CAMUSSO INCONTRA RENZI: TEATRINO PER ALLOCCHI
Ho passato il mio bel tempo sindacale nella CGIL e ho avuto modo di apprezzare la correttezza dei quadri provenienti dal PCI berlingueriano, disposti a passare sopra a tutto e a tutti purchè il “verbo” di “casa” avesse la preminenza.
Potrei raccontarne di storie “democratico-sindacali” anche di quell’epoca storica!
Ma il passato non serve, non serve ricordare che la lotta dei dipendenti FIAT e non solo, è stata “terminata” a causa della “paura” indotta da quarantamila provvidenziali prezzolati FIAT.
Conosco i ragionamenti che sono alla base delle lotte indette per necessità di facciata e soprattutto quelli che determinano la loro chiusura.
In quest’ultima categoria rientrano le considerazioni “sensate” del tipo: “ guadagnano già poco, quanti reggerebbero se si prolungassero gli scioperi?”.
Essendo uno che guadagnava poco contestavo allora questi ragionamenti, esattamente come li contesto oggi.
Il pistolotto qui sopra per dire che c’è una lunga tradizione di “lotta e di governo” anche nella CGIL e che, quando il governo è congeniale alla dirigenza sindacale, la lotta si esaurisce in qualche sciopero simbolico.
Camusso esce dall’incontro con Renzi confermando lo sciopero del 24 ottobre:
“non siamo soddisfatti”.
Scandisce.
Sono commosso da tanta comprensione.
Davvero si pensa di salvare la faccia del sindacato mettendo insieme qualche frase roboante in un comizio garantito dal “servizio d’ordine”?
Il paese è in mano ad un gruppo di manutengoli che si spendono in nome degli interessi supremi… della borghesia e tutto quello che sappiamo mettere in campo è lo sciopero del 24?
La Costituzione calpestata, tutto l’impianto delle conquiste dei lavoratori al macero e, arrivo a dire, magari fosse solo l’art. 18!
Il diritto ad una vita di lavoro, negato, il diritto ad avere un luogo in cui vivere, negato, la scuola volta a dare pari opportunità e pari conoscenze a tutti, negata, la sanità a costo zero e prestazioni uguali per tutti, negata, il diritto di approdare ad una pensione decente, negato.
Lo stesso accorpamento del TFR in busta paga, ha il solo scopo di annullare l’ennesima conquista dei lavoratori.
Come se non bastasse, i fondamenti stessi dello Stato democratico, seppur ampiamente disattesi anche in precedenza, sotto i colpi di maglio del duo Napolitano-Renzi stanno finendo in poltiglia.
Lo svilimento del Parlamento, peraltro composto col criterio fascista dei nominati, assume sempre più il carattere preminente della ribalta televisiva, cioè il posto dove, in cambio di qualche voto alla scelleratezza del momento è possibile accedere ai media per dire “ho votato, ma non sono d’accordo” e assurgersi così all’universo di quelli che contano, da prendere ad esempio.
In una situazione siffatta, immagino Camusso uscire dal prossimo incontro con una “vittoria”, magari una limatina al taglio di questo o quel diritto.
E immagino i pretoriani nel sindacato che diranno, “lo so, abbiamo perso, ma come si fa a chiedere di continuare con gli scioperi chi già sta male”!
Osservo che, già così, la situazione è durata troppo a lungo.
Non s’illuda Camusso di sfuggire all’inevitabile resa dei conti.
E’ vero, la sinistra è ridotta ad un coacervo di apprendisti stregoni scarsamente pericolosi, ma non conterei su questo per evitarla.
La storia insegna, anche se alcuni la considerano un inutile orpello.
TESSERE PRONTO USO
Solo chi non c’era non può ricordare le alchimie “tesseresche” della DC o del PSI di Craxi. Chi all’epoca c’era, alla relativamente recente “notizia” delle “primarie” con due milioni di voti (e quindi di tesserati) del PD, aveva già classificato la cosa.
Ci sono diversi modi d’approccio al tesseramento per una forza politica, di quello che vuole le tessere raccolte fra persone che aderiscono convinte di farne parte, perché ne condividono la politica e scelgono di esserne anch’essi promotori sul piano operativo, non parlerò.
Troppo classicamente onesto e “ideologico”.
Così come i tesserati d’imperio defunti rientrano direttamente nell’altrettanto classico imbroglio.
Mi limito quindi a ripescare nelle altre esperienze dei partiti su menzionati.
Intanto, il numero delle tessere raccolte, è sempre direttamente proporzionale alla gestione nazionale e locale del potere.
E’ facile tesserare chi spera di avere l’aiutino per le cose più disparate: la pratica tecnicamente borderline; l’appalto per tappare due buchi sulla strada; la speranza dell’aiuto nel concorso locale; la raccomandazione per l’assunzione del figlio disoccupato; la speranza dell’artigiano nullatenente di entrare nel gota dell’imprenditoria; il “pagamento” del “favore” che a volte si ritiene ricevuto solo perché l’hanno fatto credere, la speranzella di essere candidati in qualcosa perché “molto dotati”, ecc.
Questa contiguità, quasi sempre spuria, al potere, può essere tranquillamente classificata sotto la voce corruzione spicciola.
Sotto la stessa voce si possono catalogare le corti personali dei singoli politici, alle quali a volte bisogna aggiungere, però, l’autopromozione psicologica: “sono amico di chi conta, quindi conto anch’io”.
Accanto e frammisto a questo primo filone ve n’è un altro.
E’ quello relativo al peso delle “bande”, cioè gruppi di potere all’interno del gruppo di potere centrale, il partito.
Lì ci si può sbizzarrire ancora di più, perché sempre ci si trova di fronte a suddivisioni pseudo ideologiche ( sinistra contro destra, centro contro tutt’e due, ecc.), divisioni che fanno capo, sempre e comunque, ad interessi economico-politici di potere, delle singole bande e dei relativi capibanda.
Queste sono le ragioni non ammissibili del PD, che dice che le tessere non sono un problema.
Oggi la “crisi” del tesseramento PD, ha una sola spiegazione, nota a chi la vuol vedere:
non servono.
Ma si può star certi che all’occorrenza, magari per ridare una lustratina “democratica” al dittatorello di turno, le tessere torneranno a piovere.
Se qualcuno, avendo presente questo quadro, critica i “tesserati” perché “non capiscono nulla” sbaglia, perché alimenta l’imbroglio mediatico secondo il quale si tratta di democrazia, quando in realtà è solo la spia della marcescenza che sempre s’accompagna alle dittature.
Ho passato il mio bel tempo sindacale nella CGIL e ho avuto modo di apprezzare la correttezza dei quadri provenienti dal PCI berlingueriano, disposti a passare sopra a tutto e a tutti purchè il “verbo” di “casa” avesse la preminenza.
Potrei raccontarne di storie “democratico-sindacali” anche di quell’epoca storica!
Ma il passato non serve, non serve ricordare che la lotta dei dipendenti FIAT e non solo, è stata “terminata” a causa della “paura” indotta da quarantamila provvidenziali prezzolati FIAT.
Conosco i ragionamenti che sono alla base delle lotte indette per necessità di facciata e soprattutto quelli che determinano la loro chiusura.
In quest’ultima categoria rientrano le considerazioni “sensate” del tipo: “ guadagnano già poco, quanti reggerebbero se si prolungassero gli scioperi?”.
Essendo uno che guadagnava poco contestavo allora questi ragionamenti, esattamente come li contesto oggi.
Il pistolotto qui sopra per dire che c’è una lunga tradizione di “lotta e di governo” anche nella CGIL e che, quando il governo è congeniale alla dirigenza sindacale, la lotta si esaurisce in qualche sciopero simbolico.
Camusso esce dall’incontro con Renzi confermando lo sciopero del 24 ottobre:
“non siamo soddisfatti”.
Scandisce.
Sono commosso da tanta comprensione.
Davvero si pensa di salvare la faccia del sindacato mettendo insieme qualche frase roboante in un comizio garantito dal “servizio d’ordine”?
Il paese è in mano ad un gruppo di manutengoli che si spendono in nome degli interessi supremi… della borghesia e tutto quello che sappiamo mettere in campo è lo sciopero del 24?
La Costituzione calpestata, tutto l’impianto delle conquiste dei lavoratori al macero e, arrivo a dire, magari fosse solo l’art. 18!
Il diritto ad una vita di lavoro, negato, il diritto ad avere un luogo in cui vivere, negato, la scuola volta a dare pari opportunità e pari conoscenze a tutti, negata, la sanità a costo zero e prestazioni uguali per tutti, negata, il diritto di approdare ad una pensione decente, negato.
Lo stesso accorpamento del TFR in busta paga, ha il solo scopo di annullare l’ennesima conquista dei lavoratori.
Come se non bastasse, i fondamenti stessi dello Stato democratico, seppur ampiamente disattesi anche in precedenza, sotto i colpi di maglio del duo Napolitano-Renzi stanno finendo in poltiglia.
Lo svilimento del Parlamento, peraltro composto col criterio fascista dei nominati, assume sempre più il carattere preminente della ribalta televisiva, cioè il posto dove, in cambio di qualche voto alla scelleratezza del momento è possibile accedere ai media per dire “ho votato, ma non sono d’accordo” e assurgersi così all’universo di quelli che contano, da prendere ad esempio.
In una situazione siffatta, immagino Camusso uscire dal prossimo incontro con una “vittoria”, magari una limatina al taglio di questo o quel diritto.
E immagino i pretoriani nel sindacato che diranno, “lo so, abbiamo perso, ma come si fa a chiedere di continuare con gli scioperi chi già sta male”!
Osservo che, già così, la situazione è durata troppo a lungo.
Non s’illuda Camusso di sfuggire all’inevitabile resa dei conti.
E’ vero, la sinistra è ridotta ad un coacervo di apprendisti stregoni scarsamente pericolosi, ma non conterei su questo per evitarla.
La storia insegna, anche se alcuni la considerano un inutile orpello.
TESSERE PRONTO USO
Solo chi non c’era non può ricordare le alchimie “tesseresche” della DC o del PSI di Craxi. Chi all’epoca c’era, alla relativamente recente “notizia” delle “primarie” con due milioni di voti (e quindi di tesserati) del PD, aveva già classificato la cosa.
Ci sono diversi modi d’approccio al tesseramento per una forza politica, di quello che vuole le tessere raccolte fra persone che aderiscono convinte di farne parte, perché ne condividono la politica e scelgono di esserne anch’essi promotori sul piano operativo, non parlerò.
Troppo classicamente onesto e “ideologico”.
Così come i tesserati d’imperio defunti rientrano direttamente nell’altrettanto classico imbroglio.
Mi limito quindi a ripescare nelle altre esperienze dei partiti su menzionati.
Intanto, il numero delle tessere raccolte, è sempre direttamente proporzionale alla gestione nazionale e locale del potere.
E’ facile tesserare chi spera di avere l’aiutino per le cose più disparate: la pratica tecnicamente borderline; l’appalto per tappare due buchi sulla strada; la speranza dell’aiuto nel concorso locale; la raccomandazione per l’assunzione del figlio disoccupato; la speranza dell’artigiano nullatenente di entrare nel gota dell’imprenditoria; il “pagamento” del “favore” che a volte si ritiene ricevuto solo perché l’hanno fatto credere, la speranzella di essere candidati in qualcosa perché “molto dotati”, ecc.
Questa contiguità, quasi sempre spuria, al potere, può essere tranquillamente classificata sotto la voce corruzione spicciola.
Sotto la stessa voce si possono catalogare le corti personali dei singoli politici, alle quali a volte bisogna aggiungere, però, l’autopromozione psicologica: “sono amico di chi conta, quindi conto anch’io”.
Accanto e frammisto a questo primo filone ve n’è un altro.
E’ quello relativo al peso delle “bande”, cioè gruppi di potere all’interno del gruppo di potere centrale, il partito.
Lì ci si può sbizzarrire ancora di più, perché sempre ci si trova di fronte a suddivisioni pseudo ideologiche ( sinistra contro destra, centro contro tutt’e due, ecc.), divisioni che fanno capo, sempre e comunque, ad interessi economico-politici di potere, delle singole bande e dei relativi capibanda.
Queste sono le ragioni non ammissibili del PD, che dice che le tessere non sono un problema.
Oggi la “crisi” del tesseramento PD, ha una sola spiegazione, nota a chi la vuol vedere:
non servono.
Ma si può star certi che all’occorrenza, magari per ridare una lustratina “democratica” al dittatorello di turno, le tessere torneranno a piovere.
Se qualcuno, avendo presente questo quadro, critica i “tesserati” perché “non capiscono nulla” sbaglia, perché alimenta l’imbroglio mediatico secondo il quale si tratta di democrazia, quando in realtà è solo la spia della marcescenza che sempre s’accompagna alle dittature.
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