mercoledì 6 marzo 2013






Ma in che misura e in che modo gli accademici, gli intellettuali, i professionisti, e in questo caso gli artisti, da sempre riluttanti al moralismo e a qualsiasi forma di censura, liberi nel limbo superpartes da cui raccontare con la propria arte il contemporaneo fatto di bene e di male, di trasformazioni politiche, etiche e sociali, di  conflitti ed emozioni, possono/debbono intonare il  IO SO pasoliniano, su questioni che non li riguarda direttamente, ma che influiscono sul clima e sul modo di sentire comune?
 
In un tempo fatto di indifferentismo culturale e dominato dall’incultura, è più sensato esprimersi, ognuno con i propri mezzi, compresi i “riluttanti” artisti, o è più opportuno lasciare che certe battaglie vengano combattute sul campo dagli eserciti ufficiali, legittimati a farlo, restando con il dubbio se questo “impegno”, che necessariamente prevede il rischio che si possa essere definiti faziosi o moralisti, non sia piuttosto un atto di coraggio? 
Chiara Schirru

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