L’”IDILLIO” DEL M5S.
Non vorrei, francamente, portare acqua al mulino della comprensione (o dell’incomprensione) del “fenomeno” Grillo. Fior di “professionisti” vi si sono cimentati e un dilettante allo sbaraglio come me ha poche possibilità d’imbroccarla. Mi ci sento tirato per i capelli dall’ultima esternazione del leader maximo, quindi procedo. Ulteriore premessa, non ho mai, dico mai scritto qualsiasi cosa sul suo sito e questo per la semplice ragione che ritengo di non dovergli dare nessuna mano ad infognarsi. E’ molto bravo a farlo da solo.
Ricordate quando quello di Arcore attaccava i giornalisti televisivi “comunisti” e le loro televisioni? L’uomo “costruito” dalla televisione che attacca lo strumento perché, a suo dire lo usano “i nemici”.
Non sta accadendo qualcosa di simile? Il Leader maximo attacca il “suo” strumento, quello che il giorno prima era il massimo dell’espressione democratica e lo fa perché lo usano anche quelli che la pensano diversamente: “noi faremo di questo web sordido e grigio…” Procede con quello che lui ritiene linguaggio del web, ma le differenze finiscono qui e la cosa grave è che non si rende neppure conto di smentire se stesso.
Mano a mano che i “fumi” elettorali lasciano il posto al “fare” post elettorale, il progetto politico del suo partito assume contorni sempre più definiti ed è un progetto profondamente classista, come solo sanno esserlo i progetti interclassisti. La millantata differenza rispetto ai partiti si scontra prima di tutto con questa semplice constatazione, si comporta come un partito d’opposizione senza avere la forza, il coraggio, la capacità, la volontà di farsi portavoce di un progetto autenticamente alternativo. Il messaggio più forte è cambiamo l’amministratore perché quello che c’è è disonesto. Non una parola sul fatto che, a prescindere dall’amministratore, nell’attico c’è il condomino che decide per tutti ed è l’unico che ci guadagna e non paga mai. E’ questa la ragione per la quale trova così difficile far digerire le sue posizioni rispetto al futuro governo. Chi constata, e gli sta bene così, il fatto che le differenze rispetto al PD e al PDL non sono poi così radicali, non riesce a capacitarsi del rifiuto di qualsiasi trattativa. E’ una ricerca del potere per il potere, condotta con supposti strumenti innovativi gabellati per “rivoluzionari di per sé”.
Impropriamente la cosa mi ricorda la riforma Biagi del lavoro. La riforma partì con la promessa di dare più lavoro ai giovani quando in realtà nascondeva i disoccupati dietro le partite iva, i lavori a progetto, ecc. Qualcuno si domanderà che c’entra. Se si considera che i figli di quella riforma sono oggi l’elemento preponderante in questo partito e se si pensa al tipo di comprensione politica che può acquisire chi non è mai stato inserito, se non qualche volta, marginalmente, nel mondo del lavoro, forse qualcosa c’entra. Vorrei fosse chiaro, che questa considerazione non rappresenta in nessun modo un giudizio negativo, perché nessuno può essere accusato di qualcosa che non ha potuto fare, al contrario è una semplice constatazione.
Nel partito del leader maximo sgomitano varie anime, come in ogni partito interclassista che si rispetti, il problema attuale del leader è quello di impedire che l’una prevalga sull’altra ed è per questo che non tratta, spera così di arrivare alle elezioni e di dare un’altra spallata, magari pigliatutto. Credo che il maximo stia commettendo un’ingenuità di tipo strategico, perché il non fare finirà per spingere una parte del partito, quella che vedrebbe positivo un accordo col PD, fuori dalla porta, o comunque ai margini. A quel punto l’unica possibilità di cercare di conseguire l’obiettivo, comporterà la necessità di sbilanciare ulteriormente il partito a destra. D’altronde il fare comporterebbe uno sbilanciamento a “sinistra” e poi chi glie lo dice Alla componente destrorsa. In sostanza ho l’impressione che il maximo si sia auto costruito una bella tagliola e credo anche che da lì derivi la sua necessità spasmodica di zittire ogni essere minimamente pensante nel partito. Confesso che guardo con sentimenti di solidarietà ai parlamentari di quel partito, sprovveduti come pochi, ognuno convinto di essere depositario di una verità assoluta, ma al guinzaglio stretto del leader, il quale teme persino che aprano bocca perché la Verità è solo la sua.
In ultimo, tento di introdurre un elemento di riflessione utile per la sinistra autenticamente d’alternativa. Vedo nella componente di sinistra di questo partito un riflesso, nemmeno tanto nascosto, delle problematiche che hanno scosso e scuotono le formazioni che si riferiscono agli ideali comunisti. E’ una questione che era già “sotto traccia” nel PCI ai tempi del governo di centro sinistra di Nenni e coinvolge il ruolo dei comunisti nel parlamento di una repubblica borghese.
Chi viene eletto deve gestire il potere favorendo la componente “progressista”, oppure deve esercitare un’opposizione severa contrapponendo sistematicamente l’alternativa?
Personalmente attribuisco alla risposta che negli anni abbiamo dato, molta causa dello sfacelo nella sinistra d’alternativa. Di volta in volta si è chiamata senso di responsabilità, meno peggio, bisogna sporcarsi le mani, non lasciare il campo libero alla destra, desistenza. Proviamo a pensare ad un PCI che nonostante i problemi anche preesistenti non sceglie di “sporcarsi le mani” e mantiene saldo il proprio ideale di società esercitando un’opposizione conseguente. Pensiamo ancora che il leader maximo sarebbe il modello che le masse seguono per fare la “rivoluzione”? Ma soprattutto, le masse popolari, oggi, sarebbero al livello di povertà in cui, sporcandosi le mani, gli eredi del PCI le hanno gettate? Non da soli, ovviamente.
Problematiche uguali a quelle della sinistra del partito del leader, ma con una differenza, la sinistra comunista ha un modello di società da contrapporre, ma non ha l’organizzazione, gli altri hanno l’organizzazione ( chiamiamola così ) e perseguono semplicemente un cambio d’amministratore.
G. Angelo Billia
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