'artista stesso è la domanda e la domanda del pubblico è la formulazione della risposta che diventa offerta (pur se sofferta).
Un linguaggio artistico per essere efficace necessita di tre parametri:
- specificità storica,
-adeguatezza al tempo, anche a distanza di tempo,
- capacità simbolica.
La capacità simbolica è quella cosa in grado di creare il legame con lo scopritore, l'osservatore, il pubblico; attestando la presenza materiale e materica dell'opera e dell'opera-azione dell'artista.
Il sistema dell'arte che sta arrivando può diventare potenzialmente pericoloso, potrebbe fare da schermo al reale, attraverso i media può sostituirsi alla realtà, lo stesso media può occupare e invadere la realtà e la ricerca dell'artista, questo rischia di portare l'artista stesso allo smarrimento totale del suo ruolo, che non può essere solo di pertinenza al tempo ma deve resistere nel domandare, deve dire qualche cosa sul tempo e sui media che usa, i linguaggi dell'arte devono resistere alla logo-citazione del contesto in cui operano, altrimenti è la fine dell'arte come linguaggio.
Questo inizio di secolo vede l'artista con il suo linguaggio confrontarsi con un nuovo nemico, l'ignoranza diffusa strategicamente per aumentare lo scarto tra un pubblico privo di basi e conoscenze e fare si che chi dispone di conoscenze le elevi a sistema chiuso, autoreferenziale che mira a escludere le ignoranze.
Il rischio concreto è quello di un arte sociale sterile per esclusi dalla sua conoscenza che rischiano di essere solo semplici consumatotori se non esclusi prima dal sapere e poi dal suo stesso consumo, l'aristocrazia del sapere fatto linguaggio e quella del denaro potrebbero svilupparsi senza scelta in parallelo, materializzando arte e linguaggi dell'arte (e non solo) imposti e non democratici.
Serve utopia nel linguaggio artistico, serve l'utopia di un linguaggio artistico per tutti e accessibile a tutti, una visione dell'arte priva dell'illusione ideologica del consenso globale.
L'ignoranza è in aumento esponenziale, gli artisti ignoranti sono in aumento esponenziale e si mascherano da professionisti di un linguaggio di mercato di cui sono servi, serve che l'artista che conosce i linguaggi dell'arte sappia sacrificare la sua esistenza ad essi, nel nome di una cultura pubblica e diffusa che rischia altrimenti di essere assorbita dal nulla.
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