martedì 21 ottobre 2014

5 Stelle e dintorni di G Angelo Billia.

5 STELLE E DINTORNI

Posto che i media, tarati sul mussoliniano renzinapolitanismo, quando parlano male di qualcuno, pur infarcendo il loro eloquio con parole desuete come democrazia e antirazzismo, in realtà portano sempre acqua al mulino del capo assoluto, la questione dell’interpretazione grillesca dell’immigrazione, merita comunque di essere affrontata.
Per l’inventore del movimento più movimento di tutti, la rottura con la vecchia politica, i vecchi partiti, è stata la chiave di volta che ha aperto il credito elettorale presso il disastrato mondo giovanile. 
Il rifiuto di qualsiasi tipo di compromissione con “gli altri”, anche se sottintende “tutto il potere a noi”, ha avuto l’indubbio pregio di mostrare una fedeltà al “programma” delle origini:

 no ai compromessi con politici, banchieri disonesti e quant’altro, lasciando intuire che l’Italia degli onesti mette le cose a posto.
Inutile dire che, il semplice fatto di non avere mai fatto menzione dello sfruttamento capitalistico e aver copiato gli ammiccamenti al padronato scimmiottati da Renzi, ad esempio con la consegna dei risparmi del gruppo parlamentare agli imprenditori vessati dalle banche, stanno ad indicare un’obiettiva accettazione naturale di uno Stato in mano a sanguisughe “oneste”.

 La cosa avviene attraverso il noto meccanismo che si può sintetizzare in:
 arricchisci il tuo padrone perché lui, in cambio, potrà elemosinarti un lavoro.
Chi si ostina a grondare fede nel “nuovo” di cui sarebbe portatore il noto attore, farebbe bene a dare un’occhiata al “vecchio”, probabilmente si accorgerebbe che le novità sono solo i veicoli attraverso i quali arrivano i messaggi, ma mai la sostanza degli stessi.
A ben guardare, anche la lotta alla cosiddetta casta, avviene su basi non dissimili da quelle del passato. 

A memoria non ricordo nessun rappresentante della casta pronunciarsi a favore della disonestà. Ricordo invece fior di politici comunisti che percepivano lo stipendio di un operaio, consegnando l’eccedenza dell’emolumento al partito stesso.
Forse vale la pena ricordare che il codice penale non contiene nessun articolo atto a colpire il ladrocinio dello sfruttamento capitalistico in quanto tale. 

Fingere che ciò sia normale e che la cosa si risolva colpendo solo la disonestà spicciola dei cortigiani intrallazzatori, beh, ha tutte le caratteristiche di una manovra di depistaggio, come dire, sacrifichiamo il picciotto perché la cupola continui a prosperare.
Ma se su questi punti occorre argomentare per scalfire la fede del nuovo, taroccato, sulla questione immigrazione sarebbe tempo perso. 

Che c’è da dire su argomenti tratti di sana pianta dall’armamentario della destra parafascista?
E’ nuovo l’espediente (se solo di questo si trattasse) di cavalcare obiettivi leghisti sperando in voti, purché sia?
E’ vero, non bisogna commettere l’errore di appiattire il movimento sui vaneggiamenti di un borghese arrivato, con manie di grandezza.

 La battaglia, per dirne una, del gruppo parlamentare contro la regalia di miliardi alle banche è stata notevole, condotta con capacità e grinta, encomiabile da molti punti di vista.
Purtroppo però, ogni stella dell’universo grillino è fatalmente attratta dal buco nero costituito dal vecchio arnese qualunquista e dal socio di ditta. 

Come sempre accade, in prossimità dei buchi neri si può andare in una sola direzione, quella imposta dal buco stesso, cioè verso il basso.
 Né in Europa le cose vanno meglio per i cavalieri del nuovo. 
Una nuova alleanza, questa volta col fascista polacco, conferma l’assenza di sbavature rispetto alla direzione intrapresa.
Probabilmente alcuni, i più fedeli alla premiata ditta, puntano sull’effetto “orizzonte degli eventi”, sperando che la caduta libera non possa essere vista dall’esterno, ma le cose fra gli umani non vanno così.
Quanto alle espulsioni, che dire, vale la pena di imbastire un discorso sulla democrazia mancata nel movimento? 

Ma per favore!


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