giovedì 18 giugno 2015

"La rivoluzione non è nella faccia onesta" di G Angelo Billia

 "La rivoluzione non è nella faccia onesta" di G Angelo Billia



Capisco e per certi versi condivido la necessità, di non seguire pedissequamente vecchi binari inadeguati a "dar gambe" all'alternativa allo stato di cose presenti. 
Credo comunque che un'analisi complessiva non possa sfuggire dall'essenza dell'esistente. 
Nonostante siano cinquant'anni che si vocifera di estinzione degli operai in quanto classe, proprio la crisi nella quale la borghesia si dibatte, e della quale è il popolo lavoratore a fare le spese, ci dice che i cambiamenti avvenuti non hanno spostato di una virgola l'essenza del problema: 
un pugno di uomini detiene la ricchezza ed il potere e la maggioranza della popolazione, nella migliore delle ipotesi s'illude d'avere voce in capitolo. 
Questo dice che la contraddizione tra proletariato, cioè l'unico produttore di ricchezza, e la borghesia, è presente tutt'intera nella sua essenza.
Ci sono sì cambiamenti nel modo di produrre e altri derivanti dalla penalizzazione della produzione dovuta alla crescita incredibile del capitale finanziario-speculativo.
 Argomenti che è meglio accantonare per non uscire dalla logica di un post in un blog, argomenti che comunque non cambiano l'essenza delle cose. 
Ciò che è cambiato davvero invece, è la percezione che di questi problemi c'è fra le masse.
Gli errori, per certi versi inevitabili, compiuti nella realizzazione del primo esperimento socialista della storia, uniti a settant'anni di martellamenti mediatici indirizzati a formare ciò che la gente deve pensare, hanno fatto sì che gli unici messaggi facilmente percepibili, siano quelli derivanti dalla matrice socialdemocratica e liberal populista, che di volta in volta si trasforma in movimento "originale". 
La contiguità di questi movimenti con l'immagine di una borghesia irrealistica, ma proprio per questo appetibile, ha il solo scopo di fungere da stampella, abbellendo su fattori secondari, quindi ininfluenti, il potere assoluto che comunque la borghesia esercita. 
Questo anche se si trascura il fatto storico, non solo italiano, di poteri dittatoriali scaturiti proprio dal lavoro dei movimenti. Dovrebbe far pensare, soprattutto nell'attualità italiana, gli incontri di parole d'ordine, non certo progressiste, fra il m5s e il movimento fascioleghista. 
Si tende a minimizzare attribuendo la cosa a svarioni ingenui mentre, in realtà, sono la prova provata della matrice ideologica che li accomuna. 
Credo che l'esercizio più idoneo per capire la natura dei movimenti dovrebbe sempre consistere nel domandarsi programma per programma, parola d'ordine per parola d'ordine, se la loro attuazione porterebbe più vantaggi alla borghesia o alla gente che lavora. 
Non mi sconvolge in senso rivoluzionario l'idea che la borghesia sostituisca vecchi arnesi corrotti con facce nuove oneste. 
Il risultato sarebbe, per il popolo lavoratore, esattamente lo stesso.
A tutto questo ha portato la complicità costruita da un PCI ormai conquistato alla logica del capitale e dalla sua cinghia di trasmissione, la CGIL. 
L'autunno caldo è stato tale solo perchè sia il PCI che la borghesia, sono stati incapaci, sul momento, di valutare la reale pericolosità rivoluzionaria delle formazioni nate dal '68. 
Ovviamente quanto sostengo ha senso se si tiene conto della situazione oggettiva sul piano economico produttivo del momento. 
Dopo pochi anni iniziò apertamente il processo di snaturamento del sindacato con lo spostamento delle "esigenze della produzione" al centro dell'azione sindacale.


Nessun commento:

Posta un commento