lunedì 10 novembre 2014

UNA LABORIOSA “FUGA DI NOTIZIE” di G Angelo Billia

UNA LABORIOSA “FUGA DI NOTIZIE” di G Angelo Billia

Nelle monarchie costituzionali, il passaggio delle consegne fra monarca e erede avveniva per via dinastica, sempre che non ci fosse qualche incompatibilità. 

In quel caso si dava mandato al parlamento di varare una legge ad oc per permettere un passaggio più gradito.
Nella vecchia Repubblica italiana, quella fondata sulla Carta costituzionale, l’elezione del Presidente avveniva a camere riunite, più i rappresentanti delle regioni, nei primi tre scrutini occorrevano i due terzi dei voti e dal quarto bastava la maggioranza assoluta.
Nel sistema ibrido, quello del “non ti dico chi sono, ma come sono e se non capisci affari tuoi”, sì, insomma, per dirla con Alberto Sordi nel famoso film “ io sono io e tu non sei un c…”, quel sistema, per capirci, che non è monarchico in senso stretto, perché il monarca è solo un mero esecutore di ordini per conto terzi, ma non è più solo un presidente perché s’è premurato di scatenare la servitù armata di cancellina sulla Costituzione e gli elettori istituzionali sono illegittimi perchè nominati, in tale sistema, come dicevo, quando s’approssima il cambio di testa coronata, c’è il problema di una minima imponderabilità nella scelta del subentrante.
Allora, in mancanza di garanzie codificate o naturalmente codificabili, si inventa un espediente, salvo verifica, per poi renderlo digeribile sotto forma di consuetudine.

 Si tratta del “sì, non s’è mai fatto, ma non è espressamente proibito”
Un po’ quello che avviene con le morti per fame, perdita di lavoro o quant’altro. 
Non è prevista la responsabilità di chi la causa, quindi, è “legalmente” ammesso.
Ma chi vive di espedienti sa, più di ogni altro, che c’è un limite oltre il quale il gioco si scopre; un conto è chiedere cento euro perché s’è dimenticato il portafogli e un conto è chiederne centomila per comprare un frigorifero.
Per fortuna gli strumenti di cui si dispone oggi toglie il malcapitato d’impaccio. 

Formulando, fra sé e sé la domanda su chi sono gli eredi, in omaggio alla sua proverbiale correttezza, fa trapelare un “dò le dimissioni”.
Ora è lì, con la corte riunita, che vaglia le proposte badando soprattutto alle garanzie di continuità.
 Per il momento, affinché comunque sia “tutto” chiaro, scandisce: “sono nella pienezza dei poteri”. Intanto all’al di là ci pensa Squinzi, adombrando la possibilità di santificarlo subito.
C’è chi mormora di una petizione in corso per invitarlo a star lì. 

Alla base ci sarebbe questo ragionamento: quel che doveva fare l’ha fatto, ora ci pensano le sue creature a continuare il lavoro. 
Che male ci sarebbe se anche riuscisse solo a benedire? 
La cosa avrebbe valore solo se non si trova l’erede naturale, si capisce.

Ho capito bene? 
Il m5s ha denunciato alla Procura di Roma il “patto del nazareno”?
Alcune definizioni che mi vengono in mente: romanticismo; candore; pubblicità.

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