PROLOGO BIS
Pesce a forasa era sbarcato nel sud dell’isola nel 2000, non
gli sembrava cosi male come si raccontava, non si trattava solo di un luogo di
villeggiatura, diffuso era un senso di auto determinazione e di forte
cognizione di identità, si viveva un giusto distacco dal tutto nel suo sud
dell’isola, in apparenza poteva sembrare una terra povera, in realtà era
ricchissima, abbondava di un bene che era impossibile saccheggiare, la memoria,
gli indigeni la tramandavano in limba, il codice d’accesso al software non era
penetrabile da nessun Hacker al servizio delle multinazionali privatizzate del
pensiero unico trasversale, la limba sarda arrivava da lontano, non era un
linguaggio commerciale dell’impero anarco liberista delle leggi di mercato ed
intorno ad essa non girava una economia fantasma che faceva volteggiare lo
spread ma beni reali.
Pesce a forasa era arrivato nel sud dell’isola da Napoli,
via Tirrenia, nella sua città aveva messo in discussione ciò che era
discutibile ma sembrava essere indiscutibile, nella sua terra era stato
mortificato, cancellato, annientato, diffidato ed allontanato.
Diffidato ed allontanato dall’Accademia di Belle Arti, che
mentre lo licenziava con il massimo dei voti non gli riconosceva titolo
d’accesso alcuno e lo si diffidava per avere denunciato un nepotico e dinastico
passaggio di cattedre, aveva denunciato esami sostenuti a porte chiuse se non
in delittuosi party di letto.
Diffidato da testate d’arte specialistiche come Flash Art,
Exib Art, Equilibriarte e Artribune, gli si imputava di raccontare ciò che non
si poteva, l’arte da che mondo mondo era e doveva restare un affare privato,
nel bene pubblico ci si doveva infiltrare e si doveva arraffare in nome di un
nascosto benefattore malfattore non localizzato che disperdeva introiti dei
contribuenti ignari alla causa.
Diffidato da curatori e pretestuosi artisti isolani che in
nome di politiche figlie della Roma e della Lega ladrona saccheggiavano di
tutto, anche idee e progetti.
Comunque sia lui aveva scelto il sud dell’isola, la Santa
Barbara locale patrona degli artisti sommersi e scartati di produzione, la
birra ichnusa locale e l’erba proibita locale per smettere di pensare, come
terapia anti impero per curarsi e per sedarsi; nonostante tutto impazziva
all’idea di vedere dei sui ex colleghi di studi occupare cattedre Accademiche,
erano i figli della meritocrazia italica che premia l’inconsistente, il supino,
chi non fa troppe domande, chi si offre in nome dell’amicizia che incula con
ferocia la giustizia.
In nome dell’ignoranza e col merito della cieca e bieca
obbedienza vedeva materializzarsi docenti che avevano il merito di essere
democratici e proclamarsi di sinistra a patto di potere dettare volere,
evangelisti che dirigevano case editrici ed editavano i loro Maestri futuri
colleghi, gigolò che si offrivano a galleristi, maestri e docenti di Storia
dell’arte a buon mercato in cambio di voti e cattedre future che diventavano
reali e presenti; si rodeva dall’isola sotto embargo ma si consolava
rappresentandoseli come dei reietti mediocri e privi di cultura, che si
muovevano rimirandosi l’ombelico della loro ultima spiaggia, offrirsi a chi ti
può gestire e raccomandare in proporzione al voto che si porta in dono a corte.
Nel sud dell’isola non vi erano Accademie irreali di Belle
Arti, non vi erano gallerie private che diffondevano pensieri unici d’artista,
era un posto ricco di cultura dell’utile che giustamente naturalmente
respingeva il futile e l’inutile, il posto dove un ricercatore di senso dell’arte
contemporanea poteva vivere tranquillo, nel Sud dell’isola non esistevano quei
posti che generavano fuga di cervelli e trattenuta delle mediocrità artistiche.
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