1 – IRREALI
ACCADEMIE DI BRUTTA ARTE
Non che nel sud dell’isola non ci fossero artisti disposti a
tutto per la fame di fama che affamava, ma si trattava tutto sommato di una
chiassosa minoranza che la comunità si rifiutava di prendere sul serio, la
grande maggioranza degli artisti del sud dell’isola era costituita da persone
serie che si proponevano come un mezzo per la propria terra piuttosto che come
un valore indiscutibile ed indiscusso imposto da non si sapeva bene cosa.
Lo scenario era lievemente diverso nel nord dell’isola, dove
una Accademia di Belle Arti dettava il brutto ed il cattivo tempo (mai il bello
a dire il vero) da un ventennio, materializzando un ventaglio di cattivi
Maestri in transito in attesa di una migliore destinazione in continente per la
loro mai compresa e sempre frustrata voglio di imporre il loro gusto alla
plebaglia incapace di apprezzarlo in pieno, Maestri inseminatori di ambizione,
provincialismo e frustrazione attraverso idee datate ed anacronistiche miranti
a gerarchizzare in maniera staliniana le arti e gli artisti, facendo nascere
feudi e contee del nulla che nella stessa Accademia si davano battaglia in nome
di un buono o cattivo gusto per le arti, quasi come se i problemi reali
dell’isola non esistessero.
Il loro dogma era quello della pubblicazione e della mostra
che contava e distingueva, il catalogo che documentava l’avvenuto, la
pagina pubblicitaria su Flash Art
a carico dei contribuenti, il numero di collezionisti che inseguiva
l’investimento e l’artista quotato (da chi?), insomma un carico di cazzate che
legittimava artistuncoli privi di qualità, incapaci di manifestarsi senza la
giusta nicchia ego-logica di protezione e di emigrare in un mondo che nel giro
di quindici anni era profondamente ed irrimediabilmente mutato, dove
l’esposizione in uno spazio valeva l’altro e ci si poteva auto editare mediante
blog o social network, anche un responsabile alla comunicazione informatica del
Madre si poteva ribellare alla mal gestione del pubblico scrivendo su tweeter
di non essere pagato da mesi mentre il consiglio di amministrazione si
aumentava lo stipendio ad ottantamila euro l’anno.
Insomma, la grossa balla d’aria del Maestro rintanato a
meditare sul senso del mondo nel suo studio con gli studenti in processione da
lui a rincorrere una cattedra tramite concorso dove lui stesso valutava quelle
pubblicazioni a cui conferiva valore lui stesso indagando i chiari meriti
artistici a norma di legge andava definitivamente a farsi benedire in spazi che
non frequentava più nessuno e gli artisti cominciavano ad esistere solo quando
immersi realmente in un tessuto comunitario e sociale di cui raccoglievano
simboli, segni e linguaggio, la virtualità, i performing media integrati
consegnavano direttamente all’artista, quando e se ne aveva i mezzi culturali e
professionali, la possibilità di calibrarsi e configurarsi direttamente la sua
realtà, era cominciata una rivoluzione muta e silenziosa ma assordante, in
certi spazi però sembrava non accorgersene nessuno.
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