mercoledì 27 marzo 2013

Il manifesto

Il manifesto di un artista visivo  o di gruppi di artisti è qualcosa di frustrante se scritto o concepito seriamente, la lettura è divertente solo se si ragiona sul manifesto in termini performatici, sono burle, berleffi, scherzi che mirano a riflettere sul legame tra arte e vita, non potrà mai essere un programma.
La truffa del manifesto programmatico sta per essere smascherata, il tardo capitalismo ha fornito una vita agiata a più artisti rispetto al passato (Maestri, docenti, artisti al servizio del mercato in forma e salse di industrie culturali differenti strutturate per livelli...), ma non è riuscito a soddisfare gli artisti, non della loro situazione e neanche della loro reale condizione sociale, cosa diventeranno gli artisti nell'immaginario collettivo del 2060? Non possiamo saperlo o preventivarlo, lo scopriremo solo vivendo.

I linguaggi artistici stanno attraversando l'epoca più rivoluzionaria della loro lunga storia pur dipendendo dalla rivoluzione tecnologica con la sua comunicazione e riproducibilità digitale.
Le vecchie arti visive, la pittura e la scultura sono rimaste fino a ieri, artigianato, nelle stesse scuole d'arte ed Accademie, ma anche nelle gallerie private, questo ha materializzato la loro repentina crisi oggi, il pittore e lo scultore non sembra capace di relazionare i propri processi tecnico creativi al contemporaneo bidimensionale digitale.
La scultura conduce dal secolo scorso una miserabile esistenza ai margini della cultura sociale, sembra incapace di intercettare la realtà e il simbolismo della mutazione della condizione umana, sembra avere perso mercato eccezion fatta per gli spazi pubblici per commissioni private (lo scrivo tristemente da scultore), la pittura? Dalla rivoluzione industriale in poi sembra incapace di superare lo shock del nuovo.
L'opera d'arte si è persa nei fiumi di immagini, di parole e di tentativi di comprensione, si è dissolta nel processo dell'esperienza estetica, si è confusa tra noi e la nostra immagine di noi, tra interno ed esterno, schiava e schiva della attribuzione associativa individuale, il suo ruolo e il ruolo degli artisti in questo nuovo secolo? Da definire attraverso il fare.
Si è dimenticato (e io lo urlo proprio dagli anni novanta) che la fruizione dell'arte non è una esperienza privata ma sociale e politica e che è nell'ambito della cultura artistica diffusa che si forma un processo di educazione all'arte.
Il web sta demolendo le barricate e le ipocrisie di sistema e contribuisce a influenzare questo altro sistema dell'arte che non tutti gli artisti "addetti ai lavori" sono capaci di affrontare.
L'esperienza artistica passa oggi per una dimensione virtuale altra che non è più quella della galleria e orienta verso luoghi di reale incontro dell'arte dove si può tornare a sognare una fusione di comunità, arte e genius loci, pubblico e artisti, dove la poetica dell'azione artistica diventa realtà a tre dimensioni.


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