SCIOPERO GENERALE
Grande allarme, sta a vedere che lo sciopero del 24 riesce!
Qualcuno insinua timori dell’unto dal Signore di turno.
Pullman per centomila persone prenotati in anticipo di quindici giorni, gli studenti sono già mobilitati.
In effetti un po’ di timore c’è, ma quanto suona artefatto!
A dire il vero anch’io nutro timori, anzi, per dirla tutta, più certezze che timori.
In effetti un po’ di timore c’è, ma quanto suona artefatto!
A dire il vero anch’io nutro timori, anzi, per dirla tutta, più certezze che timori.
Milioni di uomini, dopo anni di silenzio nel corso dei quali hanno subito supinamente, sotto lo sguardo compassionevole dei loro “rappresentanti”, porteranno la loro rabbia in piazza.
Sarà un nuovo autunno caldo?
Una riedizione di quella stagione che ha permesso le conquiste, demolite quarant’anni dopo?
Onestamente do una lettura un po’ diversa, da quella prevalente,su quegli avvenimenti.
Onestamente do una lettura un po’ diversa, da quella prevalente,su quegli avvenimenti.
Sul piano politico sindacale, ciò che il Partito Comunista e la CGIL non volevano fare, fu loro imposto dagli sconvolgimenti del movimento sessantottesco.
Chi come me, ha vissuto da lavoratore anche uno scorcio dell’epoca precedente, ricorderà i picchetti che, ad ogni sciopero si dovevano fare, per arginare il crumiraggio di CISL ed UIL.
L’effetto di trascinamento del movimento, o, per meglio dire, il timore che lo scavalcamento giovanile divenisse qualcosa di diverso , più profondo ed organizzato, in grado di insidiare rendite di posizione politiche, che già venivano usate per preparare il compromesso fra sfruttati e sfruttatori, è stato alla base dell’autunno caldo e della cosiddetta unità sindacale.
Oggi quel progetto di revisione dei rapporti interclassisti, dopo quella battuta d’arresto transitoria, è giunto all’approdo dell’annullamento di ogni rappresentatività delle masse lavoratrici; il PCI si è trasformato in partito unico della borghesia e la dirigenza sindacale ha trasformato il sindacato di classe in istituzione dello Stato della Borghesia stessa.
Per questo, pensando alla gioia della gente che scenderà in piazza per protestare, porto nel cuore la certezza ragionevole che sarà strumentalizzata, per definire equilibri di potere lontani anni luce dai loro interessi.
Chi come me, ha vissuto da lavoratore anche uno scorcio dell’epoca precedente, ricorderà i picchetti che, ad ogni sciopero si dovevano fare, per arginare il crumiraggio di CISL ed UIL.
L’effetto di trascinamento del movimento, o, per meglio dire, il timore che lo scavalcamento giovanile divenisse qualcosa di diverso , più profondo ed organizzato, in grado di insidiare rendite di posizione politiche, che già venivano usate per preparare il compromesso fra sfruttati e sfruttatori, è stato alla base dell’autunno caldo e della cosiddetta unità sindacale.
Oggi quel progetto di revisione dei rapporti interclassisti, dopo quella battuta d’arresto transitoria, è giunto all’approdo dell’annullamento di ogni rappresentatività delle masse lavoratrici; il PCI si è trasformato in partito unico della borghesia e la dirigenza sindacale ha trasformato il sindacato di classe in istituzione dello Stato della Borghesia stessa.
Per questo, pensando alla gioia della gente che scenderà in piazza per protestare, porto nel cuore la certezza ragionevole che sarà strumentalizzata, per definire equilibri di potere lontani anni luce dai loro interessi.
E’ anche vero che, quel giorno scenderanno in piazza i sindacati di base i quali, coraggiosamente, cercheranno di arginare la farsa messa in piedi dalla Camusso, trasferendo su un piano conflittuale quella che, nelle intenzioni dei gruppi dirigenti sindacali è un episodio collaterale, utile al rafforzamento dei gruppi dirigenti stessi, negli equilibri di potere dello Stato della borghesia.
Quand’anche il 24 rappresentasse un inizio di conflittualità più o meno permanente, non potrà essere una riedizione dell’autunno caldo in termini di conquiste dei lavoratori e questo a causa della mancanza totale di alcuni presupposti.
Manca il partito che, sia pure trascinato per i capelli com’è accaduto, dà uno sbocco in quel senso, manca una dirigenza sindacale legata a quell’interesse, manca, anche a livello di massa, tutt’intera la consapevolezza che, se le lotte non sono inserite in un contesto più generale di lotta al capitale, il volontarismo ancorché “rivoluzionario”, alla fine della storia, come sempre sarà riassorbito da chi l’organizzazione ce l’ha, cioè il capitale stesso.
Né si può contare su fette della CGIL, come la FIOM, la quale non riesce a nascondere, neppure con i richiami suggestivi all’occupazione delle fabbriche, il fatto incontrovertibile che la sua dirigenza è legata mani e piedi agli obiettivi di Camusso & C.
Queste e altre sono le ragioni che mi inducono a dire: lottiamo, ma trasformiamo la lotta anche in una crescita culturale collettiva.
Quand’anche il 24 rappresentasse un inizio di conflittualità più o meno permanente, non potrà essere una riedizione dell’autunno caldo in termini di conquiste dei lavoratori e questo a causa della mancanza totale di alcuni presupposti.
Manca il partito che, sia pure trascinato per i capelli com’è accaduto, dà uno sbocco in quel senso, manca una dirigenza sindacale legata a quell’interesse, manca, anche a livello di massa, tutt’intera la consapevolezza che, se le lotte non sono inserite in un contesto più generale di lotta al capitale, il volontarismo ancorché “rivoluzionario”, alla fine della storia, come sempre sarà riassorbito da chi l’organizzazione ce l’ha, cioè il capitale stesso.
Né si può contare su fette della CGIL, come la FIOM, la quale non riesce a nascondere, neppure con i richiami suggestivi all’occupazione delle fabbriche, il fatto incontrovertibile che la sua dirigenza è legata mani e piedi agli obiettivi di Camusso & C.
Queste e altre sono le ragioni che mi inducono a dire: lottiamo, ma trasformiamo la lotta anche in una crescita culturale collettiva.
Senza il partito comunista non c’è sindacato di classe.
In questo settore le scorciatoie storicamente allungano la strada di decenni, se non di secoli.
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