sabato 4 ottobre 2014

Sanità di G Angelo Billia

SANITA’?

Lorenzin insiste: la sicurezza dei malati è a rischio, stamina non si può sperimentare.

 Se gli esperti sono della sua “forza”, personalmente le risultanze di tanto “ingegno” sento il bisogno irrefrenabile di buttarle nel cesso, a prescindere. 
Ma il problema è veramente complesso, più di quanto non sarebbe se di fronte avessimo solo principi scientifici e l’interesse del malato, anziché avere il portiere del palazzo del feudatario che ci spiega come devono curarsi i servi della gleba.
La prima cosa che viene in mente, tanto logica quanto scontatamente scientifica, è il fatto semplicissimo che, quando si pongono due alternative, al di là del parere degli esperti (ognuno usa i suoi e in astratto è impossibile affermarne l’attendibilità scientifica), conviene metterle a confronto pubblicamente. 

Nello specifico, poi, si afferma che stamina mette a rischio la salute dei malati, cosa senz’altro possibile, ma indimostrabile, se non si fa una pubblica verifica incrociata. 
Ciò che risalta, in questa, come in tante altre vicende sanitarie, è la mancanza assoluta di senso del ridicolo.

 Come giustificare altrimenti, il fatto che se la gente si rivolge a Stamina è perché non ha trattamenti soddisfacenti dalla medicina accademica?
 Certo, la gente comune non ha accesso ai media, non può affermare impunemente “la terapia pubblica è un imbroglio”, spiegando la cosa con il loro essere esperti perché l’hanno vissuto in prima persona.
E purtroppo la storia non si limita a questo, per il semplice fatto che, quand’anche a furor di popolo si arrivasse ad una sperimentazione, i criteri con cui verrebbe fatta farebbero sempre la differenza.
Con uno sforzo, neanche molto eccessivo, di analisi, si può classificare la medicina accademica in questo modo:


1) Il corpo medico è formato nell’ignoranza più assoluta sull’origine della maggior parte delle malattie; 


2) la ricerca “scientifica” spesso attribuisce l’origine del male a delle semplici concause, persino dubbie, nell'ignoranza di quella principale; 


3) la ricerca farmacologica, checché se ne dica negli annunci pubblicitari, è sempre sintomatica essendo ignota la causa della patologia;


4) la dotazione farmacologica comprende, quindi, farmaci sintomatici, quando non velenosissimi e costosissimi puri e semplici placebo; 


5) la terapia, sempre viziata dal difetto d’origine della causa sconosciuta, viene somministrata sulla base di protocolli messi a punto nel tempo, applicando, su base empirica, medicamenti e farmaci per curare ciò, che si conosce solo su base anch’essa empirica.


Si potrebbe continuare, ma è sufficiente la constatazione che tutto questo è considerato indubitabilmente scienza.
Lo sforzo di fantasia ora occorre per immaginare come può essere libera una sperimentazione di qualcosa che, è già stata empiricamente pubblicamente condannata, in un ambiente viziato dalle caratteristiche sopra riportate.
Si badi che la cosa non implica necessariamente malafede da parte dei soggetti interessati: questo sanno, di questo sono convinti e questo in coscienza (sempre la loro) applicano.
Spesso la storia si ripete, anche se mai meccanicamente , per questo viene in mente Lister e l’introduzione della disinfezione delle ferite con l’acido fenico, quando ancora imperversava la teoria del miasma nel mondo scientifico, che lo osteggiò calunniandolo in ogni modo. 

Certo la storia ha dimostrato che aveva ragione, ma quanti arti amputati per cancrena, quanti deceduti per infezioni post operatorie ci sono stati prima che la sua scoperta venisse applicata? 
Il tutto nel nome della scienza.
Rendite di posizione, patrimoni costruiti con i farmaci, tranquillità pelosa dovuta alla copertura giuridica pseudoscientifica, fanno sì che il paziente sia e rimanga un numero, a dispetto dell’approccio più umano dei singoli sanitari.
-Tu hai x e x si cura con y, punto. - Ma… niente ma, così è. –E se muoio nonostante (o a causa) di y? –Che vuoi, è la malattia che ti ha ucciso- 
Un po’ forzata, ma questa è l’essenza del modo di procedere sanitario. 

Per la “scienza”, per i suoi sacerdoti e per il codice penale non c’è spazio per chi non accetta verità assolute, basate spesso su molto scientifiche supposizioni.
Un pensiero mesto a chi, ancora, beve ciò che un potere senza pietà gli somministra, se guerra della ragione deve essere, la mia guerra è anche per loro.




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