sabato 17 gennaio 2015

PRIMARIE IN LIGURIA di G Angelo Billia

PRIMARIE IN LIGURIA di G Angelo Billia



I fatti sono più espliciti delle parole. 

Dunque, abbiamo un partito che si è fatto carico della responsabilità di far pagare alle masse popolari italiane la crisi prodotta dal capitale. 
Per farlo ricorre allo stravolgimento della stessa Costituzione e al varo di una serie di provvedimenti legislativi idonei a blindare questa scelta.
Cammin facendo scopre una vocazione autoritaria, mitigata dalla pochezza smisurata degli uomini che la incarnano e amplificata dall’interessata onnipresenza della vocazione servile degli organi d’informazione.
Sviluppa una politica d’alleanze che ha riscontro solo in una commedia delle parti, appartenenti tutte ad un unico effettivo contenitore. 

Tale realtà trova riscontri anche nella miscela mafioso politica, la cui estensione si intuisce, bene, dalla punta dell’iceberg costituita da alcune inchieste giudiziarie.
Le primarie che, nelle intenzioni iniziali avevano lo scopo principale di collocare, nell’immaginifico collettivo, il partito nel panteon della “democrazia” televisiva di tipo americano, hanno finito per produrre gli stessi effetti “benefici” d’oltre oceano: allontanare i pensanti, quindi i pericoli per il PD, dalla politica e mantenersi uno zoccolo duro di beoti, quando non semplicemente complici, che li legittimi in qualche modo e gli permetta di gridare che hanno la maggioranza democratica in occasione delle elezioni generali.
Si è già detto, ma conviene ripeterlo, la maggioranza agognata e strombazzata è tale solo per la quota, in progressiva riduzione, di elettori che riescono ancora a prendere parte alla farsa elettorale, non dell’intero corpo elettorale, nel confronto del quale, invece, risulta essere una minoranza marcata.
Questo meccanismo è rodato anche per le primarie, ricordiamo? 

Due milioni di voti per Renzi e il calo costante dei voti nelle primarie locali successive.
Non so se i pescecani quando si contendono il boccone si mordano a vicenda, ma certamente questo sistema esiste nel PD. 

Stando alla Liguria, ma non solo, dalle poche cose emerse sin’ora, si direbbe che davvero, vanno bene i voti di porci e cani per prevalere sull’avversario.
Ma la chicca assoluta, la si rileva quando, assodato che ci sono stati dei brogli, si squalifica sia chi ha morso, che chi il morso l’ha ricevuto. 

Facendo un esempio immediatamente comprensibile, è esattamente come arrestare il benzinaio assieme al rapinatore che l’ha rapinato.
Conviene tralasciare, per comodità, il fatto che nelle guerre fra bande, la banda perdente non è migliore di quella che vince, mentre conviene senz’altro soffermarsi sul modello di democrazia che emerge dall’operato di questo partito. 

Se questa è l’Italia del PD, e lo è, occorre essere consapevoli che alla fine l’oggetto del fiero pasto siamo pur sempre noi. 
Non è una questione interna del partito, bensì una realtà della gestione della cosa pubblica intesa come amministrazione di beni di proprietà privata.
Un pregio indubitabile c’è comunque in questa vicenda, ed è quello di far vedere anche ai meno abituati all’uso del cervello la natura profonda dell’onorata società chiamata PD. 

Chissà mai che qualche fedelissimo per principio ricominci a pensare.



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