UNA BELLA GIORNATA di G Angelo Billia
Partenza all’alba, aeroporto di Genova, magnifica giornata, con il sole che cresce rapidamente, mano a mano che l’aereo sale. Scalo a Fiumicino, caffè nel bar dell’aeroporto.
Decollo alla volta di Bari, sonnellino, appena disturbato da uno Stewart ossequiente impegnato ad offrirmi ogni ben di Dio.
Arrivo, pausa più lunga del consueto per l’apertura dello sportello, il comandante impettito al fianco dell’hostess. Ai piedi della scala s’avvicina un gruppo di persone.
Stretta di mano, più insistente di quanto mi piaccia, da parte del signore distinto che si scusa per essere stato avvisato in ritardo.
Breve colluttazione per contendere il mio bagaglio a mano ad un personaggio materializzatosi al mio fianco, è robusto e vince lui, lasciandomi perplesso e leggermente affannato.
Un’auto scura s’avvicina, l’autista scende e apre la portiera posteriore.
Il signore distinto mi ristringe la mano esternandomi tutta la sua disponibilità e informandomi che, per qualsiasi problema l’autista sa come contattarlo.
Salgo in macchina preceduto dal bagaglio a mano, niente pullman passeggeri per me.
In un battibaleno raggiungo un edificio che mi impensierisce, non immaginavo che la pensioncina presso la quale avevo prenotato per un giorno fosse così.
Il portiere gallonato apre la porta dell’auto, scendo mentre un ragazzo in divisa preleva la mia borsa, sulla porta monumentale un baffuto signore elegantissimo, accenna un inchino mentre mormora: “benvenuto”.
Lo seguo sospettoso aspettandomi da un momento all’altro l’intervento dell’addetto alla reception.
In camera il mio bagaglio è già accanto alla scrivania, non faccio a tempo a pensare se cinquanta centesimi è una mancia adeguata, che il ragazzo è già uscito, rinculando, seguito dal distinto baffuto.
Mi guardo attorno perché non vedo altro che la scrivania, poltroncine d’epoca, paralume a piantana, contemporaneo di Edison, scaffale portadocumenti, una copia della Bibbia accanto ad una risma di carta simile al papiro, intestata, adagiati sulla scrivania.
Apro la porta che immagino celi un letto a scomparsa e trovo la vasca, nella quale suppongo Cleopatra facesse le sue abluzioni col latte d’asina, e il resto del bagno accuratamente a tono con la stessa.
Non ho ancora risolto il mistero del letto, quindi apro un’altra porta trovandomi davanti un salotto d’epoca, con le stesse dimensioni del mio appartamento.
Richiudo e con circospezione giro la maniglia dell’ultima porta in vista, finalmente il letto, quattro piazze, a baldacchino, lampadario preoccupante, prima d’ora ne ho visto uno simile solo all’opera di Vienna, in tv.
Un’occhiata alla finestra spostando il broccato, mi dice che davanti alla pensione ci sono due auto della polizia, giubbotto antiproiettile e mitra inclusi.
Prima l’ho visto solo dinnanzi ad alcune ambasciate.
Soprappensiero chiudo il tutto e ridiscendo: ho appuntamento con una coppia di amici autoctoni con i quali devo pranzare e poi assaporare la mini visita turistica alla città. Manco a dirlo trovo l’auto esattamente nel punto in cui mi ha scaricato un’ora prima, la portiera è aperta dall’autista senza profferir parola.
Salgo e gli detto l’indirizzo, dopo pochi minuti sono a destinazione.
La giornata scorre più o meno come previsto, unica nota stonata la comparsa dell’auto nei punti più impensati.
Dopo una cena a base di orecchiette con cime di rapa, a notte fonda lascio gli amici per far ritorno in pensione.
Macché, l’autista evidentemente telepatico è lì che aspetta impettito.
Finalmente la “camera” per pernottare, sonno di piombo per la stanchezza e, al risveglio, dato il ritardo mi fiondo alla reception per pagare.
Neanche a pensarci, con tono soave vengo informato che “già fatto, torni a trovarci, le riserveremo qualcosa di meglio”.
Caso mai ci ripensassero decido di prendere il caffè al bar d’angolo, dove per la fretta mi ustiono la lingua, pago e corro fuori dove trovo il telepatico con la maniglia sulla porta.
Check in saltato, l’auto arriva direttamente alla scaletta dell’aereo dove ritrovo il comitato visto all’arrivo, il distinto questa volta è accompagnato dalla procace moglie la quale, dopo la stretta di mano a stantuffo, mi stampa un bacio sulla guancia paurosamente vicino alla bocca.
Se Dio vuole a mezzogiorno sono a casa che distribuisco capi d’abbigliamento per ogni dove.
Mentre lancio una scarpa in veranda, mi commuovo al pensiero del trattamento riservatomi dalla pensione, afferro il telefono e chiamo per ringraziare ancora: “spiacente signore, ma non so di che parla, la sua prenotazione è stata cancellata ieri mattina”.
Preoccupato m’accingo a controllare l’importo dei biglietti aerei pagati con il bancomat. Importo dell’operazione zero. Sempre più stralunato guardo i biglietti e ogni cosa finalmente diviene chiara: Rilasciato al Sig. Billienzi.
Basta davvero poco per non pagare nulla, persino un errore da niente su un biglietto.
Partenza all’alba, aeroporto di Genova, magnifica giornata, con il sole che cresce rapidamente, mano a mano che l’aereo sale. Scalo a Fiumicino, caffè nel bar dell’aeroporto.
Decollo alla volta di Bari, sonnellino, appena disturbato da uno Stewart ossequiente impegnato ad offrirmi ogni ben di Dio.
Arrivo, pausa più lunga del consueto per l’apertura dello sportello, il comandante impettito al fianco dell’hostess. Ai piedi della scala s’avvicina un gruppo di persone.
Stretta di mano, più insistente di quanto mi piaccia, da parte del signore distinto che si scusa per essere stato avvisato in ritardo.
Breve colluttazione per contendere il mio bagaglio a mano ad un personaggio materializzatosi al mio fianco, è robusto e vince lui, lasciandomi perplesso e leggermente affannato.
Un’auto scura s’avvicina, l’autista scende e apre la portiera posteriore.
Il signore distinto mi ristringe la mano esternandomi tutta la sua disponibilità e informandomi che, per qualsiasi problema l’autista sa come contattarlo.
Salgo in macchina preceduto dal bagaglio a mano, niente pullman passeggeri per me.
In un battibaleno raggiungo un edificio che mi impensierisce, non immaginavo che la pensioncina presso la quale avevo prenotato per un giorno fosse così.
Il portiere gallonato apre la porta dell’auto, scendo mentre un ragazzo in divisa preleva la mia borsa, sulla porta monumentale un baffuto signore elegantissimo, accenna un inchino mentre mormora: “benvenuto”.
Lo seguo sospettoso aspettandomi da un momento all’altro l’intervento dell’addetto alla reception.
In camera il mio bagaglio è già accanto alla scrivania, non faccio a tempo a pensare se cinquanta centesimi è una mancia adeguata, che il ragazzo è già uscito, rinculando, seguito dal distinto baffuto.
Mi guardo attorno perché non vedo altro che la scrivania, poltroncine d’epoca, paralume a piantana, contemporaneo di Edison, scaffale portadocumenti, una copia della Bibbia accanto ad una risma di carta simile al papiro, intestata, adagiati sulla scrivania.
Apro la porta che immagino celi un letto a scomparsa e trovo la vasca, nella quale suppongo Cleopatra facesse le sue abluzioni col latte d’asina, e il resto del bagno accuratamente a tono con la stessa.
Non ho ancora risolto il mistero del letto, quindi apro un’altra porta trovandomi davanti un salotto d’epoca, con le stesse dimensioni del mio appartamento.
Richiudo e con circospezione giro la maniglia dell’ultima porta in vista, finalmente il letto, quattro piazze, a baldacchino, lampadario preoccupante, prima d’ora ne ho visto uno simile solo all’opera di Vienna, in tv.
Un’occhiata alla finestra spostando il broccato, mi dice che davanti alla pensione ci sono due auto della polizia, giubbotto antiproiettile e mitra inclusi.
Prima l’ho visto solo dinnanzi ad alcune ambasciate.
Soprappensiero chiudo il tutto e ridiscendo: ho appuntamento con una coppia di amici autoctoni con i quali devo pranzare e poi assaporare la mini visita turistica alla città. Manco a dirlo trovo l’auto esattamente nel punto in cui mi ha scaricato un’ora prima, la portiera è aperta dall’autista senza profferir parola.
Salgo e gli detto l’indirizzo, dopo pochi minuti sono a destinazione.
La giornata scorre più o meno come previsto, unica nota stonata la comparsa dell’auto nei punti più impensati.
Dopo una cena a base di orecchiette con cime di rapa, a notte fonda lascio gli amici per far ritorno in pensione.
Macché, l’autista evidentemente telepatico è lì che aspetta impettito.
Finalmente la “camera” per pernottare, sonno di piombo per la stanchezza e, al risveglio, dato il ritardo mi fiondo alla reception per pagare.
Neanche a pensarci, con tono soave vengo informato che “già fatto, torni a trovarci, le riserveremo qualcosa di meglio”.
Caso mai ci ripensassero decido di prendere il caffè al bar d’angolo, dove per la fretta mi ustiono la lingua, pago e corro fuori dove trovo il telepatico con la maniglia sulla porta.
Check in saltato, l’auto arriva direttamente alla scaletta dell’aereo dove ritrovo il comitato visto all’arrivo, il distinto questa volta è accompagnato dalla procace moglie la quale, dopo la stretta di mano a stantuffo, mi stampa un bacio sulla guancia paurosamente vicino alla bocca.
Se Dio vuole a mezzogiorno sono a casa che distribuisco capi d’abbigliamento per ogni dove.
Mentre lancio una scarpa in veranda, mi commuovo al pensiero del trattamento riservatomi dalla pensione, afferro il telefono e chiamo per ringraziare ancora: “spiacente signore, ma non so di che parla, la sua prenotazione è stata cancellata ieri mattina”.
Preoccupato m’accingo a controllare l’importo dei biglietti aerei pagati con il bancomat. Importo dell’operazione zero. Sempre più stralunato guardo i biglietti e ogni cosa finalmente diviene chiara: Rilasciato al Sig. Billienzi.
Basta davvero poco per non pagare nulla, persino un errore da niente su un biglietto.
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