lunedì 25 febbraio 2013

Linguaggio dell'arte? Sempre negato

Il potere dell'arte, dei linguaggi dell'arte e degli artisti, risiede nella frammentazione dei linguaggi e delle relazioni sociali.
I linguaggi dell'arte sono intreccio del fare, di amore, di odi e di aneliti, l'immensità di identità isolate che si relazionano.
L'artista con il suo linguaggio, impossibilitato a rivoluzionare da solo i linguaggi dell'arte, deve accettare che la destinazione della sua ricerca può non essere felice, la sua speranza di resistenza linguistica passa per la natura dello stesso potere del capitale.
Un potere linguisticamente onnipresente implica un no onnipresente.
La speranza dei linguaggi del fare artistico esiste nella forma dell'essere negato, questa è la sostanza della dialettica, il senso consistente della non identità e dell'identità negata.
Il linguaggio dell'arte negato è la speranza, l'anticipazione, l'aspirazione di una società a dimensione umana.
Questo è il motivo per cui il linguaggio dell'arte e di un artista va sempre capito, anche quando si presenta come antagonistico e nella forma dell'essere negato.




Il pensiero unico e omologato, imposto dal sistema di mercato dell'arte, ha materializzato di fatto un sistema d'imposizione dei linguaggi dell'arte ad una unica ambigua dimensione.
La resistenza critica in grado di mettere in moto la ricerca linguistica e di senso dell'arte, può arrivare solo dai margini, dagli artisti reietti, sfruttati, perseguitati, disoccupati e inabili nelle relazioni di mercato.
La loro opposizione critica resterà rivoluzionaria anche se non lo sarà la loro coscienza. Il loro linguaggio colpisce il sistema dal di fuori e quindi non è sviato dal sistema, non è un linguaggio controllato; sono i teorici critici del fare emarginati dalle Accademie e dai mercati.

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